Turismo
Nevediversa: la montagna d’inverno a un bivio
Cresce le temperatura, diminuisce la neve e chiudono i poli sciistici: tutti i dati suggeriscono che, per il turismo invernale in montagna, è tempo di aggiornarsi. Con il dossier Nevediversa, Legambiente fa il quadro degli impianti di risalita su Alpi e Appennini. Quest'anno, per la prima volta, l'associazione ambientalista raccoglie anche la voce di alcuni imprenditori alle prese con le conseguenze della crisi climatica, e la difficoltà di cambiare un modello insostenibile
«Dovremmo riuscire a lavorare tutto l’anno, superando la monocultura dello sci»: a dirlo non è un ambientalista, ma Valeria Ghezzi, la presidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari – Anef, rispondendo alle domande di Legambiente per il dossier Nevediversa, il report che fa il punto sul turismo invernale in montagna, sempre più in crisi a causa dell’assenza di neve e di temperature sempre più miti. Quest’anno, per la prima volta, il dossier si arricchisce con i punti di vista di chi, come Ghezzi, vive dell’economia dello sci da discesa e cerca nuove strade per sopravvivere. In realtà, già dagli anni Ottanta, con i primi inverni senza neve, gli imprenditori hanno iniziato a sperimentare le conseguenze del cambiamento climatico. «Di lì a poco cominciò a diffondersi l’innevamento programmato», prosegue Ghezzi. «All’epoca era tutto sperimentale, non si pensava affatto a sostenibilità e energia, dovevamo attrezzarci per sopravvivere».
Proprio in questi giorni, dall’Austria arriva non solo la notizia del fallimento del comprensorio Dreiländereck, al confine con l’Italia, ma anche del polo sciistico più alto della Carinzia, l’Heiligenblut, dove la neve non manca ma i costi di gestione degli impianti non sono sostenibili economicamente. In Francia, la Corte dei Conti è intervenuta di recente a sottolineare lo stati di profonda crisi dei comprensori sciistici nazionali, abbondantemente finanziati con denaro pubblico, e l’incapacità di adattarsi al nuovo scenario di riscaldamento globale. Lo stesso accade in Italia, come sottolinea Vanda Bonardo, responsabile Alpi di Legambiente e curatrice di Nevediversa: «C’è una distanza enorme tra quanto contenuto nel Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici recentemente approvato dal Ministero dell’Ambiente e le scelte delle Regioni e del Ministero del Turismo che continuano a dare ingenti risorse a un’unica idea di turismo. Nel 2023 sono stati stanziati dal Ministero del Turismo 148 milioni di euro per ammodernare gli impianti di risalita e innevamento artificiale e solo quattro per la promozione dell’ecoturismo. È il quadro di un Paese schizofrenico, dove amministratori e gestori degli impianti faticano a comprendere la portata del cambiamento in atto».
Nonostante gli ingenti investimenti pubblici, in Italia aumenta il numero di impianti chiusi in modo temporaneo o definitivo e si moltiplicano gli annunci per acquistare intere ski-area. Su Alpi e Appennini Legambiente ha censito, quest’inverno, 177 impianti temporaneamente chiusi, con una crescita di 39 unità rispetto a un anno fa. Quelli aperti a singhiozzo sono passati da 84 a 93, mentre quelli dismessi sono 260, undici in più rispetto al 2023. Smantellamenti e riutilizzi sono passati da 16 a 31. È un quadro fatto di numeri, dietro ai quali c’è un’economia in profonda crisi.
Nicola Bosticco, a capo della società privata che gestisce gli impianti di Bardonecchia in Alta Val Susa, rispondendo agli attivisti di Legambiente, dimostra di avere ben chiaro quanto sia necessario innovare, ma anche quanto sia difficile farlo. «Dobbiamo saper guardare oltre lo sci, investendo per far vivere la montagna in tutte le stagioni. Noi lo facciamo dal 2006. Abbiamo investito per il ripristino dei manti erbosi delle pendici sciabili, abbiamo curato le nostre montagne, ampliato e migliorato la rete dei sentieri per il trekking e creato percorsi per bici ed e-bike, etc. Oggi, grazie a queste diversificazioni di attività, il nostro fatturato non si sviluppa più al 100% in inverno, ma per oltre il 20% nei restanti mesi dell’anno, facendo vivere il territorio e creando occupazione stabile e mestieri nuovi, anche rivalutando quelli di un tempo».
Nevediversa non è solo una denuncia degli sprechi e dell’insostenibilità dell’industria dello sci. Spiega Vanda Bondardo: «Il percorso sviluppato da Legambiente con la raccolta delle buone pratiche del turismo invernale, insieme a quelle estive delle Bandiere verdi, ha l’obiettivo di sostenere quelle forme di turismo legate alle comunità locali, alla loro economia e alla loro cultura perché quelle comunità non siano condizionate da un’offerta monoculturale finalizzata solo ed esclusivamente a un unico modo di fare turismo rischiando così di consegnarsi alla dipendenza climatica. La montagna deve diventare un luogo sempre più vivo e abitato, dove “si scia fintanto che la neve stagionale lo permette”, dopodiché si farà altro, perché in montagna c’è tanto altro da fare e da inventare. In montagna c’è un futuro tutto ancora da immaginare e da costruire insieme, liberi dalle consuetudini di un passato ingombrante e dalle catene di un presente immutabile».
La foto in apertura è di Elisa Cozzarini
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