Welfare
La semilibertà? E’ una vera pena. Non una vacanza
La testimonianza di una detenuta della Giudecca sulle misure alterantive al carcere.
Nelle cronache dei giornali si sente spesso parlare delle misure alternative al carcere come di benefici, di una specie di ?vacanza? in cui, invece di ?pagare il suo debito?, il detenuto se la spassa evitando la galera. Non è così, non lo è affatto: la semilibertà, per esempio, che significa lavorare di giorno fuori e rientrare la sera in carcere, è un regime di vita duro, faticoso, continuamente a rischio, dove la persona deve imparare ad autocontrollarsi ferocemente. Ce lo spiega bene una detenuta della Giudecca, che lavora all?esterno e fa i conti tutti i giorni con questa doppia vita, in cui non sa più neppure lei chi è e non ha nessuna certezza di riuscire a ?farcela? a ritrovare una propria identità.
Ornella Favero (ornif@iol.it)
Quando dal carcere passi invece a un regime di semilibertà, da certi punti di vista forse diventa anche peggio, perché, oltre ad essere comunque sottoposto alle regole detentive, devi avere un equilibrio psichico differenziato a due livelli, uno esterno e uno interno, e dunque ?coscientemente schizofrenico?. Trovare e mantenere un equilibrio psichico già di per sé non è semplice, immaginarsi poi cosa succede per chi ?deve? mantenerlo di giorno in situazioni di vita da persona libera, dove certi comportamenti sono considerati ?naturali?, e poi di notte ?dentro?, dove quegli stessi comportamenti devono essere sottoposti a controllo continuo da parte del detenuto stesso. Il soggetto che vive la condizione di semilibero deve avere sempre vigile l?attenzione, per esempio quando parla di e con qualcuno, vigile il comportamento, per esempio sottoponendo a controllo qualsiasi malessere psicologico, in quanto il malessere può essere considerato in maniera negativa, come cedimento, come debolezza, come incapacità di tollerare le privazioni e affrontare le difficoltà della vita libera. Inoltre il fatto che per anni la tua vita emotiva sia stata castrata ti porta a ritrovarti spiazzato perché debole, fragile di fronte alla vita fuori, che coinvolge naturalmente anche i sentimenti di una persona. Ma per coltivare i sentimenti negati per anni, per ricostruirti dei rapporti umani dovresti avere energie e tempo, e invece il semilibero solitamente ha il tempo necessario agli spostamenti e il resto, che è la parte più lunga della giornata, è dedicato all?attività lavorativa. Ora vivere in queste condizioni prevede una forza psichica non indifferente, e per non farsi troppo male tante volte si finisce per pensare che l?unica soluzione sia l?isolamento, ma l?isolamento non è certo compagno della serenità di una persona. In pratica esiste un equilibrio da mantenere in detenzione e un equilibrio esterno da creare tra i liberi, ed esisti tu che non sei detenuto e non sei libero. Certo la semilibertà è un passo avanti verso una vita ?normale?, ma nessuno può pensare che sia una ?non pena?.
Giulia, Istituto penale femminile della Giudecca
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