Teatro

L’Europa brucia, De Gasperi riprende parola in teatro

Angela Dematté, porta in scena un pezzo della nostra storia: “De Gasperi: l’Europa brucia”. Il racconto degli anni della formazione del Patto Atlantico e della nascita dell’Europa che oggi conosciamo e viviamo. Il sogno di una difesa europea. Le lacrime e le preoccupazioni per il futuro. Così un grande uomo politico torna a parlarci

di Riccardo Bonacina

Una scena di “De Gasperi: l'Europa brucia”

Angela Dematté è attrice e drammaturga capace di dare voce e parola a personaggi e frangenti della nostra storia. Il suo primo testo fu Avevo un bel pallone rosso, scritto a 27 anni che vinse subito un premio importante, il Premio Riccione, racconta della relazione tra Margherita Cagol, leader delle Brigate Rosse, e suo padre. Nel 2016 vice il premio “Scenario” con Mad in Europa, un testo di cui è unica interprete, corrosivo e ironico sul linguaggio educato, formale  e burocratese dei corridoi di Strasburgo e un’interrogazione potente sulla propria identità e su quella dell’Unione Europea.

Ora Angela Dematté, ancora una volta porta in scena un pezzo della nostra storia: De Gasperi: l’Europa brucia interpretato da un bravissimo Paolo Pierobon per la regia di Carmelo Rifici (in scena al Teatro Carcano a Milano dal 21 al 25 febbraio).

Cosa ti ha spinto a lavorare su Alcide De Gasperi, quale è stata la scintilla?

Intanto siamo entrambi della Valsugana e quindi c’è una sorta di figliolanza inevitabile, anche io sono cresciuta in un paese di montagna, molto vicino a quello di De Gasperi.

Poi, era da anni desideravo lavorare sulla figura politica di Alcide De Gasperi, soprattutto dopo aver visto il ritratto di Churchill nel film L’ora più buia. Mi dicevo, abbiamo avuto anche noi degli eroi politici,  dobbiamo parlarne, non possiamo non raccontare De Gasperi, un uomo che ha trovato soluzioni in un momento complicatissimo della nostra storia. Raccontare un personaggio così per capire di più noi, la nostra democrazia, il nostro posto nel mondo. De Gasperi è stato un uomo che ha cambiato la storia con la sua personalità certo, ma anche con la parola, con i suoi discorsi. E per noi teatranti che di parola viviamo, è stata una indagine, un viaggio interessante tra le sue parole.


Sapevo molto poco però. Mi affascinava la retorica di De Gasperi, la sua emotività alla Conferenza di pace di Parigi dell’agosto del ’46 mi colpiva moltissimo. Poi vidi un suo discorso appena tornato dal viaggio in America, nel gennaio del ’47. Mi sembrava di sentire un altro uomo. Cos’era successo nel mezzo?
Cresciuto in una valle di montagna, educato all’umiltà e alla correttezza, com’era riuscito a gestire i compromessi che la gestione del potere prevede? Quale censura e manipolazione aveva messo in atto dentro di sé? E quali le conseguenze di questo per il popolo? Sono partita da queste domande.  

Dicevi che il vostro viaggio è stato nei testi e nei discorsi di Alcide De Gasperi

L’indagine che ho percorso insieme a Carmelo Rifici deve molto alla figlia di De Gasperi, Maria Romana e alla fondazione Trentina a lui intitolata che hanno fatto un lavoro d’archivio importantissimo mettendocelo a disposizione. Mi è anche venuta in soccorso Valentina Grignoli, per sondare le centinaia di lettere e discorsi dello statista, le parole dei nemici politici come Togliatti, quelle della figlia, dei parenti, degli amici. Il 70% del nostro testo sono parole di De Gasperi. Attraverso i dialoghi con altri 4 personaggi: la figlia, Togliatti, un importante diplomatico americano e un ragazzo, ho cercato di indagare la democrazia che ancor oggi viviamo, per affondare nelle origini stesse della nostra storia.

Mi sono domandata come un uomo così incorruttibile, non si trova una scalfittura nel suo comportamento, potesse stare al mondo e fare patti anche di potere in un mondo che era davvero un ginepraio. L’uomo che era un vero antifascista – imprigionato per due anni a Regina Coeli – si carica di tutto il peso della storia fascista italiana per poterla traghettare verso altre possibilità, per poterla riscattare. Il suo linguaggio appare schietto, solido ed emotivo, più che politico o, in ogni modo, pieno di una retorica positiva e umile, molto diversa da quella di oggi.  

Probabilmente De Gasperi riusciva a tenere insieme la sua grande spinta ideale con un realismo da montanaro, sempre cosciente dei limiti suoi e imposti dalla realtà.

Sì, è vero, spero che lo spettacolo restituisca questa complessità anche intima dell’uomo. E spero che si senta questo essere messo alle strette sia dalla sua coscienza che dal mondo esterno in cerca di nuovi equilibri. Questo aspetto mi colpisce e commuove. È un uomo che scrive biglietti a Dio con scritto “Aiutami, cosa devo fare?”, come fosse un bambino che chiede sempre aiuto. E nello stesso tempo ha a che fare con personaggi che non hanno la fede che lui ha e che hanno logiche diverse dalle sue. Ecco, come Alcide De Gasperi stia dentro queste dimensioni diverse è quello che cerchiamo di raccontare, nei limiti di uno spettacolo. Uno spettacolo che attraverso il percorso interiore di un importante uomo politico europeo, racconta gli anni della formazione del Patto Atlantico e della nascita dell’Europa che oggi conosciamo e viviamo.

Impressiona ascoltare le parole di De Gasperi sull’Europa che lo spettacolo ripropone, dice alla figlia: “Noi dobbiamo salvare noi stessi, il nostro patrimonio di civiltà, di esperienze secolari. Perché se è vero che il Patto atlantico abbraccia il mondo, in questo mondo è l’Europa a custodire le fonti più antiche e le tradizioni più alte della civiltà. Dobbiamo chiamare le forze armate dei Paesi europei a fondersi insieme in un organismo permanente e costituzionale, a difendere una patria più vasta, visibile, solida e viva”.

Sì, è vero, siamo ancora lì. Mi ha impressionato leggere la vostra richiesta di procedere all’istituzione di Corpi civili di pace europei (petizione che ho subito firmato), un sogno che De Gasperi condividerebbe. Sai che quando De Gasperi capì che l’esercito europeo non si sarebbe fatto lui si è messo a piangere, racconta la figlia. Un altro suo desiderata era quello di rafforzare un articolo dello statuto Nato dedicato al dialogo tra i popoli.“Vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi”. Così recita il preambolo del Trattato dell’Atlantico del Nord firmato a Washington il 4 aprile del 1949, lui lo avrebbe voluto ancora più forte, esteso. Perché si rende conto che da Tindaro in poi, è come se i patti militari fatti per la pace diventino poi patti di guerra e non se ne esce. Lui fa di tutto per entrare nella Nato ma ha questo struggimento, si rende conto dei pericoli. L’Unione Europea così come l’avevano immaginata De Gasperi, Schuman e Adenauer nasce come modello di interdipendenze positive fra Paesi in precedenza avversari e come esperienza innovativa e creativa di pace sostenibile fra i popoli, per questo oggi deve a maggior ragione proporsi come autorevole protagonista di innovazione istituzionale, nel campo sempre più cruciale e fondamentale della gestione alternativa e creativa dei conflitti a livello locale e internazionale. Immaginando una difesa europea anche civile. Forse tornare alle parole ispiratrici di Alcide De Gasperi ci può aiutare.

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