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Salvatore Pettinato lancia il sasso. Caro non profit, pecchi di snobismo
"Cè troppa sfiducia verso tutti gli aspetti giuridici. Ma prendere sottogamba questi aspetti si traduce in ritardi e carenze che paralizzano lattività e la possibilità di sviluppo".
Tra gli addetti ai lavori del non profit è diventata regola la sfiducia intellettuale verso leggi e aspetti giuridici del fenomeno che pure li impegna. Ed è da tempo un atteggiamento coltivato apertamente a livello politico e professionale, oltre che istituzionale, con una certa dose di snobismo.
Dietro ciò, invece, e giuro che mi dispiace ricordarmi di essere io un giurista di professione, a mio parere c?è un grave limite di cultura comune in Italia quando qualcosa la si sconosce : un limite talora dovuto a errori di impostazione che provengono dalla formazione e dall?estrazione degli “attori” prescelti, da chi ci governa, per attuare i progetti innovativi che riguardano il settore di cui sto parlando. Un ambito che trovo perfino errato considerare un “settore” perché l?area dell?intervento sociale concerne fabbisogni che, in modo diverso, riguardano sempre l?interezza della società, e non solo chi ha occasionalmente bisogno di soccorso.
Prendere sottogamba i profili giuridici che pur regolano, adesso e ora, la vita concreta, è la premessa per tutti i ritardi e le carenze che si accumulano con gravità in qualunque comparto.
Ai tempi dei lavori della nota legge Zamagni, questo della minorità valoriale del diritto puro, rispetto alle esigenze dell?economia politica reale, fu un motivo dominante che preoccupò i più attenti.
Il risultato fu una legge di grandi speranze congedata con sufficienza, zeppa di regole poco coordinate con il resto del sistema che è rimasta, nei fatti, oltre che applicata ancora timidamente, estranea alla sensibilità operativa di troppi ambiti pubblici decisivi per il Terzo settore. Con la conseguenza che su quella legge, eccettuata la novità mal gestita in sé dell?esistenza delle onlus (su cui gli errori non si contano, a cominciare dalle politiche di cancellazione dagli elenchi recentemente avviate dall?Agenzia delle Entrate, con rischi enormi di responsabilità patrimoniali per i poveri amministratori spesso incolpevoli) si continuano a registrare equivoci e pause imbarazzanti senza uguali.
Tutto il non profit continua a trovare nella sua sede di regolamentazione legale, chiamiamola così in modo andante, un ambito cenerentola: il che è un fattore negativo che indebolisce, a prescindere dal denaro investito dallo Stato, l?intero settore, ad onta delle dichiarazioni facili con cui i politici, e non solo, fanno facilmente belle figure in pubblico, dichiarando che l?area in parola “va aiutata” per motivi morali. Ma sono dichiarazioni troppo facili, buone per chiudere i convegni o le interviste .
Chi avesse voglia di fare considerazioni storiche non potrebbe trascurare il fatto che di riforma del Codice civile, delle sue quattro regolette destinate ad associazioni e fondazioni, si parla da decenni senza effetto alcuno, e succede allora che, al di là dei vizi di questa o quella legge speciale, le “piccole quattro norme” concepite nel 1942, in un tempo in cui la gestione privata di fattori di interesse sociale era rara e vista con sospetto o con ostilità culturale (e politica), dovrebbero oggi regolare giuridicamente i problemi di organizzazioni di 500mila soci (come il Touring o il WWF), o di portata anche internazionale, come Medici senza frontiere o l?Unicef ; dove, cioè, le strutture associative nazionali sono espressione di posizioni e idee concepite con scopi complessi che trascendono le nostre leggi.
Non c?è bisogno, credo, di citare le varie norme introdotte per tipologie sconosciute al sistema legale generale (organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, fondazioni bancarie, Ipab privatizzate), insieme al silenzio su realtà incontenibili come le fondazioni di partecipazione o “di tipo associativo”, con la generazione di nuove figure di attivisti importanti, quali gli aderenti, i partecipanti e così via.
Venendo a questi giorni, oltretutto, se è vero che siamo alla vigilia (lunghissima vigilia peraltro) di un evento giuridico enorme, su cui non ci si è risparmiati nelle operazioni di clamore a mezzo stampa e tv, basate su prime attestazioni di primissimo impatto, e mi riferisco alla redazione della normativa sull?impresa sociale, nessuno di coloro che operano ad alto livello nel sistema politico in carica dovrebbe lasciare qualcosa di intentato in merito agli sforzi di ridisegnazione complessiva della materia, con cui regolare nei dettagli applicativi rapporti quale quello tra fini e oggetto dell?ente non profit, per citare solo un tema. Con la recentissima riforma tributaria Tremonti si è cominciato malissimo, se è vero che nessuna norma innovativa per il non profit è stata nel suo contesto ipotizzata (nonostante gli imbarazzi post legge sulle onlus e le grandi attese esistenti ).
Le organizzazioni di rappresentanza del Terzo settore dovrebbero al riguardo essere pressanti in tutti i luoghi utili, a cominciare dagli ambiti governativi e a finire con l?Agenzia per le onlus che può essere, stando alle norme di legge che ne regolano i compiti e il funzionamento, uno dei siti principali per governare il tema.
A cosa si assisterà continuando così, alla consueta elegantissima inerzia di chi ha classe e non vuole sudare?
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