Famiglia

Solo una donna può essere così

La commozione di un sociologo davanti alla sua storia.

di Marco Revelli

C?è qualcosa, anzi, molto, di simbolico nella morte di Annalena Tonelli, uccisa con un colpo di fucile alla testa a Boroma, nel Somaliland. Travolta da un odio assurdo in quest?ottobre del 2003 in cui l?odio pare diventato la cifra del mondo, la chiave universale di un apparentemente incomponibile nuovo disordine globale. Ma c?è anche molto di simbolico nella sua vita: nei trent?anni spesi per gli altri, “a servizio degli altri”, come lei stessa scrisse, “senza un nome, senza la sicurezza di un ordine religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio, senza versamento di contributi volontari per quando sarò vecchia”. Quella vita è sintesi e simbolo di ciò che è, oggi, un Volontario. Anzi, una Volontaria, perché questa ?figura? così antica e così nuovamente attuale, è – questo è solo l?ultimo episodio che ce lo ricorda -, una figura prettamente, tipicamente femminile. La fragilità, la sua forza Femminile nella sua apparente fragilità (esterna) e nella sua reale forza (interiore). In quell?assenza totale di simboli esteriori d?identità o di appartenenza, in quello spendersi totalmente senza divise, senza bandiere, senza alcun segno chiamato a distinguere gli amici dai nemici, i nostri dagli altri – senza neppure l?accenno a un ?avversario?, a un ?essere contro? -, fosse pur esso il simbolo di una fede condivisa, di un ?bene? contrapposto al ?male?. Femminile nella capacità di accoglienza incondizionata, senza contropartite, del sofferente e del bisognoso (fuori da ogni logica di retribuzione mercantile o di ostentazione virtuosa). E nella disponibilità alla condivisione come condizione per la relazione umana: come propedeutica all?incontro e alla comprensione (alla possibilità di pensare l?Altro). Femminile infine nella capacità di accettare in sé l?Altro (cos?è la maternità se non questa convivenza con l?altro che deve nascere), di lasciarsene ?invadere? fino a farsene una ragione di vita. Se il militante politico novecentesco incarnava, nella migliore delle ipotesi, la figura ?paterna?, la forza maschile chiamata a plasmare il mondo secondo la Legge, il volontario sociale post novecentesco, l?agente inedito di una nuova relazionalità tra gli uomini del pianeta, è plasmato sulla figura ?materna?: la disponibilità femminile a ricostruire le relazioni secondo i canoni amorevoli della Vita. Si leggano le ultime pagine della breve autobiografia di Annalena Tonelli: quelle del rapporto con ?Sé? mediato dall?Altro. Quelle in cui si parla del confronto doloroso ma anche sereno con la colpa, anche le proprie ?colpe?, verificate a partire dal punto di vista dell?altro. Dalla capacità di far proprio quel punto di vista: “Ogni giorno noi lottiamo per comprendere e far comprendere che la colpa non è mai da una sola parte ma da ambedue le parti, noi ragioniamo insieme e ci sforziamo di vedere tutto quello che è positivo nell?altro, noi ci guardiamo in faccia, negli occhi perché vogliamo che si faccia la verità…”. Davanti al male Non era né un?ingenua, né un?illusa. Sapeva perfettamente di quale ferocia, e negatività, sia capace l?uomo. Lo sapeva perché l?aveva sperimentato in trent?anni di pratica sul campo. Ma sapeva anche che quel ?male? non si può combattere contrapponendogli altro ?male?. Che quella ferocia non è affrontabile da una ferocia uguale e contraria, ma solo dal suo opposto reale: l?apertura alla compensione, al perdono, al bene. Come scriveva: “dall?amore”. Lo sapeva come solo una donna può saperlo. L?ha ammazzata un ragazzo che forse non l?ha neppur guardata in faccia. E che certo non sapeva chi veramente lei fosse. L?ha ammazzata come oggi nel mondo si ammazzano tanti esseri umani, senza neppure guardarli, senza sapere chi essi siano. Ma la ragione resta la sua. Sulla sua idea di umanità dovrà ordinarsi il mondo di domani, se si vuole che esista ancora un mondo, domani.


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