Medio Oriente

In Libano la guerra avanza sulle macerie della crisi economica 

I bombardamenti di Israele nel Sud del Libano hanno già fatto 90mila sfollati. I raid sono arrivati fino a Sidone, a 45 chilometri di distanza da Beirut. «Qui c’è una crisi economica e sociale profondissima», racconta Francesca Lazzari, responsabile Paese per fondazione Avsi. «Nelle ultime settimane stiamo assistendo ad una intensificazione generale degli attacchi. Al Sud le scuole sono già chiuse e l’attività agricola al collasso. Ciò significa che i bisogni umanitari diventeranno ancora più grandi»

di Anna Spena

Il conflitto tra Israele e Hamas non si limitata alla Striscia di Gaza. Dallo scorso sette ottobre anche il sud del Libano è sotto attacco. Lo avevamo raccontato in questo pezzo “La guerra tra Israele e Hamas fa nuovi sfollati nel Sud del Libano”. 

In Libano sono state registrate 40 vittime civili dall’inizio del conflitto e 800 feriti, a loro, dopo i raid israeliani di ieri a Sidone, se ne aggiungono altri 14. Avichay Adraee, portavoce ell’esercito israeliano, ha commentato così su X l’attacco: “Abbiamo preso dei depositi di armi di Hezballah presso Sidone in risposta all’offensiva a mezzogiorno di un drone i cui resti sono stati ritrovati presso il lago di Tiberiade. Continueremo a rispondere con forza alle aggressioni di Hezbollah”. Le vittime degli attacchi salgono a 200 se si considera anche il numero dei morti di chi sta prendendo parte attivamente al conflitto. 


La guerra si allarga

Il confine tra il Nord di Israele e il Sud del Libano, roccaforte di Hezbollah (organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista libanese), è un lembo di terra caldissimo, da anni è presidiato dalla Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite – Unifil. Il Libano sta attraversando una crisi economica e sociale senza precedenti. Nel Paese vivono circa 490mila rifugiati palestinesi, a questi si aggiungono altri 30mila che sono arrivati però dalla Siria. Secondo le stime del governo il Paese ospita anche 1,5 milioni di rifugiati siriani, solo 815mila sono stati registrati dall’Unhcr. Il settore umanitario nel 2022 ha stimato che il 90% dei rifugiati necessita di assistenza umanitaria per far fronte ai bisogni primari. Per capire fino in fondo il peso di questo dato bisogna guardare ad un altro dato, quello dei cittadini libanesi, che ormai non raggiunge i cinque milioni di abitanti, ma anche in questo caso ci muoviamo nel campo delle stime: l’ultimo censimento della popolazione libanese risale al 1932. La maggior parte dei siriani in Libano non è riconosciuto dal governo, che non ha mai firmato la convenzione di Ginevra sui profughi, dunque non riconosce lo status di rifugiato, per questo non ci sono campi profughi strutturati. Si stima che l’80% della popolazione libanese viva in situazione di povertà, e circa il 36% al di sotto della soglia di povertà estrema. Il conflitto tra Israele e Hamas, che ha portato all’allargamento delle guerra in Libano, rende la situazione ancora più drammatica.

Una voce dal Paese

«Stiamo assistendo», racconta Francesca Lazzari, rappresentante Paese di fondazione Avsi, «ad una intensificazione generale degli attacchi a Sud, non solo sul confine dov’è presente l’Unifil, ma sempre di più verso municipalità che fino a poche settimane fa non erano state colpite. Alcune municipalità come Kfarkila e El Khiam sono state rase al suolo». Ad oggi gli sfollati interni sono 90mila, tra loro ci sono sia profughi siriani che vivevano nei campi profughi a Sud del Paese che cittadini libanesi che che abitavano quei distretti. Fondazione Avsi è presente in Libano dal 1996, l’ong era arrivata per far fronte all’emergenza socio-sanitaria del dopoguerra e per promuovere progetti in educazione. Oggi la maggior parte dei progetti provano a rispondere alla grave crisi economica e sociale per garantire accesso all’educazione e opportunità di formazione e lavoro ai rifugiati e alle comunità libanesi ospitanti. «Per rispondere a questa nuova emergenza», spiega Lazzari, «abbiamo equipaggiato con materiale medico dei centri comunitari del ministero a Sud del Paese. Quando parliamo di Libano dobbiamo ricordarci che è un Paese allo sfascio dopo la crisi economica. Dobbiamo ricordarci anche che in Libano la guerra esiste già, è iniziata lo scorso sette ottobre. Se il conflitto dovesse continuare allargarsi ancora di più sarebbe una vera catastrofe. Al Sud le scuole sono già chiuse e l’attiva agricola al collasso. Ciò significa che i bisogni umanitari diventeranno ancora più grandi».

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