Medio Oriente

Gaza, le voci dal nord della Striscia: «Stiamo morendo di fame»

Nella Striscia di Gaza le vittime sono 30mila. Ma ora non si muore solo per le bombe, ma anche di fame. A Nord non vengono più distribuiti gli aiuti umanitari e anche a Sud la situazione resta drammatica, qui sono sfollate 1,5 milioni di persone, più di sei volte la popolazione precedente al 7 ottobre

di Anna Spena

Trentamila morti. È questo il dato aggiornato delle persone che dallo scorso sette ottobre sono morte nella Striscia di Gaza. E «se non si interviene con urgenza», racconta Adnan Radi, medico dell’ospedale di Al-Awda, ente partner di ActionAid e già colpito dai bombardamenti, «troverete persone e bambini che muoiono per strada. La gente qui sta soffrendo la fame assoluta».

Nel Nord della Striscia si muore di fame

Nel nord della Striscia di Gaza le condizioni della popolazione sono sempre più disperate. Qui anche l’Onu ha interrotto la distribuzione degli aiuti perché non esistono più le condizioni di sicurezza per farlo. «La situazione è molto tragica. Non ci sono beni di prima necessità, né farina, né riso, né verdure, niente. Il problema principale è che è difficile spiegare ai bambini che non c’è cibo, né acqua da bere, niente…», racconta Dawud, che vive nel nord. «La gente ha finito di mangiare il foraggio per gli animali e ora hanno iniziato a mangiare gli animali stessi. Ieri ho sentito che alcune persone hanno macellato un cavallo e lo hanno mangiato. La gente non è in grado di fornire cibo alla propria famiglia. Le persone hanno iniziato a desiderare la morte. Ci sono bambini che sono morti di fame». Attualmente a Gaza si registra il peggior livello di malnutrizione infantile del mondo. Un bambino su sei nel nord di Gaza è attualmente gravemente malnutrito, mentre il 3% di questi soffre di grave deperimento, il tipo più grave di malnutrizione. L’organizzazione ActionAid ha appreso che l’ospedale gestito dal loro partner Al-Awda – una delle ultime strutture mediche parzialmente funzionanti rimaste nel nord di Gaza – è stato costretto a sospendere i servizi a causa della mancanza di carburante. 

Una situazione terrificante

«Nella Striscia di Gaza la situazione è senza precedenti e assolutamente terrificante», ha raccontato Riham Jafari, coordinatrice advocacy e comunicazione di ActionAid Palestina. «Con la maggior parte del sistema di produzione alimentare a Gaza – dai panifici alle barche da pesca, dai terreni coltivati alle serre – danneggiato o distrutto, ogni singola persona nel territorio fa affidamento sugli aiuti alimentari, ma la quantità che arriva a Gaza è del tutto insignificante rispetto a quella necessaria. Per mesi, diverse organizzazioni hanno lanciato l’allarme sull’imminente carestia a Gaza – ora è alle porte. È ancora possibile impedire che la crisi si aggravi ulteriormente, ma sarà necessario un accesso libero e di massa per gli aiuti umanitari e un cessate il fuoco immediato e permanente in modo che gli aiuti possano essere consegnati in modo sicuro».


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I civili di entrambe le parti non sono merci di scambio

Jan Egeland, Segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati è entrato a Gaza: «Quello che ho visto a Gaza questa settimana è una popolazione civile inghiottita dalla distruzione, dalla disperazione e dalla disperazione. La carestia è una minaccia crescente qui, mentre milioni di persone intrappolate affrontano un incubo di violenza e fame.  È inimmaginabile che un’intera popolazione sia lasciata morire di fame mentre grandi quantità di rifornimenti attendono a pochi chilometri di distanza, oltre il confine. Entrando a Gaza, ho incrociato centinaia di camion, tutti incapaci di raggiungere chi ne ha estremo bisogno. Solo assicurando che i valichi di Rafah e Kerem Shalom, così come i valichi settentrionali di Karni ed Erez siano utilizzati a pieno regime, i civili avranno la possibilità di ricevere sufficienti aiuti salvavita. I civili di entrambe le parti non possono essere usati come merce di scambio. È essenziale che Hamas rilasci immediatamente tutti gli ostaggi e che Israele tolga l’assedio a Gaza».

Gli aiuti umanitari

Anche al Sud la situazione si fa sempre più disperata. Quasi 1,5 milioni di persone si trovano a Rafah, più di sei volte la popolazione precedente al 7 ottobre. A febbraio continuano ad arrivare pochissimi aiuti, con una media di quasi 99 camion al giorno, mentre a gennaio 2024 entravano a Gaza circa 150 camion di rifornimenti al giorno. Il numero di camion che entrano a Gaza rimane ben al di sotto dell’obiettivo di 500 al giorno, con notevoli difficoltà a far entrare i rifornimenti sia da Karem Abu Salem (Kerem Shalom) che da Rafah.

Credit foto AP Photo/Mohammed Dahman

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