Profit e non profit

Unicredit, (quasi) buona la seconda

La grande banca guidata da Andrea Orcel esce con una nuova campagna che pubblicizza un'importante azione creditizia a favore vari soggetti, compreso il non profit. Alcuni mesi fa la campagna "Unicredit per l'Italia" s'era scordata di citare le imprese sociali anche se poi, interpellata, aveva spiegato che erano da considerarsi fra le imprese tout court. Stavolta il Terzo settore viene menzionato. Anche se nessuno dirigente viene immortalato nella foto ufficiale

di Giampaolo Cerri

Immagine della campagna pubblicitaria Unicredit per l'Italia

Soddisfazioni: un articolo di un piccolo giornale che fa mutare approccio a una direzione business di una delle più grandi banche d’Italia e d’Europa.

Non per vanteria, tanto per citare il guru del non sense italiano, Maurizio Milani, non per vanteria, dicevamo, ma la nuova campagna advertising di Unicredit, il grande gruppo guidato da Andrea Orcel, comparsa la scorsa settimana sulla quarta di copertina di Avvenire (sotto, ndr) e da lì poi su tutti media, cita finalmente il Terzo settore dopo che, mesi fa, da queste colonne, avevamo dato voce a una ruvida critica: nella prima edizione s’erano scordati il non profit.

Riavvolgiamo la macchina, Ci aveva colpito in luglio, quel messaggio solenne: «Unicredit per l’Italia», rilanciato anche dai social aziendali, con un grande regista come Ozpetek, chiamato al lavorare allo spot ufficiale. «Nell’ambito della campagna Unicredit per l’Italia», raccontava la grande banca per esteso, «siamo a supporto dei nostri clienti con una serie di iniziative concrete rivolte ai privati, alle famiglie e alle imprese. Iniziative che sono le nostre risposte a bisogni reali, perché i nostri clienti sono sempre al centro di tutto quello che facciamo».

E il Terzo settore, c’eravamo chiesti? E se l’era chiesto anche qualche lettore, che ci aveva scritto. Avevamo bussato idealmente alla torre più alta di Milano chiedendo lumi e, cortesemente, da Unicredit avevano risposto che «nel piano “per l’Italia”, tra le iniziative in favore delle imprese messe a disposizione dalla banca, rientrano a pieno titolo anche le imprese sociali».

Si erano insomma scordati – ipotizzammo – di scriverlo nel brief trasferito all’agenzia pubblicitaria.

Integrazione felice

Dunque è importante aver rimediato in questo secondo giro di pubblicità: «Unicredit per l’Italia. Ogni impresa una storia. Un plafond di 10 miliardi», avverte il nuovo messaggio, «per sostenere lo sviluppo delle aziende italiane, delle microimprese e del terzo settore» e pazienza per quella “t” minuscola.

A voler essere dei perfezionisti però, osservando i testimonial scelti – otto persone, fra amministratori, fondatori e proprietari di imprese, cinque uomini e tre donne – che di dirigenti del Terzo settore non ce n’è neppure uno. Chessò un direttore di cooperativa sociale, una direttrice di consorzio, un’amministratrice di impresa sociale, un presidente di associazione. E invece niente.

Stavolta, forse, è stato incompleto il brief al fotografo ma fa niente: l’importante è che quel plafond sia anche per le realtà del Terzo settore. Con la maiuscola (come peraltro Unicredit scrive replicando la campagna sul proprio sito).

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