Inclusione

Cancro e lavoro, prove di cambiamento

In occasione del World Cancer Day, un evento di The Human Age Institute, la fondazone di Manpower, sui progetti e le buone pratiche inclusive lavorative per i malati o gli ex malati di tumore. I risultati del progetto "Work is progress", con Fondazione SoleTerre e Afol e la legge sull'oblio oncologico

di Giampaolo Cerri

Quanta strada è passata. Nel giorno del World Cancer Day, la giornata internazionalmente dedicata al cancro e alla necessaria sensibilizzazione su questa patologia ma soprattutto sugli ammalati, sui loro bisogno e sui loro diritti, inevitabile pensare che di passi ne sono stati fatti. Non sono infatti lontani i tempi in cui si parlava, abbassando la voce, di “brutto male”, perché lo stigma che il tumore si portava dietro era più potente della solidarietà verso la persona che ne era colpita.

Non è solo questo, ovviamente. Oggi per fortun, dinnanzi a 395mila nuove diagnosi di cancro nel 2023 (208mila uomini e 187mila donne), dati in costante aumento, riscontriamo una crescente cronicizzazione della malattia, con tassi di sopravvivenza fino a non molti anni fa insperati, ci siamo già spostati verso l’inclusione lavorativa. Coopera al bene l’oblio oncologico, finalmentelegge dello Stato dal 5 dicembre dell’anno scorso.

Paziente o ex-paziente verso il lavoro

Dell’ex-paziente oncologico al lavoro, della possibilità di reinserirlo in azienda, nei processi produttivi, gli stessi che ha frequentato fino l’insorgere della malattia, o altri, nuovi, più adatti alle sue nuove condizioni di salute, si è parlato lunedì scorso – il primo utile dopo la Giornata – in un interessante seminario proposto a Milano da The Human Age Institute, fondazione di impresa del Gruppo Manpower, uno dei più grandi player italiani della consulenza nel campo delle risorse umane. Una riflessione a più teste – politica, amministrazioni pubbliche, aziende, associazioni – con il confronto di vari professionisti delle human resources, le “hr”.

Perché Work is progress

Anzi, proprio per ragionare di casi concreti, di esperienze in atto, la The Human Age Institute e Fondazione Sole Terre, attiva in tanti progetti inclusivi nel campo della salute, hanno parlato di Work IS progressInclusione sociale e lavorativa, progetto comune, condiviso con l’Agenzia per la formazione e l’orientamento al lavoro – Afol metropolitana di Milano, e co-finanziato da Fondazione Cariplo.

Un progetto importante che, ci spiega, Stefania Grea, segretaria generale della fondazione, «ha coinvolto 33 persone, di cui 25 donne e 8 uomini, ancora giovani, nel 39% dei casi tra i 31 e i 50 anni e nel restante 61% over 60. Il 34% delle persone in carico ha visto l’attivazione di un contratto di lavoro finora, perché altre persone sono in fase di selezione su posizioni di lavoro in questi giorni».

Stefania Grea, segretario generle The Human Age Institute con la senatrice Elena Murelli

Un programma dall’approccio multidisciplinare, soprattutto «nelle attività di supporto all’inserimento lavorativo di malati ed ex-malati oncologici», ha spiegato Valentina Valfrè, responsabile Work IS Progress, «e che parte dal presupposto che la fragilità causata dalla malattia impone di lavorare innanzitutto sull’occupabilità delle persone. Per questo, al centro del nostro intervento c’è l’ascolto e il lavoro in rete, per conoscere i bisogni di chi si rivolge a noi e le risorse che è in grado di attivare, andando a co-costruire insieme un percorso personalizzato di crescita ri-definizione del proprio progetto professionale, anche attraverso l’offerta di servizi di sostegno piscologico e supporto legale». Supporto legale perché, anche se come si diceva all’inizio tanti passi sono stati fatti, quando invece di tornare al lavoro si deve richiedere una pensione di invalidità, ingaggiare dei corpo a corpo con le burocrazie può essere davvero un peso eccessivo.

Le voci dei professionisti

Tante voci dei professionisti delle risorse umane, si diceva.

Quelle di Maria Rita Fortunato, di Nexumstp, di Stefano Conti di Tranitalia, di Donatella de Vita di Pirelli, di Chiara Piscitelli di Asco Filtri, Elisabetta Capani di Enel. Figure, come Clemente De Lucia di Manpower, anche specificatamente dedicate all’inclusione e alla disabilità. O le voci di chi opera per l’inclusione di questi lavoratori dalla parte pubblica, come Luciana Nanotti, del Servizio Inclusione Sociale Afol metropolitana o ancora, infine, di chi lavora ai programmi come questo in Fondazione Cariplo, dal lato del co-finanzaimento, come Viviana Bassan.

Né sono mancati anche i professionisti, come Mara Mussoni, che del cancro, subìto e sconfitto per ben due volte, hanno fatto un lavoro: la cancer coach, ossia accompagnano un paziente ad affrontare la malattia, insegnando ad attingere da tutte le proprie energie e facendo tutto quello che c’è da fare. Non l’epica della lotta all’intruso, l’estetica guerresca e senza confini, ma semmai l’avvertita convivenza, la forza del realismo, l’attingere laddove è, alla forza gentile. Oppure Milena Maiorano, artista che, per le donne colpite dal cancro e insieme a loro, ha creato un libro illustrato.

Uno dei panel dell’evento di Fondazione Human Age Institute a Milano, il 5 febbraio scorso

Ruoli differenti, medesima direzione

Tutti a dimostrare che quella dei malati e degli ex-malati di cancro è un’inclusione possibile. «Abbiamo beneficiato di questi incontri con persone per le quali abbiamo realizzato percorsi sartoriali per ognuno di loro», ha raccontato Nanotti, sottolineando come l’esperienza abbia arricchito quanti, nell’Agenzia, ci avessero lavorato.

Molti a spiegare come il re-skilling, il riprovvedere il lavoratore delle le abilità perdute durante l’affronto della malattia, non sia sempre possibile e di come sia necessario immaginare vie nuove. Fasi delicatissime, anche per chi sta da questa parte della scrivania: «Provate a immaginare cosa significhi dire a un macchinista che non sarà più un macchinista», ha detto Conti, capo del personale, si sarebbe detto una volta, di 24mila persone in Trenitalia, di cui oltre 20mila impegnate nei processi operativi, «vuole dire spesso intaccare una passione».

La creativa Roberta Ragona ha illustrato in diretta i lavori

Senza dimenticare che sovente il lavoro è “la” terapia, come ha sottolineato la presidente di The Human Age Institute, Anna Gionfriddo, che è anche ceo di Manpower: «Nel 1945 il fondatore del nostro gruppo individuò la finalità della nostra azienda nell’aiutare le persone a trovare un lavoro significativo e sostenibile», ha detto «e oggi, con la nostra Fondazione Human Age Institute, mettiamo al centro le persone e supportiamo progetti che possano realmente includere in percorsi verso il ritorno al lavoro chi ha dovuto allontanarsene – o non è mai riuscito ad avvicinarsi – per una fragilità. Come in questo caso, in cui orientamento e formazione finalizzate all’inserimento lavorativo diventano le leve per poter riattivare energie vitali, in un ambito nel quale il lavoro è terapeutico».

Bilanci e speranze

Insomma, uscendo dal bel palazzo di Manpower a Milano – a due passi dalla circonvallazione interna quella che abbraccia la città ottocentesca – non faceva difetto in nessuno ottimismo. Ora che, e torniamo all’inizio, una persona che abbia avuto il cancro e ne sia guarito, non è più marchiato a vita, grazie a ciò una legge di buon senso prima che di civiltà oggi consente. Onore a chi come la senatrice Elena Murelli, della Lega – perché le appartenenze vanno sempre riportate, nel bene e nel male – ci aveva già provato nelle passate legislature, come lei stessa ha ricordato aprendo l’incontro, con la giusta fierezza di chi ha fatto una cosa buona per i suoi concittadini.

La foto in apertura è di  Rocco De Benedictis per Agenzia Sintesi.


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