Famiglia
Lampedusa: il racconto della piccola Asma
La bambina di 9 anni si sta riprendendo dal grande choc per avere perduto i tre fratellini di 1, 3 e 13 anni
A riconoscerli per prima e’ stata la piccola Asma, 9 anni, una degli undici sopravvissuti al naufragio di somali avvenuto venerdi’ scorso ad una trentina di miglia da Lampedusa e in cui hanno perso la vita 25 persone. L’altro naufragio e’ quello di domenica notte avvenuto a 50 miglia Sud-Est dalle Pelagie con decine di morti. E’ stata lei a raccontare ai volontari del Centro di accoglienza della Misericordia che ”per piu’ di un mese” i due nuclei di somali hanno vissuto insieme ”in una grande casa”, in attesa dell’ok per la lunga traversata del Canale di Siclia. I due gruppi di persone, piu’ di 100 i primi, e 36 i secondi, hanno condiviso per piu’ di 30 giorni ogni momento della giornata, e molti sono diventati anche amici con la promessa ”di tentare insieme un futuro migliore in Italia”. Nessuno di loro avrebbe immaginato che dei 136 somali sarebbero arrivati a Lampedusa solo in 40, mentre gli altri sarebbero morti nelle gelide acque del Canale per fame e freddo.
La piccola Asma, che soltanto adesso si sta riprendendo dal grande choc per avere perduto i tre fratellini di 1, 3 e 13 anni, aveva appreso del naufragio dell’altro gruppo, quello arrivato a Lampedusa domenica notte con 15 vivi e 13 morti, mentre sitrovava ancora in Libia in attesa di partire. ”Ce l’hanno detto i famigliari -ha raccontato all’interprete del Centro di accoglienza- che i loro congiunti non erano mai arrivati in Italia. Ci tenevamo in contatto per conoscere gli ulteriori sviluppi della vicenda. Ma avevamo capito subito che sarebbe stato difficile trovarli in vita dopo due settimane in cui non avevamo avuto notizia”.
Nella casa-prigione di una imprecisata localita’ della Libia, si radunano tutti gli africani in attesa di raggiungere famigliari in Europa oppure di tentare la fortuna altrove per sfuggire alla fame del proprio paese. La piccola Asma trascorre molte ore della giornata nella stanza dei sei somali, tra cui un’unica donna, sopravvissuti all’ennesima tragedia del mare. ”Quando si sono visti -racconta l’interprete Karim- si sono lungamente abbracciati e hanno ricordato i momenti trascorsi insieme, ma anche le persone care che non ci sono piu”’.
E’ stata la stessa bambina pero’ a raccomandare ai sei sopravvissuti ”di non raccontare alla mamma” che le 13 vittime sono state recuperate dagli uomini della Capitaneria di porto. ”I loro parenti almeno -dice la bambina- hanno la possibilita’ di poter piangere sulla tomba dei propri cari. La mia mamma, invece, non sa dove si trovano i corpi dei suoi tre bambini”. Una tragedia nella tragedia, insomma. Secondo quanto ha detto ancora Asma, che dimostra piu’ dei suoi 9 anni, il gruppo a cui apparteneva sarebbe partito dalla Libia, il 12 ottobre, cioe’ nove giorni dopo l’altro nucleo di somali di cui non si avevano piu’ notizie. La loro imbarcazione e’ stata intercettata venerdi’ 17 a circa 30 miglia da Lampedusa, ma per molti di loro non c’era piu’ niente da fare. Erano stati gettati in acqua perche’ morti di fame durante il viaggio.
I sei sopravvissuti al secondo naufragio sono contenti di aver incontrato la piccola, ma anche i suoi genitori e gli altri somali, nel Centro di accoglienza. Asma, pero’ non risce a dimenticare i suoi tre fratellini. Trascorre le sue giornate, ”soprattutto -raccontano i volontari- quando e’ particolarmente triste”, a disegnare i volti dei suoi tre fratelli, Rayan di 1 anno, Kalid di 3 anni e Seyiab di 13 anni. La bambina e’ stato sottoposta anche ad una visita psicologica, ma per fortuna adesso sta molto meglio. Ad aiutarla a superare il forte trauma sono i suoi genitori che le stanno sempre accanto. Ma il dolore, quello, resta.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.