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Cooperazione sociale, questa sconosciuta. Il disegno di legge approvato dal governo e il maxi decreto collegato sembrano ignorare del tutto un fenomeno economico che per dinamicità, tassi di crescita e valenza sociale non ha eguali nel nostro Paese. Nei 55 articoli della Finanziaria e nei 52 articoli del decreto 269 le parole ?cooperazione sociale? non compaiono mai e l?assistenza, ma più in generale il welfare, ne esce fortemente ridimensionato. Le cooperative sociali non vengono citate nemmeno quando si indicano le organizzazioni con cui il nuovo Dipartimento nazionale per le politiche antidroga dovrà collaborare per favorire il reinserimento dei tossicodipendenti.
«Non mi stupisce, anzi bene così: meglio ignorati che penalizzati», commenta con una battuta Costanza Fanelli, responsabile della Ancst Legacoop. «La filosofia della Finanziaria», prosegue, «è quella di indebolire la parte più strutturata della rete dei servizi.
È un disegno che ci porterà verso un welfare leggero, marginale. La volontà di colpire le strutture imprenditoriali che operano nei servizi alle persone fa parte di un disegno che ha iniziato a prender forma nel Libro bianco sul Welfare, in cui non c?è alcun riferimento sostanziale ai soggetti più strutturati del Terzo settore». Il senso di quello che potrà accadere già dal prossimo mese di gennaio lo si può dedurre confrontando la dotazione del Fondo delle politiche sociali: nel 2003 era di circa 1,522 miliardi di euro, (passati poi a 1,716 a causa dell?incremento legato al finanziamento dei diritti soggettivi erogati dall?Inps), nel 2004 sarà di 1,215 miliardi.
Assessori in rivolta
A farne le spese saranno prima le Regioni e poi i cittadini. E proprio dalle Regioni vengono le critiche più dure. Il coordinamento degli assessori regionali alle Politiche sociali punta il dito contro le norme che si occupano di assistenza. In particolare gli assessori lamentano la frammentazione delle competenze tra ministeri e presidenza del Consiglio su materie che invece dovrebbero essere regolate dalle amministrazioni regionali.
«Il governo ha dimostrato di voler accentrare i poteri e stabilire quali sono i soggetti con cui interloquire. Escludere organizzazioni come le cooperative sociali fa parte di un progetto che mira a svuotare del contributo più significativo e organizzato del privato sociale nelle politiche di welfare», ribadisce la Fanelli. «Enti locali e Regioni, in modo bipartisan», sottolinea Gianfranco Marocchi, presidente di Federsolidarietà Piemonte, «segnalano carenze di fondi, in particolare rispetto alla sanità. E in alcune Regioni si va verso il recepimento delle norme applicative della legge 328».
Si tagliano i fondi
Nella sanità senza fondi si inizia a tagliare quelle prestazioni in cui vi è un?integrazione tra il sociosanitario e l?aspetto sociale: la psichiatria, le tossicodipendenze, la compartecipazione nella gestione dei problemi degli anziani e dei disabili. «Lo Stato non ha più soldi», prosegue Marocchi, «quindi riduce i fondi alle Regioni, che iniziano a loro volta a tagliare. Primi a cadere sotto la mannaia sono i fornitori esterni. Nella fornitura dei servizi sociali le valutazioni tengono conto dei criteri economici a discapito della qualità dei servizi e delle condizioni di lavoro nelle imprese erogatrici».
Mancano gli incentivi
A dare il colpo di grazia alle politiche di welfare è la mancanza di provvedimenti a sostegno della domanda di servizi. Il Forum del Terzo settore da tempo propone di rafforzare la capacità delle famiglie di rispondere ai propri bisogni sociali ricorrendo alla leva fiscale. «L?ultima sanatoria ha fatto emergere 300mila lavoratori domestici in nero ma anche 300mila famiglie che hanno bisogno dei servizi di cura. Dopo il primo e del tutto insufficiente provvedimento di parziale deducibilità delle spese di ?colferaggio?, non si è andati oltre», ricorda Marocchi. «E l?assenza di incentivi», continua, «impedisce lo sviluppo di un mercato dei servizi sociali sano e dalle regole certe, dove la cooperazione sociale fa da garante sulla qualità delle prestazioni erogate e sulle condizioni di lavoro offerte».
All?approvazione definitiva della Finanziaria mancano poco più di due mesi; l?iter parlamentare è appena avviato, c?è tutto il tempo quindi per migliorarne il testo. «Anche se», conclude sfiduciata la Fanelli, «non credo la maggioranza voglia, né tanto meno possa, tornare sui suoi passi».
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