Le città dei giovani sindaci
Marco Panieri, il sindaco che usa i social per coinvolgere i 5mila giovani di Imola
Ha vinto con il 60% di preferenze. L'impegno politico fin da ragazzino, la guida e l'esempio del nonno materno, la voglia di rompere l'isolamento del suo partito: dialogo con il 33enne sindaco di Imola che intende governare per dieci anni la sua città
«La vita si scala in cordata come la montagna. Per salire la montagna la regola è “taci e tira”. Nella vita invece “tira per poter parlare e farti vedere”. Ma quanto? Il fare e l’essere sono concetti relativi. Quello assoluto è “abbastanza”». Sono le parole che Giorgio Bettini, giornalista e politico imolese, ha dedicato, a Natale del 2010, ai suoi nipoti Andrea, Carlo e Marco Panieri che stringe tra le mani l’autobiografia del nonno mentre racconta del rapporto con lui. Parla veloce, è diritto, diretto, senza orpelli, sorridente, coerente e “semplice”. Nel suo studio campeggia un poster gigante dell’autodromo accanto alle bandiere e al gonfalone di Imola, la sua città, che ama fin dai primi passi in politica. E che, adesso, “corre” con lui verso una rigenerazione urbana, sociale e politica dopo anni di partecipazione pigra.
Lei è cresciuto a pane e politica, vero sindaco?
Ho 33 anni, sono testardo ma solare perché ho una grande passione per quello che faccio. Questo è il motore dell’impegno di questa fase della mia vita. Fin dalle elementari ho fatto il rappresentante di classe, poi rappresentante di istituto a livello provinciale. Nel 2013 è iniziato il percorso politico vero e proprio nella mia città, grazie a mio nonno Giorgio Bettini che però oggi purtroppo non c’è più, che mi ha insegnato il senso di comunità, dei valori in politica, della partecipazione, del bene comune.
Era impegnato attivamente anche lui?
Sì, non da sindaco, ma da consigliere comunale. Era giornalista de “l’Unità” e poi, dal 1964 al 1990, direttore di “Sabato sera”, il settimanale allora più diffuso di Imola. Nonno Giorgio è stato molto attivo anche con il Club alpino italiano-Cai: si è occupato di advocacy sulla montagna e sui sentieri e ovviamente era impegnato sul tema della resistenza e del territorio inteso proprio come “bene comune”. Da poco abbiamo pubblicato la sua biografia, “Io c’ero”: è la storia di una città e di un territorio, un pezzo di storia italiana attraversata dalla sua personalità incisiva. Nonno l’ha scritta negli anni, anche quando la vista non lo sosteneva più, pensi che la chiamava «una storia di scarso interesse». Per fortuna poi le figlie Susanna e Silvia e soprattutto Fabrizio Tampieri e Marco Isola hanno curato tutto l’editing.
Lato paterno, invece?
Nonno Valeriano Panieri mi ha trasfuso i valori concreti del mondo artigiano e del lavoro in una impresa di famiglia: grazie al suo impegno, la piccola azienda di famiglia è nel tempo diventata più grande, oggi conta oltre 20 collaboratori e si occupa di costruzioni e rigenerazione urbana. Ma lavora con privati, eh, non con il pubblico! Io andavo in cantiere fin da piccolo con mio padre, poi ho studiato all’istituto per geometri, mi sono abilitato e iscritto all’albo.
Infatti lei ama dire di sé “sono un geometra, poi ho fatto tutto il resto”, ne va orgoglioso…
Sì, dopo il diploma e l’abilitazione mi sono laureato in Economia e gestione di impresa proprio per cominciare a lavorare subito nell’impresa di famiglia. Dopo ho fatto anche un master part-time con “il Sole 24ore”, mentre lavoravo, e vari corsi di specializzazione sempre sul tema imprenditoriale, anche con la Bocconi. Ma il mio approccio negli anni è sempre stato molto concreto, operativo: mi piace entrare nel vivo delle cose, delle azioni, esattamente come deve essere per un geometra, per uno che fa impresa. Durante gli studi, per mantenermi, ho fatto anche il fotografo sportivo e giornalistico per alcune testate locali: ho fatto io lo scatto del sorpasso di Simoncelli a Biaggi, nel 2009.
E cosa ci fa, in politica, allora?
Vede, oggi la concretezza è fondamentale soprattutto in politica. Nel 2013 mio nonno mi ha spronato a candidarmi con l’allora sindaco Daniele Manca e mi sono messo in gioco per i miei coetanei. Il mio intento era di coinvolgerli, stimolarli. In tanti vogliono vedere le cose cambiare, vedere la propria città migliorare però manca una “spinta”, una occasione. Era importante, dunque, mettersi a disposizione per la mia città. Sono stato il più votato tra i giovani amministratori e mi è stata data la delega al marketing territoriale e agli eventi della città. Per me, questa è stata la chiave di volta perché ho potuto iniziare una relazione con gli uffici comunali, con i tecnici e con la mia città, con la quale comunque io ero continuo rapporto già da prima. Conosco Imola da sempre, la amo da sempre e questo fortissimo rapporto con la mia città mi ha consentito di non andare all’estero, rimanere legato alla mia città e alla mia comunità. Ma soprattutto di provare a costruire un percorso politico.
Poi la candidatura a sindaco…
Ci tengo a dire che fino all’elezione a sindaco ho mantenuto la mia professione perché secondo me è estremamente importante continuare il proprio percorso personale e professionale. Dal 2013, ho fatto cinque anni in consiglio comunale in maggioranza, poi nel 2018 abbiam perso le elezioni: ha vinto una sindaca con una lista 5stelle, appoggiata poi al ballottaggio dal centrodestra gialloverde, e quindi ho fatto due anni in opposizione come capogruppo. Contemporaneamente, mi sono messo in gioco come segretario territoriale del Partito democratico di dieci comuni del circondario imolese. Dopo la vittoria di Stefano Bonaccini, che abbiamo aiutato nella sua candidatura, abbiamo lavorato per ricostruire un percorso politico in città, a partire dal chiedere scusa come partito a tutti i cittadini. Quando la sindaca si è dimessa, a quel punto mi sono candidato, in piena pandemia: abbiamo vinto al primo turno, con il 60% delle preferenze.
Fin dalla sua campagna elettorale c’è sempre questo tema di “recuperare la fiducia” dei cittadini…
Come partito e come amministrazione ci eravamo un po’ isolati, non c’era più quel dialogo forte che secondo me è indispensabile. La partecipazione si era appiattita. Imola è sempre stata attiva, noi ci siamo chiusi troppo in noi stessi e non avevamo creato un progetto ampio e coinvolgente.
E lei da dove è ripartito per rompere questo isolamento?
Mah, innanzitutto quando uno dice “scusate, abbiam sbagliato, ricominciamo!” penso sia un messaggio forte. Poi siam tornati a rivivere le piazze, gli spazi cittadini: è stata una campagna elettorale bella, anche se faticosa. Abbiamo incontrato circa 10mila persone in circa 60 giorni. Nella chiusura della campagna elettorale mi sono commosso a ricordare mio nonno Giorgio perché non è riuscito a vedere quel momento.
Quindi i nonni non l’hanno vista diventare sindaco?
Purtroppo no il nonno materno no, ma mi hanno “accompagnato” nella campagna elettorale e in questa esperienza che per me è sicuramente molto significativa ma anche faticosa perché la politica sottrae molto tempo agli affetti personali.
È sposato?
No, neanche fidanzato. Ho avuto storie anche lunghe, ma ripeto: il tempo è poco e si finisce per sottrarlo alla vita privata. Vedo poco anche mio fratello Carlo, che però adesso vive in Irlanda.
E immagino, è stato eletto anche alla Città metropolitana!
Eh sì, ovviamente son tutti incarichi senza compensi! Oggi sono presidente del circondario imolese che comprende, come dicevo, dieci comuni e sono vicesindaco metropolitano; da un anno sono anche delegato Anci Emilia-Romagna dei giovani amministratori. Il lunedì è giornata qui in Comune; il martedì mattina giunta circondariale, nel pomeriggio giunta comunale; il mercoledì pomeriggio consiglio metropolitano, poi l’assemblea circondariale, poi gli incontri con i miei concittadini…
E nel frattempo riesce a vivere?
Sì, assolutamente. Anzi, da poco mi sono trasferito in un appartamento tutto mio…
E magari cucina anche da solo…
Cucino, stiro, lavo: faccio tutto da solo! La sera molto tardi, ma faccio tutto io. Comincio al mattino prestissimo: alle 6,30 sono già con la rassegna stampa e si va avanti a lavorare fino a sera.
Si sente mai “da solo”?
Io cerco di vedere sempre le cose in positivo. Certo, questa è un’esperienza molto pesante, un sindaco vive di relazioni personali che non sempre sono facili da gestire. Ci sono momenti in cui sei da solo e devi prendere decisioni che già sai che non accontenteranno tutti e che non saranno capite fino in fondo.
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Mamma e papà che lavoro facevano?
Papà, Pierpaolo, ha lavorato per anni come geometra in banca e poi ha preso in mano l’azienda di mio nonno. Mia mamma, Susanna, era ingegnere civile, aveva un suo studio ma quando sono nato io ha preferito fare un concorso ed è diventata dirigente in un Comune qui vicino.
Crescere in una famiglia piena di stimoli l’ha aiutata, sindaco…
Sicuramente sì. Alcuni aspetti mi hanno portato ad essere quello che sono. Ma contano anche le relazioni e gli ambienti che uno sceglie e vive.
Più della metà degli eletti delle liste a suo supporto è donna e con meno di 35 anni, un progetto di rinnovamento forte…
È un progetto congiunto di cittadinanza attiva e di rinnovamento: oggi su 16 eletti in maggioranza 10 sono donne e molto giovani. In giunta tre donne su sette componenti.
La prima telefonata da sindaco l’ha fatta a Bonaccini. Ma con la Schlein come va?
Con Stefano c’è un rapporto di lunga durata. Con la Schlein ci siamo sentiti molte volte dopo che lei è stata eletta segretaria.
Come li coinvolgiamo i giovani?
Io sono uno pratico, bisogna coinvolgerli “nel fare”, sennò si allontanano. Uso molto i social come primo approccio, rispondo direttamente, leggo tutto proprio per creare interazione, dare appuntamenti, coinvolgerli poi dopo nelle cose che facciamo. Ad Imola ci sono oltre 5mila giovani nella fascia d’età di maggiore coinvolgimento, cioè tra i 15 e i 20 anni.
Denatalità?
Siam calati di qualcosa, ma teniamo.
Accoglienza persone migranti?
Abbiamo sia un progetto del Sistema accoglienza integrazione-Sai che un Centro di accoglienza straordinaria-Cas.
Welfare?
Abbiamo puntato su un piano da 13milioni per la rigenerazione del patrimonio degli alloggi popolari. Poi sostegni alle famiglie: centri estivi, contributi affitti, asili nido per i quali abbiamo stanziato altri 90 posti, la refezione scolastica agevolata per alcune fasce di famiglia con redditi fino a 26mila euro. Altro tema, le disabilità: 3milioni di euro per 340 minori con disabilità. Poi c’è il tema della terza età, sul cui sostegno stiamo lavorando con iniziative che affiancano le fragilità più complesse. E non dimentichi che usciamo da tre alluvioni, ci sono alcune famiglie ancora molto in difficoltà.
Ho letto di investimenti “pesanti”
Abbiamo portato a casa 250milioni di euro di progettazioni su Imola e il suo circondario. Stiamo rivoluzionando la città che era ferma da anni. Il mio progetto più ambizioso è quello sul parco dell’Osservanza, ma soprattutto vogliamo dimostrare ai giovani che se ci si impegna si può cambiare.
Avete un assessore all’autodromo, vero?
Sì, d’altra parte è un bene pubblico dell’amministrazione. In maniera diretta invece mi occupo dei rapporti istituzionali e politici che gravitano intorno all’autodromo. Da poco ho incontrato il ministro degli Esteri Tajani per parlare del progetto del “made in Italy”, il gran premio dell’Emilia-Romagna è stato una grande occasione. Ho voluto rilanciare anche i grandi eventi e la multifunzionalità: il mondiale di ciclismo, la formula uno, i grandi concerti, solo per darle un’idea.
Cosa vuole fare “da grande”?
Una domanda che non mi sono posto: io ho il mio lavoro, un domani torno a farlo con la stessa umiltà di prima. Al momento, il mio focus è su Imola e vorrei fare, questo sì, il secondo mandato. Non ho l’ambizione di andare domani mattina a Roma. Io ho preso un impegno con gli imolesi, mi piace lavorare sulla concretezza e continuare a vedere le cose che crescono. Concretezza, azione e inclusività sono le tre direttrici del mio mandato. E poi questa esperienza mi sta facendo “crescere” personalmente, umanamente e professionalmente. Fare il sindaco è stata, ed è, una forte passione.
Le città dei giovani sindaci è il format di VITA che racconta i primi cittadini under 35 di città di medie e grandi dimensioni: come sono arrivati all’impegno politico? Qual è la loro formazione? Quali, le loro aspirazioni e i loro piani con particolare riguardo all’innovazione, al welfare, all’economia civile e green, all’accoglienza e alla cittadinanza attiva.
Qui la puntata precedente/segue:
Giacomo Possamai, il sindaco under 35 che mette gli anziani al primo posto
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