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Movimenti e Br: Segio risponde alle critiche

Lettera aperta di Segio e una nostra considerazione

di Riccardo Bonacina

Due parole e precisazioni sulle polemiche che hanno seguito la mia intervista a Repubblica del 29 ottobre. Parole per parte mia conclusive, data l’evidente non volontà di discutere e la campagna di aggressioni e insulti di cui sono stato fatto oggetto da parte di rappresentanti di alcuni spezzoni del movimento.

Per fortuna, il movimento è qualcosa di più di un insieme di sigle. Il movimento è molto più ricco, generazionalmente e culturalmente, di quel ceto politico, composto spesso da molti piccoli don Abbondio, che pretende di rappresentarlo in maniera esaustiva e “proprietaria”.

Per la verità, ieri e oggi ho ricevuto pure molte telefonate private di consenso e solidarietà, anche da parte di esponenti politici e sindacali.

L’unica (che a me risulti) dichiarazione a sostegno pubblica è stata quella del senatore dei Verdi Fiorello Cortiana, che ringrazio altrettanto pubblicamente. Forse appunto perché unica, non se ne trova traccia sui giornali di oggi, invece omogenei nel riferire gli attacchi violenti che mi sono stati rivolti ieri, ma anche, quasi tutti, nell’omettere le mie repliche (compreso il quotidiano Repubblica, che, secondo Liberazione di oggi, sarebbe addirittura artefice di una «campagna di stampa»).

In tutte le telefonate che ho ricevuto, nessuna esclusa, ricorreva l’aggettivo “coraggioso”. E francamente non capisco perché per esprimere valutazioni politiche, giuste o sbagliate che siano considerate, occorra essere coraggiosi. O, meglio, forse non volevo capirlo ieri ma devo farlo ora, dopo la violenza degli insulti ricevuti e il conformismo delle repliche.

Evidentemente ho detto delle piccole e addirittura ovvie verità che molti pensano e quasi nessuno dice. E che, come tutte le verità, possono fare molto male, ma anche molto bene se, di fronte a esse, non si chiudono gli occhi e la testa.

Vediamole in sintesi.

Ho detto, e ribadisco, che le BR sono dentro e contro il movimento.

1) Che siano dentro lo testimoniano le biografie degli arrestati, interne a sedi e percorsi di lotta del movimento. È una presenza, come ho detto, ultra-minoritaria e isolata, ma è una presenza. Per alcuni di loro vale la presunzione di innocenza, che ovviamente rispetto e affermo. Altri si sono invece rivendicati quali appartenenti alle BR-PCC.

Credo che quelle biografie non possano essere negate, essendo un fatto e non un opinione. Ciò ovviamente non significa, né io mi sono mai sognato di dire o di pensare, che se Morandi era aderente ai Cobas o Galesi e Boccaccini interni a un centro sociale questo significhi che Cobas o centri sociali siano compiacenti o contigui alle BR. In passato, alcuni brigatisti avevano la tessera della CISL o provenivano dalla FGCI ma nessuno si è mai azzardato a dire che CISL o FGCI fossero compiacenti con BR. Proprio per evitare equivoci generalizzanti e appigli criminalizzanti, ho utilizzato un termine che non mi piace, parlando di infiltrazione. Peraltro, che quelli del movimento e del mondo del lavoro siano gli ambiti dei tentativi di reclutamento brigatista è una ovvietà certo non nuova, come rimarca Bruno Trentin in un’intervista a Repubblica di oggi.

Però negare quelle biografie significa fare un torto all’identità politica dei brigatisti e contemporaneamente rinunciare a contrastarli politicamente. Le BR non sono “comunisti su Marte” né esseri alieni, né tanto meno sono fascisti, come qualcuno vorrebbe, oggi come ieri. Le BR si muovono, oggi come allora, in una logica di partito che vuole prevaricare e imporsi nei confronti dei movimenti, tentando di arruolarne singoli militanti. Ieri e oggi le BR sono il partito della crisi del movimento, che viene dunque favorita e auspicata per parassitarne gli attivisti.

Le BR, insomma, per quanto allucinate nell’analisi e criminali nella pratica, sono quello che dicono di essere. Riconoscerlo e dirlo è stato un tabù 25 anni fa (solo temporaneamente e meritoriamente infranto da Rossana Rossanda) e, incredibilmente, continua a esserlo oggi.

2) Che le BR siano contro il movimento, i sindacati, le forze politiche della sinistra mi sembra altrettanto evidente, negli effetti e negli intenti. Perché lo sono nella loro pratica e analisi politica, e perché vengono strumentalmente utilizzate per colpire sindacati e sinistra e per criminalizzare l’intero movimento. Anche questo lo si è visto in talune dichiarazioni di ieri e in alcuni articoli di oggi.

E, anche questo, non è un fatto nuovo. Negli anni Settanta, lo scontro più acceso è stato tra la parte armata ed eversiva del movimento e il sindacato, in particolare la CGIL, e il PCI.

La differenza ? decisamente rilevante ? è che allora l’opzione armata era maggioritaria nel movimento. Oggi, per fortuna, è isolata e infima numericamente. Pure, è presente. E non vederlo e non dirlo serve solo a renderla meno isolata, a facilitarne i propositi di reclutamento.

Non dirlo, da sinistra, per timore di strumentalizzazioni è miope. Perché così facendo si lascia campo aperto alla destra, che oggi tende e talvolta concretamente tenta di criminalizzare il conflitto sociale e sindacale in quanto tale. Il quale, viceversa, è antidoto e barriera nei confronti del terrorismo, così come lo sono i movimenti e le lotte di massa e di piazza. Se si criminalizza il conflitto sociale, se si indeboliscono i movimenti, se si perseguono o equiparano le azioni di semplice disobbedienza e le pratiche radicali ad atti di terrorismo, si rafforza l?opzione armata e si fa un favore alle BR.

· In definitiva, non è politicamente produttivo e intellettualmente onesto dire che le BR sono contro il movimento se non si ammette che sono anche dentro, pur, ripeto, in modo isolato e in numeri risibili. Una mezza verità è, e diventa, anche una mezza bugia. Questa mezza bugia la stanno recitando in troppi. Molti, in malafede.

3) A parte le volgarità e gli insulti, mi è stato rimproverato (da “disobbedienti”, dal portavoce a vita dei Cobas Bernocchi e dal Sin.Cobas) di leggere la realtà e il movimento di oggi con occhi vecchi, di essere rimasto fermo al passato. Questa argomentazione non capisce o finge di non capire che non io ma ben appunto le BR, le loro logiche politico-organizzative e le loro modalità operative, sono rimaste le stesse. E con questo bisogna fare i conti, anche se annoia, me per primo. Cioè tocca affrontare una battaglia politica contro quanto di vecchio e polveroso, pur isolato, resiste e vorrebbe rigenerarsi dentro i luoghi e il dibattito dei movimenti e magari anche dentro le componenti organizzate da loro stessi rappresentate.

L’alternativa, comoda ma autolesionistica, è quella di mettere la testa sotto la sabbia. Ed è quanto le figure più note e rappresentative dei disobbedienti e dei Cobas stanno facendo, preferendo la scorciatoia dell’insulto e dell’anatema. Mi spiace per loro e per le aree che rappresentano.

4) Un’altra stupidaggine che è toccato leggere è che le mie dichiarazioni odierne contro le BR farebbero parte di mie antiche polemiche con quell’organizzazione, la cui identità di sinistra, peraltro, mi tocca ora paradossalmente affermare e “difendere”.

È ovvio a chiunque non sia in malafede che la mia posizione e proposta di dibattito politico e culturale è contro la logica e l’opzione delle armi dentro il conflitto sociale. Siccome oggi, e per fortuna a differenza del passato, solo le BR portano avanti la lotta armata e l’omicidio politico, evidentemente il mio attacco è nei loro confronti.

Per la verità, la mia posizione è ancor più netta. Io credo che vada rifiutata e combattuta la stessa logica e pratica della violenza politica, che sia contro le persone o anche solo contro le cose, perché essa comunque è e diviene legittimazione delle stesse BR e piano inclinato che porta legittimità e può portare militanti alla strategia della lotta armata. Altrettanto decisa è la mia adesione ai contenuti radicali, alle culture di alternativa, alle proposte di un rinnovamento della politica che un movimento mondiale ha portato avanti da Seattle in poi, seppur con molte contraddizioni, errori e limiti.

È ben vero, per fortuna, che parte significativa dei nuovi movimenti ha una cultura e una pratica nonviolenta. È altrettanto vero che tale cultura non riguarda e non è acquisita da tutte le sue componenti.
Sergio Segio

Nostra considerazione
Sono tra quelli che ha subito telefonato a Sergio Segio per esprimere la mia personale stima verso quello che ritenevo e ritengo essere stato un atto di coraggio intellettuale ed esistenziale. A chi non sia disonesto è chiarissima l’intenzione positiva di Segio nel richiamare i leader o se dicenti leader del movimento dei movimenti a porre in cima alla propria agenda politica e culturale il tema della nonviolenza senza se e senza ma, è l’amore e il rispetto della vita, di qualunque vita. Un appello quanto mai attuale alla vigilia di un Forum sociale europeo questi temi neppure compaiono. E un appello quanto mai urgente vista la pochezza intellettuale ed esistenziale delle risposte che Segio ha avuto. Coraggio
Riccardo Bonacina

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