Mondo

Gerusalemme, il popolo dei bus

Ogni mattina si ascolta la radio. Se Israele ha colpito Hamas, chi può sta a casa o va a piedi. Le fermate sono come dei fortini. Gli autisti inavvicinabili(di Maurizio Pagliassotti)

di Redazione

Gerusalemme, ottobre Gli autobus che attraversano Gerusalemme ovest, il settore ebraico, hanno due livree differenti: una verde e un?altra bianca e rossa, quest?ultimo come colore dominante. Sono gestite dalla compagnia di trasporti pubblici e per un modico prezzo portano ogni giorno migliaia di persone in ufficio, a scuola, a fare la spesa… La loro fama non è dovuta al proverbiale comfort che accoglie il passeggero (tutti gli autobus sono molto spaziosi, dotati di poltrone imbottite e aria condizionata) ma dall?essere il luogo preferito dagli uomini bomba di Hamas e Jihad islamica. Salire su uno di questi autobus non è un?esperienza piacevole e la cosa che ci si domanda per tutto il percorso è come facciano i normali utenti, solo israeliani dato che un arabo mai si avventurerebbe in un viaggio su un bus in questo periodo, a sopportare una simile tensione tutti i giorni. Ancora prima che il viaggio cominci è chiaro che non sarà un?operazione normale, come potrebbe essere in qualsiasi altro posto del mondo. Le fermate, almeno quelle dove si accalcano molte persone, sono costantemente protette da un numero variabile dai 3 ai 12 soldati armati fino ai denti. Questo ad esempio accade in Jaffa street, oppure in Bezalel street. Una volta saliti sull?autobus (le linee 13, 174, 61 sono quelle più a rischio, già colpite in passato), tutti possono essere potenziali kamikaze, magari travestiti da ebrei ultraortodossi, o da soldati, come ultimamente è accaduto. La paura di Yoseph Mi spiega Yoseph, un giovane studente, che il pericolo maggiore è nei momenti immediatamente successivi la salita dei passeggeri, dato che è in quei momenti che l?uomo bomba aziona il corpetto esplosivo, mentre durante il tragitto da una fermata all?altra il viaggio è più sicuro. Yoseph è uno dei pochissimi che accetta di parlare di un argomento tanto spinoso come i kamikaze, e del pericolo che quotidianamente comporta fare una normale operazione come prendere un autobus. Ammette di avere timore, soprattutto quando al mattino apprende dalla radio che l?esercito ha compiuto delle operazioni di guerra nella Striscia di Gaza, magari uccidendo dei militanti di Hamas. Tutti sanno che Hamas si vendica e che il suo obiettivo preferito sono proprio gli autobus rossi della zona commerciale di Gerusalemme, dove è più facile riuscire a fare infiltrare i kamikaze. Mentre chiacchieriamo, è facile vedere gente comune, studenti, impiegati dai cui pantaloni spuntano pistole, anche di grosso calibro. Non sono rari anche i militari che portano a tracolla fucili M1, con doppio caricatore di sicurezza, pronto da scaricare in caso di emergenza. Il viaggio prosegue, Yoseph scende e gli sguardi diventano sospettosi anche nei confronti di chi scrive. Estrarre una macchina fotografica dallo zaino provoca l?immediato arrivo di una guardia in borghese che chiede documenti e spiegazioni; seguono perquisizione e ramanzina. Meglio riporre la macchina nello zaino e scendere in attesa del bus successivo. Mezz?ora in tutto per fare il giro completo e scendere dove si era saliti. Qualcuno ride Risate, gente che corre per raggiungere il bus, tutto sembra procedere normalmente anche se talvolta capita di vedere qualcuno che scruta le persone che salgono per poi precipitarsi fuori dalla porta, perché vinto dal terrore di aver visto un tipo sospetto. Tipi sospetti che in questa stagione sono rappresentati, per gli abiti che portano, dagli ebrei ortodossi .Anche d?estate, infatti, indossano pesanti palandrane nere che, in caso di travestimento, potrebbero ben mimetizzare il corpetto cinto dal kamikaze, ripieno di dinamite, chiodi, biglie e vetri. Il pensiero corre anche verso chi, tutti i giorni, per sei ore al giorno, vive a contatto con questa psicosi, ovvero i conducenti che sono, ovviamente, inavvicinabili. Dicono che guadagnino molti soldi, ma forse queste sono solo subdole dicerie. Le statistiche sono lì a dimostrare che in caso di attentato hanno pochissime possibilità di sopravvivere: gli utenti, infatti, salgono dalla porta anteriore dove fanno il biglietto dall?autista e quindi, oltre ad avere l?attentatore distante al massimo un metro e mezzo, si trovano anche sulla linea di fuoco del personale armato che abbondantemente popola l?autobus. Nessun autista accetta di parlare del suo lavoro con i giornalisti, e forse non solo per il troppo stress che accumulano durante il giorno. Gli israeliani vivono quindi dall?inizio della seconda Intifada, settembre 2000, in una morsa di terrore che aumenta con l?aumentare della repressione nei territori occupati. A ogni incursione, la paura diventa maggiore, perché le organizzazioni radicali palestinesi attuano sempre la vendetta. Il giorno della pace si vedrà anche dalla fermata degli autobus, finalmente tornata ad essere tale e non un fortino in stato d?assedio.

Maurizio Pagliassotti


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