Non profit

Diamo un Nobel alla speranza

L'editoriale di Giuseppe Frangi sulla figura di Annalena Tonelli, volontaria italiana uccisa una settimana fa.

di Giuseppe Frangi

Quando leggerete queste parole, probabilmente conoscerete già il nome del Nobel per la pace. Noi, quest?anno non avremmo dubbi: il Nobel per la pace lo daremmo ad Annalena Tonelli, la volontaria italiana che è stata uccisa da un fondamentalista islamico domenica scorsa. I Nobel non si danno a chi non c?è più. Ma noi glielo daremmo proprio per dimostrare che invece lei c?è ancora. Annalena Tonelli non era una donna qualunque; bisogna essere aiutati e guidati da qualcun Altro per arrivare a fare tutto quello che lei ha fatto. Per tirare fuori dalla propria natura umana, comunque fragile, tanto coraggio, tanta costanza, tanta speranza. Davanti a una vita così, davanti a una donna così tutto si può pensare, tranne che sia passata davanti a noi invano. Storie come quelle di Annalena sono storie che lasciano una scia, non solo per la passione e l?intelligenza con cui cambiano singole realtà (lei per esempio, escogitò una cura contro la tubercolosi che colpisce le popolazioni nomadi, ora raccomandata anche dall?Oms). Sono un segno oggettivo di speranza. Sono un?evidenza concreta, incontestabile che una forza positiva si muove dentro la storia, contro l?apparente indomabilità delle forze del male. Non vi racconto, qui, chi era Annalena Tonelli: lo potete leggere voi stessi in questo numero (che per una volta abbiamo voluto rivoluzionare rispetto alla sua abituale foliazione), dalle sue parole o da quelle bellissime di chi ha avuto modo di conoscerle. Qui mi preme solo sottolineare una concomitanza di circostanze che non può non riecheggiare la bellezza del compito che ci attende. Domenica 12 siamo alla Perugia-Assisi, per un appuntamento consueto, ma quest?anno più atteso, più delicato del solito. Siamo lì a testimoniare che il desiderio profondo di pace sta camminando ancora nella storia, con semplicità, con realismo, senza retorica. Sta camminando pur in questi tempi così confusi, così rinunciatari, così pieni di trabocchetti. Ma la pace, per i tanti che si danno appuntamento alla marcia, non è un?opzione ideologica. è innanzitutto un?opzione del cuore, un modo di vivere, una conquista mentale: per questo è capace di crescere anche in un contesto che sembra così ostile. Domenica 19, invece, in piazza san Pietro, Giovanni Paolo II (davvero un grande amico sulla strada della pace, per tutti, cattolici e non: auguri per i suoi 25 anni di pontificato) proclamerà beata Madre Teresa di Calcutta. Il suo merito più grande è stato quello di ricordare al mondo ricco e cinico che i poveri esistono, che i poveri sono tanti, che i loro bisogni sono immensi e non possono certamente aspettare domani. Madre Teresa potrà essere discussa sin che si vuole, ma ha un merito incontrovertibile: ha messo un cuneo nelle coscienze, ha aperto il cuore degli uomini. Ha lasciato una scia, dimostrando come il destino di qualsiasi uomo c?entra con il nostro destino. Annalena e Madre Teresa sono vissute nella certezza che nulla ci è estraneo, che tutto ci riguarda: non per un dovere ma per un di più di amore. Il nostro collaboratore e grande amico Franco Bomprezzi ha perso questa settimana la sua Nadia. Avevamo da poco letto, dalle pagine del suo bellissimo libro, Io sono così, il racconto della loro stupenda storia d?amore. Caro Franco, tutta la redazione di Vita ti è vicina e ti abbraccia con affetto. Ma Nadia non se ne è andata: resta nel cuore e nella vita dei tanti che, grazie a voi, oggi vivono a fronte alta e in modo migliore.


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