Piano Mattei
Italia-Africa: risorse, sostenibilità e ruolo della società civile. Le incognite di una svolta possibile
Affinché il Piano Mattei produca risultati tangibili, occorre puntare sulla creazione di nuovi posti di lavoro e coinvolgere anche le piccole e medie imprese italiane. Ad aggiungere valore possono essere le organizzazioni della società civile attive da anni nel continente. Per questo è indispensabile coinvolgerle, ma è indispensabile ascoltare anche i Paesi a cui sono destinati gli investimenti
Un primo effetto positivo il recente summit Italia-Africa l’ha già avuto: spostare l’attenzione della politica a sud del mare nostrum, su Paesi ricchi di risorse naturali e dal grande potenziale di crescita. Non solo quella demografica, la più stigmatizzata e temuta da una fetta dell’opinione pubblica italiana, ma anche quella economica e sociale. Basti pensare che la nuova classe media africana, formata da giovani generazioni che non hanno vissuto la decolonizzazione, conta ormai più di 300 milioni di persone. Le piaghe storiche del continente – fame, povertà, conflitti -, non sono state di certo cancellate, ma le attuali opportunità di sviluppo non hanno probabilmente precedenti nella storia dell’Africa.
Concretezza e sostenibilità
Affinché questa rinnovata attenzione si traduca in risultati concreti, è necessario mettere al centro il concetto di sostenibilità, parola che appare ancora troppo poco nei documenti del Governo, e creare posti di lavoro. Solo grazie alla buona occupazione si può infatti realizzare il diritto a non migrare. In quest’ottica bisogna coinvolgere non solo i colossi come Enel ed Eni, ma anche le piccole e medie imprese italiane capaci di fare sistema, che da sole non riescono a varcare i confini nazionali.
Le critiche al vertice e il dialogo con il Governo
Diverse organizzazioni del mondo non governativo italiano hanno lamentato il mancato invito a partecipare ai lavori del vertice. Sotto questo punto di vista si sta rivelando proficua l’interlocuzione che Link 2007 e le altre reti hanno avviato con il viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Edmondo Cirielli. Oltre ad esprimere sincero apprezzamento per il lavoro svolto dalle ong italiane, il viceministro ha spiegato che il Piano Mattei sarà inserito nel più ampio contesto della Legge 125 per la Cooperazione allo sviluppo. L’obiettivo è farlo diventare uno strumento aggiuntivo, capace di mobilitare risorse private, preservando quelle pubbliche già stanziate per la cooperazione. Un approccio pragmatico e coerente che ci auguriamo produca frutti nei prossimi mesi. Sarà per questo essenziale il coraggio di andare oltre gli schemi e le procedure amministrative consolidate e riuscire a far leva anche sui fondi europei con bandi ad hoc, moltiplicando così le risorse e restituendo all’Italia un ruolo strategico di capofila nelle relazioni con il continente africano.
Coinvolgere la società civile e i Paesi beneficiari
Ci sono buone ragioni per credere che la presenza della società civile per la messa in opera dei programmi esito del summit Italia-Africa sarà importante, come lo è nel presente della cooperazione italiana. L’incontro di Roma è infatti solo un punto di partenza di un percorso destinato a calibrare la sua traiettoria nei prossimi mesi. Il valore aggiunto che le organizzazioni attive da anni in Africa possono offrire, con il loro patrimonio unico di conoscenze, è irrinunciabile. Per questo è indispensabile coinvolgerle, ma occorre ascoltare anche i Paesi a cui sono destinati gli investimenti, come richiesto in modo chiaro dal presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat: «sul Piano Mattei i Paesi africani si aspettano di essere consultati per discuterne i contorni e le modalità di attuazione».
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Il nodo delle risorse
C’è inoltre l’incognita dei finanziamenti, che al momento ammontano a 5,5 miliardi di euro tra crediti e operazioni a dono. Una somma davvero ridotta per gli obiettivi che si pone il Piano. Se è un bene che circa 3 miliardi siano ricavati dal Fondo italiano per il clima, finora inutilizzato, non si può dire lo stesso per i 2,5 miliardi e mezzo che provengono dal Fondo per la Cooperazione allo sviluppo. Link 2007 è tra promotori della campagna 070 che chiede di destinare lo 0,7% del Reddito nazionale lordo alla cooperazione allo sviluppo. Siamo invece fermi allo 0,32% (dati Ocse, 2022), una percentuale che permette a stento di realizzare gli interventi umanitari e qualche operazione a dono. Se questi fondi saranno incrementati in misura significativa e, soprattutto, se si saprà fare effetto leva sui fondi europei ben più importanti, potranno allora esserci risorse sufficienti sia per gli investimenti produttivi sia per azioni di impatto sociale e lotta alle disuguaglianze, che infine per l’aiuto umanitario. Approfittando poi della presidenza del G7, l’Italia potrebbe promuovere un dialogo sulla conversione del debito pubblico dei paesi africani attraverso la creazione di fondi di sviluppo sostenibile per creare contropartite ai fondi italiani ed europei, aumentando l’impatto complessivo. Link 2007 ha elaborato una proposta concreta a tale riguardo, che è a disposizione dell’esecutivo.
L’importanza delle diaspore
Un ruolo chiave, oltre alle organizzazioni della società civile, potrà giocarlo anche una realtà quasi sempre trascurata: le diaspore. Queste possono fare da ponte, facilitando lo sviluppo stesso della progettualità dalla posizione privilegiata di chi conosce entrambe le realtà: l’Italia e i Paesi di origine. Link 2007 ha a più riprese sottolineato l’importanza delle comunità di origine straniera residenti in Italia non solo per la gestione del fenomeno migratorio, ma anche per elaborare progetti che non siano calati dall’alto. Si tratta di un bacino potenzialmente vastissimo: la popolazione straniera residente nel nostro Paese a inizio 2023 ha toccato infatti 5 milioni e 50mila persone: l’8,6% del totale (dati Istat 2022), 700mila in più rispetto a dieci anni prima. Il loro opportuno coinvolgimento può fare la differenza per il buon esito del Piano Mattei.
Partenariati alla pari
Molto dipenderà anche dal peso che i singoli settori di intervento avranno nell’impianto complessivo. I cinque pilastri del Piano sono istruzione, agricoltura, salute, energia e acqua. Un raggio di azione molto ampio, con contenuti solo abbozzati che devono trovare al più presto concretezza. Di sicuro si potranno ottenere buoni risultati se saranno perseguiti partenariati realmente paritari, aprendo così una nuova fase nelle relazioni Africa-Italia e Africa-Europa. Siamo per questo a disposizione dell’esecutivo e della cabina di regia del Piano Mattei per contribuire con le nostre esperienze a trovare soluzioni efficaci, individuando insieme risorse, obiettivi adeguati e procedure il più possibile snelle. C’è insomma ancora molto da fare, ma siamo solo all’inizio.
Roberto Ridolfi, Presidente Link 2007
Credit foto Roberto Monaldo / LaPresse. 29-01-2024 Roma Politica Vertice internazionale “Italia-Africa. Un ponte per una crescita comune” – Conferenza stampa finale Nella foto Azali Assoumani (pres. Comore e pres. di turno Unione Africana), Giorgia Meloni
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