Cultura

Stavolta Fini ha scelto il nero giusto

Il voto agli stranieri. Viaggio nella destra sociale. Solo l’ala dei berluskones si è opposta. Il resto del partito si è schierato con il segretario.

di Ettore Colombo

Da una settimana tutt?Italia sa che An avrebbe ?scoperto? la questione immigrazione e sarebbe divisa, al suo interno, nella sua coalizione e nei confronti del mondo politico esterno, rispetto a una proposta politica che più che scottare, ?bolle?. A tal punto che chi se ne occupa rischia grosso. Stupido cercare di capire ?chi c?è dietro?, come vanamente strologano i leghisti, i quali, martedì 14, sono arrivati a sostenere che le ?menti raffinatissime? nascoste dietro alla proposta di voto agli immigrati da parte di An si nasconderebbero addirittura al Quirinale. Meglio cercare di capire, invece, chi c?è ?davanti? alla proposta di Fini e cioè gli uomini e le aree politiche di An o ad esse molto vicine che un percorso di questo tipo lo vanno costruendo da mesi o da anni. Uno come Stefano Cetica, ad esempio, segretario dell?Ugl, che sta per Unione generale dei lavoratori, vanta un milione e 700mila iscritti ma trattandosi di iscritti a un sindacato diretto erede e discendente della Cisnal, la storica organizzazione sindacale legata all?Msi, le tre confederazioni sindacali storiche (e antifasciste) se li sono sempre filati poco. Oggi l?Ugl aderisce allo sciopero generale sulle pensioni indetto per il 24 ottobre, ma non è questo che ci interessa. Giano Accame, storico e intellettuale della destra ed ex direttore del Secolo d?Italia, ci mette sulle sue tracce, perché, ricorda: “L?Ugl con i negri ci lavora da anni”. In effetti, bastano un paio di verifiche per scoprire che un?intera sezione del sindacato ?più nero? (politicamente) d?Italia si chiama Sei (Sindacato emigrati immigrati) ed è totalmente dedicata allo scopo dell?integrazione dei lavoratori immigrati. Cioè a trovare lavoro e difendere i diritti degli immigrati, negri compresi. Dirigenti dell?Ugl lavorano a Torino come a Napoli, a Roma come altrove. Trattasi di cinesi, marocchini e ?gentaglia? simile. Il Sei ne rappresenta 23mila (di cui solo 3mila gli emigrati). Ma Cetica dice qualcosa in più, di fronte al caso degli ultimi giorni che sta investendo gli stessi equilibri interni di An, al punto di rimescolarne le correnti (pardon, ?aree culturali?). E cioè il fatto che gli immigrati avranno, nel ddl che An ha presentato in commissione Affari costituzionali giovedì 16, persino il diritto di voto passivo, oltre che attivo e solo dopo sei anni. Cioè potranno essere eletti, oltre che elettori, prospettiva che fa andare il sangue al cervello ai raffinati leghisti alla Calderoli. “Agli immigrati non possiamo chiedere solo doveri”, spiega a Vita Cetica, “dobbiamo anche dare diritti: ovvio, dunque, che possano farsi eleggere, oltre che votare”. La questione sta spaccando An, al centro come in periferia, dove il partito ormai si divide per capacità di intercettare il nuovo passo impresso da Fini al partito più che per antiche appartenenze, come dimostra l?ostilità alla proposta dei lombardi e dei siciliani e l?aperto favore di antichi rivali del segretario, da Adriana Poli Bortone, sindaco di Lecce, all?assessore veneto Raffaele Zanon, alla deputata di Napoli, Alessandra Mussolini. Anche i colonnelli del partito non sanno più che pesci pigliare: per un ministro Gasparri contrario anche al solo elettorato attivo e, di fatto, alla proposta in sé, infatti, c?è il capogruppo (al Senato) Nania che l?elettorato lo chiede attivo e passivo, il capogruppo alla Camera (Anedda) che invece lo chiede solo attivo e un coordinatore, La Russa, che si mette le mani nei capelli. La scrittura della proposta di legge di An, che cercherà i voti in Parlamento anche a costo di prenderli dall?opposizione e dunque di aprire formalmente la crisi di governo, è in mano a un deputato fino a ieri poco noto alle masse, Gian Paolo Landi di Chiavenna. Uomo perbene e compassato, Landi di Chiavenna, di certo non imputabile di simpatie ?sinistre?, considerando che si distinse per aver chiesto al governo che venissero tagliati i finanziamenti alle ong “non in linea con la politica del governo sull?Iraq”. Oggi, invece, Landi si ritrova circondato dall?affetto della Caritas, della Cisl, delle organizzazioni vicine agli immigrati e perfino del Terzo settore: la sua proposta piace a tutti. Ma che dentro An sia in atto un vero e proprio ?rovesciamento delle alleanze? è un dato di fatto, ormai, se si considera che quella che fino a ieri appariva come una minoranza, pur se battagliera, la Destra sociale, corrente capeggiata dal governatore del Lazio Storace e dal ministro delle Politiche agricole, Alemanno si è alleata con la componente del viceministro Urso e del ministro Matteoli, Nuova Alleanza, i cosiddetti ?liberal?. La svolta l?hanno voluta e spinta loro, sugli immigrati come sugli ogm, sulla critica alla globalizzazione come sui rapporti con il sociale. Dietro, o meglio davanti, a tutti, però, c?è sempre lui, Gianfranco Fini. Che come ogni leader ha deciso da solo. Magari gli frutterà l?ingresso nel Ppe o un viaggio in Israele, oppure, come dicono velenosamente i leghisti, il golpe (con Casini) contro Berlusconi per diventare il leader del nuovo centrodestra. Ma ?la svolta? gli garantisce anche la gratitudine degli immigrati e di tutti gli italiani che finalmente, a destra, hanno sentito parole di civiltà e non parole in libertà.


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