Cultura

Immigrazione: è ancora tragedia a Lampedusa

Stanotte una barca con 13 morti e 15 superstiti. Che raccontano, "eravamo in 80".

di Redazione

E’ arrivato a Lampedusa il barcone con a bordo i cadaveri dei clandestini rimorchiato al largo da una motovedetta della Capitaneria di Porto. I 15 superstiti, fra cui una donna, erano gia’ stati trasportati sull’ isola da un’ altra unita’ della Guardia Costiera. Quando l’ imbarcazione e’ entrata in porto e’ calato sul molo un silenzio spettrale E’ di 13 morti il bilancio di questa ennesima tragedia in mare che colpisce gli extracomunitari che tentano di traghettare il Canale di Sicilia. Fra le vittime ci sarebbe anche una donna. Il dato e’ stato fornito dal Comando della Capitaneria di Porto, che sta coordinando le operazioni di recupero dei cadaveri che si trovano nel barcone trascinato stamane da una motovedetta nel porto di Lampedusa. I superstiti sono 15, di cui due donne, l’ ultima delle quali trovata viva fra i cadaveri. In nottata i clandestini sono stati trasportati nel centro di prima accoglienza dove sono stati rifocillati ed i medici hanno loro prestato le prime cure. Dal racconto di alcuni dei sopravvissuti all’ultima tragedia dell’ immigrazione nel Canale di Sicilia si delinea uno scenario di morte e di disperazione dai contorni assai più foschi ed inquietanti di quanto finora già non fosse. Da frasi appena accennate e sguardi privi di ogni luce, si sta cercando di capire quanto ci sia di vero in quelle parole secondo cui a bordo della ‘carretta’ di 12 metri erano stipati non una trentina ma bensì oltre cento disperati e la maggior parte di loro, una settantina, non ce l’ avrebbero fatta a resistere alla fatica ed agli stenti di una traversata che sarebbe durata circa venti giorni ma che deve essere sembrata infinita. ”Quando morivano – avrebbe confidato uno dei superstiti esprimendosi in uno stentato inglese – non potevamo far altro che gettarli in mare”. Agli occhi dei soccorritori e dei volontari che hanno atteso fin quasi alle prime luci dell’ alba l’ arrivo sulla banchina del porto di Lampedusa dei 15 sopravvissuti si è presentata una scena straziante quando la prima motovedetta della Guardia costiera ha attraccato al molo: uomini quasi inerti, incapace di parlare, ridotti a scheletri umani per aver patito per almeno una ventina di giorni fame e sete, tra i flutti di un mare in tempesta. Ora, si tratta di accertare quanto c’è di vero in queste dichiarazioni. Polizia, carabinieri e volontari del centro di accoglienza di Lampedusa esortano a non tenere conto, almeno per il momento, di frasi e numeri che provengono da persone stressate oltre ogni limite e, probabilmente, ancora incapaci di dare un senso a quanto avvenuto. Bisognerà attendere, dicono, che tutti, uno ad uno, siano interrogati e mettere a confronto ogni loro parola, prima di tirare conclusioni affrettate. Se quelle frasi smozzicate nascondessero la verità, però, la tragedia assumerebbe proporzioni apocalittiche. Di certo, per ora, ci sono tredici cadaveri trovati adagiati sul fondo della barca.


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