Welfare

Assistenza sociosanitaria, la giungla delle tariffe regionali

L’Agenzia per i servizi sanitari regionali - Agenas presenta uno studio focalizzato sull’assistenza sociosanitaria domiciliare, residenziale e semiresidenziale nei confronti dei soggetti deboli, dai minori agli anziani. Ne emerge un quadro a tinte alterne: servizi che sulla carta rientrano nei livelli essenziali di assistenza hanno prezzi differenti a volte il doppio o il triplo a seconda del luogo. In allegato il report

di Francesco Dente

Fondazione Sacra Famiglia, Milano ©Stefano Pedrelli

Rimborsi doppi per prestazioni simili. Importi che in alcuni casi si moltiplicano anche per tre. L’Agenzia per i servizi sanitari regionali – Agenas alza il velo sul groviglio tariffario che avvolge il welfare territoriale italiano. 

L’assistenza ai soggetti deboli, dai minori agli anziani, ha prezzi differenti da zona a zona del Paese anche quando si tratta di servizi che sulla carta rientrano nei livelli essenziali di assistenza individuati dal Dpcm del 12 gennaio 2017. La lente dell’Agenas, per l’esattezza, si è focalizzata sulle aree dell’assistenza sociosanitaria domiciliare, residenziale e semiresidenziale. Tre aree di particolare interesse non solo per i Distretti, ai quali il Dm 77/2022 assegna un ruolo centrale nell’accesso ai servizi dell’Azienda sanitaria di riferimento, ma anche per il Terzo settore che eroga non poche delle prestazioni. 

L’obiettivo dello studio, si legge nella premessa, è disporre di informazioni utili alla ricerca e alla definizione di «un sistema nazionale di remunerazione per specifici setting assistenziali ad oggi privi di un riferimento nazionale». L’analisi comparativa, minuziosa laddove poggia sui dati disponibili, presenta tuttavia dei buchi in quanto è stata realizzata attraverso la consultazione dei siti istituzionali regionali o in alternativa dei motori di ricerca liberi. Mancano infatti, questo il caso più eclatante, tutte le cifre dell’Umbria. 

L’Agenas ammette che non è stato possibile utilizzare banche dati giuridiche in quanto l’accesso richiede «una quota di iscrizione attualmente non disponibile». Un dato non molto rassicurante. Mentre si discute sull’autonomia differenziata e sulle risorse per assicurare gli stessi livelli delle prestazioni sociali, si scopre che non ci sono nemmeno i soldi per misurarne il divario territoriale dei costi.  

Tariffe a macchia di leopardo

Sono nove le tipologie di offerta assistenziale finite sotto la lente dell’Agenas. Si va dall’assistenza extraospedaliera a elevato impegno sanitario alle cure domiciliari sia per prestazioni occasionali che palliative. L’area più estesa è l’assistenza sociosanitaria. Il ventaglio dei destinatari comprende persone non autosufficienti (anche con demenze), minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo, persone con disturbi mentali, con disabilità e con dipendenze patologiche. Infine, l’hospice. 

Le tariffe, come anticipato, presentano importi molto diversificati a seconda dei territori. Nel caso, ad esempio, dell’assistenza extraospedaliera a elevato impegno sanitario, il costo giornaliero della Rsa anziani (intensiva) varia da un minimo di 104,69 euro in Abruzzo e 139,42 in Puglia a un massimo di 220,30 e 225 rispettivamente nel Lazio e in Sardegna. 


Numeri non meno sorprendenti per l’assistenza residenziale sociosanitaria alle persone non autosufficienti, sempre nelle Rsa. Il trattamento estensivo di cura e recupero funzionale “paga” 96 euro al giorno in Molise contro i 152 della Sardegna e i 167,50 della Valle d’Aosta, regione in cui però la quota a carico del Servizio sanitario regionale è solo del 60%. 

L’altalena dei dati, per citare un altro caso, non risparmia l’assistenza sociosanitaria alle persone con dipendenze patologiche. Un ambito che include ad esempio gli interventi contro il gioco d’azzardo o l’abuso di sostanze. Le cure residenziali delle comorbilità psichiatriche prevedono una remunerazione di 92 euro in Sardegna e 112,06 nelle Marche per balzare a 165 in Friuli Venezia Giulia.  

L’origine delle differenze nella remunerazione

VITA ha commentato i dati dell’Agenas con Franco Pesaresi, direttore generale dell’Azienda servizi alla persona «Ambito 9» di Jesi in provincia di Ancona, studioso dei sistemi di welfare e autore di numerose pubblicazioni. 

Come spiegare dati così differenti? «La straordinaria differenza di tariffazione dipende innanzitutto dai differenti standard qualitativi. Prendiamo le Rsa, ad esempio. I minuti di assistenza fornita dagli operatori socio sanitari (Oss) o dagli infermieri cambiano da una regione all’altra. Se offro di più, più minuti ad esempio, il servizio costerà naturalmente di più. Il secondo elemento da tener presente è il criterio in base al quale sono stabilite le tariffe. La normativa statale prevede che sia fatta l’analisi puntuale dei singoli costi di una struttura standard. Solo una minoranza delle Regioni segue però questa strada e quando pubblica le tariffe non sempre allega le tabelle con i calcoli effettuati. Altre Regioni invece determinano la remunerazione sulla base del confronto con gli stakeholder. Una trattativa con chi gestisce le strutture, insomma. È un metodo meno scientifico che dipende dai rapporti di forza e dalla sensibilità politica dei contraenti. In questi casi i risultati sono ancora più variegati perché alla base non c’è valutazione analitica dei costi», argomenta Pesaresi. 

Il punto è che la differenza degli importi delle tariffe si accompagna a una differenza della qualità del servizio offerto e soprattutto del peso economico della compartecipazione richiesta ai cittadini. «Facciamo l’esempio delle strutture per gli anziani. La norma prevede che il 50% sia a carico del servizio sanitario e il 50% dell’utente. Un conto però è calcolare la metà di una tariffa di 100 euro al giorno, un conto di 180 euro», fa due calcoli Pesaresi. La ricognizione dell’Agenas, pur incompleta, ci dice per la prima volta dove questo accade. E in che misura.

In apertura immagine di Sacra Famiglia – foto di Stefano Pedrelli

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