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Fondazioni: forse lunedì il verdetto della Consulta

Il testo definitivo ancora non sarebbe pronto e anche in queste ore è oggetto di limature, segno evidente dell'importanza attribuita alla questione.

di Redazione

La pronuncia con cui la Corte Costituzionale dirà l’ultima parola sulla riforma delle Fondazioni varata da Giulio Tremonti nel dicembre 2001 e blindata poi nella legge Finanziaria per il 2002. Il testo definitivo ancora non sarebbe pronto e anche in queste ore è oggetto di limature. Fino a giovedì sera sono state discusse ed approvate in Camera di consiglio le bozze di testi, e ieri i relatori hanno cominciato a stendere le decisioni definitive, con eventuali limature; segno evidente dell’importanza attribuita alla questione e alle innumerevoli richieste di riesame da parte degli stessi giudici. Le materie in discussione sono inserite in due distinte sentenze: di una (composta da una circa 50 pagine) e’ relatore il vice presidente Gustavo Zagrebelsky, sul ricorso delle Regioni per presunte violazioni alle loro competenze, dell’altra Annibale Marini, che in una settantina di cartelle dattiloscritte si occuperebbe della parte piu’ rilevante delle questioni sollevate dal Tar del Lazio a seguito dei ricorsi presentati dall’Acri e da alcuni enti di origine bancaria singolarmente. Le eccezioni di costituzionalita’ erano state dichiarate non manifestamente infondati dal Tar del Lazio e sul cui accoglimento si era dichiarato fiducioso e ottimista il presidente della Fondazione Monte dei Paschi, Giuseppe Mussari, durante il meeting di Rimini. A questo momento, sebbene si possano ottenere stravolgimenti fino all’ultimo minuto, sarebbe pero’ prevalente un riconoscimento della natura speciale degli enti, cosi’ come ribadito piu’ volte dal Tesoro e dall’Avvocatura dello stato durante il dibattimento lo scorso 3 giugno. Una presa di posizione che, se confermata, segnerebbe di fatto un punto a vantaggio del ministero di via XX Settembre, che da tempo afferma questa tesi, considerato punto imprescindibile da parte dell’Acri per garantire la completa autonomia degli enti e difeso da avvocati del calibro di Pietro Schlesinger, Pietro Rescigno, Andrea Guarino. Sulla prima relazione di Zagrebelsky la Consulta sarebbe orientata a esprimere la non fondatezza del ricorso mantenendo percio’ in vigore le regole sulla composizione degli organi di indirizzo degli enti. La Corte riterrebbe inoltre non fondata la questione sollevata sulle incompatibilita’ per le nomine tra persone che appartengono sia a societa’ bancarie sia alle fondazioni. Incostituzionale sarebbe invece definita la parte in cui da queste incompatibilita’ sarebbero esenti i rappresentanti degli enti locali. Anche sui settori ammessi, per conseguenza diretta della natura ‘terza’ attribuita a questi enti privati con rilevanti finalita’ pubbliche, i giudici dell’Alta Corte potrebbero essere portati a mantenere in vigore le norme sui settori d’intervento ammessi e quindi una sorta di supervisione indiretta da parte del Tesoro. Incostituzionale invece potrebbe essere ritenuto l’eventuale obbligo di intervento sui lavori pubblici in quanto su questi deve prevalere un prevalente indirizzo dello stato, secondo la Consulta. Il Tar aveva rinviato alla Corte la materia delle Fondazioni sotto diversi punti di vista, mentre le regioni Marche, Umbria, Emilia Romagna e Toscana contestano un aspetto specifico della riforma. L’avvocato dello stato, Franco Favara nella discussione davanti ai giudici costituzionali aveva affermato che il problema dell’individuazione dei settori ammessi e di quelli prevalenti per le erogazioni delle Fondazioni da parte dello stato ”e’ un falso problema e male ha fatto il legislatore nel ’99 a delegare la questione agli statuti. Gli amministratori facciano i manager non i finti padroni”. Il patrimonio complessivo degli enti conferitari, ha spiegato nella stessa occasione Favara, rappresenta sette volte la capitalizzazione di Mediobanca: ”e’ chiaro -ha aggiunto- che la questione e’ importante ed e’ stata evidentemente sottovalutata dal legislatore in precedenza, perche’ e’ stato piu’ attento a definire le erogazioni che la situazione patrimoniale”. ”Il ruolo delle Fondazioni finora e’ stato prezioso – ha messo in evidenza – pero’ ora quello che importa e’ cosa fanno del loro patrimonio, che e’ in espansione. Quando abbiamo una concentrazione cosi’ grande di capitali come si fa a dire che lo Stato se ne puo’ disinteressare. Quali privati se ne dovrebbero occupare ?”. Ma su questo la Corte sarebbe intenzionata a decidere in modo Salomonico: enti speciali ma sui lavori pubblici niente obbligo d’intervento. Quanto ai rilievi mossi sull’estensione della rappresentanza degli enti locali negli organi di indirizzo degli enti, Favara ha replicato affermando che ”aver spostato la rappresentanza sugli eletti dal popolo ha aumentato il tasso di democrazia. Non si puo’ affermare – ha aggiunto – che i soggetti eletti siano cattivi amministratori per definizione”. Nel suo intervento l’avvocato Giacomo Aiello, sempre in difesa dell’amministrazione pubblica, ha ribadito nella stessa occasione che il legislatore non ha scelto una terza strada per la natura delle Fondazioni. ”Sono private, ma di natura speciale – ha spiegato – per cui le norme del codice civile si applicano in via residuale”. Le prime indiscrezioni che arrivano sulla decisione della Corte sembrerebbero dargli ragione. Anche se lo scorso 3 giugno aveva suscitato molto interesse la tesi opposta sostenuta da Luisa Torchia, difensore della Fondazione senese. Attribuire alle Fondazioni uno status speciale -aveva detto- che le rende enti di natura privata ma particolari, per cui, ad esempio, il legislatore e l’autorita’ di vigilanza (Tesoro) possano intervenire nel definire la loro attivita’, puo’ ”creare incertezza”.

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