Formazione

The peaceman

Dal 1982, quando intervenne nella crisi delle Falkland, alla guerra in Iraq, passando per la crisi jugoslava (di Riccardo Bonacina e Andrea Tornielli).

di Riccardo Bonacina

Se si facesse uno screening delle parole più frequentemente usate nei suoi 25 anni di pontificato, la parola pace sarebbe certamente in cima alle classifiche. Ma quel è l?idea di pace che Giovanni Paolo II ha cercato di dire al mondo? Vita ha provato a capirlo, rileggendo alcune delle sue più famose prese di posizione. è questo il modo migliore per fargli i nostri auguri. Sempre dalla parte dei popoli Falkland-Malvinas, iniziamo da qui, dal 2 aprile 1982 quando il generale e capo di Stato argentino, Leopoldo Galtieri decise l?invasione dell?arcipelago delle Malvinas. È la prima crisi internazionale che Giovanni Paolo II si trova ad affrontare. Una crisi che precipita il 21 maggio 1982, quando l?Inghilterra rispose con uno sbarco. Nell?udienza generale del 26 maggio 1982, alla vigilia del delicatissimo e già programmato pellegrinaggio in Inghilterra, il Papa annunciò che avrebbe fatto anche una visita in Argentina dall?11 al 13 giugno. Fu un capolavoro d?imparzialità, Giovanni Paolo II chiarì per la prima volta uno dei capitoli del suo catechismo di pace: la Chiesa non si mischierà mai con gli interessi dei singoli Stati, il suo posto è stare dalla parte dei popoli. Disse il Papa: “Profondamente preoccupato per la causa della pace e mosso dall?amore per voi, tanto provati in questi momenti di dolore, sarebbe mio desiderio venire perfino direttamente dall?Inghilterra all?Argentina, e lì, tra voi e con voi, elevare la stessa preghiera per la vittoria di una giusta pace sulla guerra nel Santuario di Lujan dedicato alla Vergine Madre di Dio”. Un movimento impressionante di massa lo accompagnò al Santuario di Lujan. Circa 300mila fedeli assistettero alla messa. Tutta la nazione seguì l?evento alla tv. Il 14 giugno, il giorno successivo alla partenza del Papa, Galtieri si dimise. Un?avventura senza ritorno Il 2 agosto 1990 l?Iraq del dittatore Saddam Hussein invadeva il Kuwait. Il nuovo ordine internazionale nato dopo la fine della guerra fredda, si apriva all?insegna della guerra. Il Papa fu uno degli oppositori della guerra nel Golfo e deciso oppositore di Saddam. Nell?udienza generale del 16 gennaio 1991, quando l?ultimatum dell?Onu a Saddam per l?evacuazione del Kuwait era scaduto, Papa Wojtyla usò toni anche più accorati: “Mai più la guerra, avventura senza ritorno, mai più la guerra, spirale di lutti e di violenza; mai questa guerra nel Golfo Persico”. Così papa Wojtyla si esprimeva il 12 gennaio 1991 davanti al corpo diplomatico: “Gli Stati riscoprono oggi, in particolare grazie alle diverse strutture di cooperazione internazionale che li uniscono, che il diritto internazionale non costituisce una sorta di prolungamento della loro sovranità illimitata, né una protezione dei loro soli interessi o anche delle loro imprese egemoniche”. Ecco un altro paragrafo della sua dottrina di pace: nessuno pieghi il diritto internazionale ai suoi interessi. Ingerenza umanitaria Dal 1991 al 1999 Wojtyla è alle prese con l?infinita crisi jugoslava, lo sfaldarsi della repubblica e poi la crisi del Kosovo. Dal Policlinico Gemelli in cui è ricoverato, il 7 agosto 1992 incarica il Segretario di Stato, Angelo Sodano di fare un?importante dichiarazione: “Si è complici anche tacendo”. Ma sottolinea Wojtyla, “l?ingerenza umanitaria non è favorire, ma impedire la guerra”. L?intervento che si profilava era però ben diverso dall?ingerenza umanitaria voluta dalla Santa Sede. E Giovanni Paolo II lo sottolineò ben 12 volte. L?ultima il 29 marzo 1999, giorno in cui iniziarono i bombardamenti Nato sulla Serbia e su Belgrado. Giovanni Paolo II non esitò a condannare tanto la violenza dei serbi contro i kosovari quanto la violenza dell?attacco contro i serbi: “In risposta alla violenza, un?ulteriore violenza non è mai una via futura per uscire da una crisi”, disse di fronte ai membri dell?Assemblea parlamentare del Consiglio d?Europa. Dialogo tra le religioni Pochi giorni dopo l?attentato alle Torri gemelle, dal 22 al 27 settembre 2001 il Papa va in pellegrinaggio in Kazakistan, Paese a stragrande maggioranza musulmana, invitando a distinguere fra terrorismo islamico e ?l?autentico Islam?. Molti in quelle settimane erano pronti a ?benedire? una crociata antimusulmana. Non Giovanni Paolo II: “Desidero riaffermare il rispetto della Chiesa cattolica per l?Islam, l?autentico Islam: l?Islam che prega, che sa farsi solidale con chi è nel bisogno”. “La responsabilità penale è sempre personale e quindi non può essere estesa alle nazioni, alle etnie, alle religioni alle quali appartengono i terroristi”, diceva nel Messaggio per la Giornata della Pace 2002. Così, Giovanni Paolo II si rifiutava di benedire crociate mondiali: sì al buon diritto degli Stati Uniti a una giusta autodifesa, no a volontà di rivalsa. All?Angelus del 18 novembre 2001 Wojtyla ribadì la sua vicinanza al mondo musulmano chiamando i cattolici a una giornata di digiuno per la pace nel mondo da tenersi in concomitanza con l?ultimo giorno di Ramadan, il 14 dicembre. Il Papa convocò anche i rappresentanti di tutte le religioni del mondo per una giornata di preghiera ad Assisi, che si tenne il 24 gennaio 2002. Per la terza volta nel suo pontificato, Giovanni Paolo II voleva provare al mondo che le religioni hanno come missione la pace: “Il fanatismo fondamentalista è un atteggiamento radicalmente contrario alla fede in Dio. Nessun responsabile delle religioni, può avere indulgenza verso il terrorismo e, ancor meno, lo può predicare”. La guerra preventiva Nel febbraio 2003 il governo americano incaricò l?ambasciatore presso la Santa Sede, James Nicholson di organizzare un simposio in Vaticano per convincere Papa Giovanni Paolo II a ?benedire? la guerra preventiva. Il Papa rispose nel discorso al corpo diplomatico: “La guerra è sempre una sconfitta dell?umanità. Il diritto internazionale, il dialogo leale, l?esercizio nobile della diplomazia sono mezzi per risolvere” i contenziosi. Dopo aver parlato della crisi in Terra Santa, si chiese: “Che dire delle minacce di una guerra che potrebbe abbattersi sulle popolazioni dell?Iraq, già estenuate da più di dodici anni di embargo? Non si può far ricorso alla guerra, né vanno trascurate le conseguenze che essa comporta per le popolazioni”. Domenica 16 marzo 2003, poi, mentre Stati Uniti, Inghilterra e Spagna, al vertice delle Azzorre, studiavano le ultime mosse, il Papa all?Angelus, di fronte ai fedeli in piazza San Pietro e ai milioni di telespettatori di tutto il mondo, urla: “Di fronte alle tremende conseguenze che un?operazione militare internazionale avrebbe per le popolazioni dell?Iraq e per l?equilibrio dell?intera regione del Medio Oriente, già tanto provata, nonché per gli estremismi che potrebbero derivarne, dico a tutti: c?è ancora tempo per negoziare; c?è ancora tempo per la pace; non è mai troppo tardi per comprendersi e per continuare a trattare”. I fondamenti della pace Nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2002, Giovanni Paolo II chiarisce quali ne siano i fondamenti: “Non si ristabilisce appieno l?ordine infranto se non coniugando fra loro giustizia e perdono. I pilastri della vera pace sono la giustizia e quella particolare forma dell?amore che è il perdono”. Può sembrare impossibile parlare di perdono di fronte a una tragedia come quella dell?11 settembre, ma la risposta di Wojtyla è che “si può e si deve parlarne”, perché “il perdono si oppone al rancore e alla vendetta, non alla giustizia”. E concluse con queste parole: “Non c?è pace senza giustizia, non c?è giustizia senza perdono… perdono: questo voglio ricordare a quanti detengono le sorti delle comunità umane”.

Riccardo Bonacina e Andrea Tornielli


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