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Iraq: attentato all’ambasciata turca
Ancora una volta si è trattato di un attacco suicida. Ankara ha recentemente autorizzato l'invio di truppe in Iraq
A due giorni dall’attentato all’albergo di Baghdad sede della Cia, di nuovo l’esplosione di un’autobomba nella capitale irachena, che ha provocato la morte dell’attentatore ed ha ferito almeno altre due persone. L’obiettivo scelto dalla guerriglia irachena questa volta e’ stata la sede dell’ambasciata turca in Iraq, una scelta che da molti e’ stata collegata al voto con cui la scorsa settimana il Parlamento turco ha autorizzato l’invio di truppe in Iraq. Ma da Ankara e’ arrivata una secca dichiarazione del premier Recep Tayyip Erdogan che, condannando l’attacco terroristica, esprime la convinzione che non vi sia legame con la decisione presa dal Parlamento: ”Noi non crediamo che questo attacco terroristico sia un avvertimento contro l’autorizzazione ricevuta dal parlamento turco per l’invio delle truppe in Iraq”.
Anche oggi si e’ trattato di un attentato suicida, ed e’ stato evitato un bilancio piu’ pesante grazie alle barriere di cemento armato montate intorno all’edificio – come a tutti gli altri obiettivi ritenuti a rischio a Baghdad – che hannoassorbito il 90 per cento dell’esplosione, secondo quanto riportato dagli americani. Il portavoce della coalizione, il colonnello Peter Mansoor, ha confermato la morte dell’attentatore ed il ferimento di due impiegati dell’ambasciata, uno di nazionalita’ turca ed un iracheno. Secondo le ricostruzioni, l’attentatore a bordo di un furgoncino, carico di esplosivo, ha cercato di dirigersi verso l’ingresso posteriore dell’ambasciata. Ma, a circa 500 metri, dall’edificio e’ stato fermato dalle guardie di sicurezza che hanno sparato contro l’uomo colpendolo al petto prima che il veicolo si schiantasse contro le barriere di cemento esplodendo.
La polizia irachena e le forze statunitensi hanno immediatamente bloccato e recintato la zona, dove pero’, subito dopo l’esplosione, si sono radunati una cinquantina di dimostranti che hanno iniziato ad inneggiare a Saddam Hussein. ”Con il nostro sangue, con le nostre anime, noi ti salveremo Saddam”: questo lo slogan scandito dai dimostranti che sono stati fermati dalla polizia. Quello di oggi e’ stato il sesto attentato suicida in Iraq dal sette agosto, data dell’attacco all’ambasciata giordana a Baghdad, che provoco’ la morte di 10 persone. Dodici giorni dopo avveniva l’attacco alla sede dell’Onu, 22 morti tra i quali l’inviato Onu Sergio Viera de Mello. E dieci giorni dopo, l’attacco piu’ sanguinoso nella moschea di Najaf uccideva almeno 83 morti, tra i quali l’ayatollah Mohammad Baqir al-Hakimi.
Nonostante le dichiarazioni di questa sera di Erdogan, subito dopo l’attentato di questa mattina a tutti sono tornate in mente le parole pronunciate dal ministro degli Esteri di Baghdad, Hoshyar Zebari, il quale proprio ieri dichiarava che le truppe turche ”saranno certamente un obiettivo” della resistenza irachena. Zebari, in un’intervista al quotidiano arabo edito a Londra Al-Sharaq Al-Aswat. ”Capiamo che gli americani, a causa delle perdite subite, abbiano bisogno di una forza internazionale di peacekeeping – aveva ripetuto Zebari al quotidiano Al-Sharaq Al-Aswat – Ma vogliamo che loro capiscano le nostre sensibilita’ e che il dispiegamento di truppe turche potrebbe causare ulteriori problemi alla sicurezza”. Il riferimento e’ alla popolazione curda dell’Iraq e alla repressione di quella minoranza da parte della Turchia sul suo territorio.
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