Welfare

Il primo accordo quadro. Una buona firma per l’ex co.co.co.

Tutela sanitaria e previdenziale. Con tanto di ok del sindacato. Da una ong di Bergamo, il Cesvi, un’indicazione per tutto il non profit.

di Benedetta Verrini

Ma chi tutela i co.co.co. della solidarietà? Lavorano in mille settori, da quello socio-sanitario fino alla cooperazione internazionale. In questa fase di ?transizione? imposta dalla riforma Biagi, richiamano i loro committenti, le realtà del privato sociale, a porsi il problema del loro inquadramento. è il caso del Cesvi, ong bergamasca impegnata con oltre 80 progetti in diverse parti del mondo. “Abbiamo siglato con i sindacati un accordo quadro per una migliore tutela dei nostri collaboratori, sia sul piano assistenziale che previdenziale”, spiega il presidente Maurizio Carrara, che non nasconde la sua soddisfazione per una piattaforma costruita in un anno di lavoro, che può rappresentare un eccellente punto di riferimento per molte altre realtà del settore. L?accordo Cesvi si basa su criteri di trasparenza, indicando livelli minimi di inquadramento e su criteri di tutela dei diritti in situazioni di fragilità come la malattia, l?infortunio, la gravidanza (vedi sopra). E c?è di più: l?organizzazione sostiene la scelta di una previdenza integrativa, impegnandosi a coprire una quota di tali costi. La voce di Pezzotta In passato, anche altre grandi realtà come Cdo – Nonprofit, Cesvot e Arci hanno voluto stabilire inquadramenti contrattuali complessivi per i co.co.co.. “Ora, però, con la legge 30 questa figura cambia. Ci avviamo verso un processo di trasformazione che dovremo seguire con molta attenzione”, sottolinea a Vita il segretario nazionale della Cisl, Savino Pezzotta, ricordando come, in particolare nei cosiddetti lavori a progetto “tutta l?impresa non profit potrebbe dare un grosso contributo per accompagnare questi lavoratori attraverso percorsi progettuali reali, in cui siano valorizzate professionalità e garantiti i diritti”. Di sicuro, la riforma Biagi porta una ventata di rigore e chiarezza che finora è mancata, “in particolare per quelle realtà che hanno usato in modo distorto le figure di co.co.co.”, spiega il professor Carlo Borzaga, neo preside della facoltà di Economia dell?Università di Trento. “Pensiamo a tutte le organizzazioni che hanno tentato di reggersi esclusivamente su questa forza lavoro, magari per essere maggiormente competitive nelle gare d?appalto con la pubblica amministrazione per il settore socio-sanitario, ad esempio. Ora avranno problemi, perché dovranno regolarizzare certe posizioni senza poter rivedere i prezzi dei servizi concordati con la pubblica amministrazione”. Ma non sarà così per tutti: “In fondo”, prosegue Borzaga, “moltissime realtà del non profit lavorano già sulla base di veri e propri progetti, magari agganciati alla distribuzione di fondi regionali e comunitari”. Infine, sul piano dei costi, il collaboratore non sarà più tanto ?economico? per l?azienda: “L?innalzamento dal 12 al 19% dei costi, rispetto a quelli da lavoro dipendente che sono al 33%” spiega il docente, “farà sì che lo scalino tra le due tipologie diventi minimo”. Le prestazioni occasionali Nell?attesa della pubblicazione dei decreti attuativi della riforma Biagi, gran parte del Terzo settore naviga a vista. La preoccupazione è sulla fase di incertezza interpretativa che seguirà l?entrata in vigore della legge, soprattutto su molte figure professionali non inquadrabili in veri ?progetti? ma nemmeno in ?contratti di prestazione occasionale? (che ora saranno limitate ad appena trenta giorni). Dice Michele Romano, direttore del Coopi e tesoriere dell?associazione delle ong italiane: “Per le prestazioni occasionali penso che i nuovi vincoli possano rischiare di irrigidire e burocratizzare eccessivamente situazioni che invece, per le stesse esigenze dei lavoratori, potevano restare maggiormente flessibili”. E c?è chi, prendendo atto di una situazione di incertezza, lancia una proposta innovativa: “Credo che sia necessario affrontare il tema di un contratto specifico per il settore non profit”, dice Ilaria Borletti, presidente del Summit della Solidarietà. “Il Terzo settore dovrebbe trattare con i sindacati una piattaforma nazionale di contratto dei lavoratori non profit. Un contratto necessariamente disegnato sulle caratteristiche del settore, che garantisca adeguate garanzie ai lavoratori ma possa anche rispondere alle capacità e alle caratteristiche di questo particolare settore


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