Volontariato
Wto: il testamento di Lee
Il sindacalista coreano si è tolto la vita due giorni fa con un coltellino svizzero: "ho fallito, come ha fallito la maggior parte dei dirigenti contadini negli altri paesi"
E’ un testo che Lee Kyang Hae, il sindacalista sudcoreano suicidatosi a Cancun due giorni fa, ha scritto in occasione delle proteste di Ginevra, nella primavera scorsa, ma si puo’ considerare il suo testamento. Lo pubblica il quotidiano messicano ‘La Jornada’, grazie ad un fotografo che e’ riuscito a fare dodici scatti che documentano tutta la sequenza del suo suicidio. Atto praticato con un coltellino svizzero, di quelli multiuso, e non con un pugnale orientale come si era detto in un primo tempo. Lee ha consegnato il testo al fotografo il giorno prima di ammazzarsi, in un incontro casuale. Leggendolo si capisce il dramma di un dirigente sindacale che, dopo aver dedicato tutta la vita alla difesa dei contadini e degli allevatori, si vede impotente di fronte alle devastazioni causate alla sua gente dall’abolizione repentina dei dazi doganali sui prodotti agricoli.
”Ho 56 anni -esordisce Lee- sono un fattore della Corea del Sud: abbiamo tentato di risolvere i nostri problemi da soli, con una grande speranza nelle organizzazioni contadine. Cio’ nonostante, in generale ho fallito, come ha fallito la maggior parte dei dirigenti contadini negli altri paesi”. ”Poco dopo la firma dell’Uruguay Round (il negoziato del General Agreement on Tariffs and Trade che diede origine alla World Trade Organization, nata nel 1995, ndr) -continua il sindacalista- noi, i contadini coreani e io, ci rendemmo conto che il nostro destino non era piu’ nelle nostre mani”.
”In piu’ -si legge ancora- impotenti, non abbiamo potuto fare nulla piu’ che vedere arrivare le onde che distruggevano le nostre comunita’ rurali, radicate nel territorio da centinaia di anni. Ho tentato di individuare le vere ragioni che spieghino la sorgente della forza di queste onde. Sono arrivato alla soluzione, qui a Ginevra, alla porta della Wto, e sto gridando a voi (ai responsabili dell’Omc, contro i quali stava conducendo uno sciopero della fame, ndr) le parole che mi ribollono nell’animo damolto tempo”. ”Per chi state negoziando ora? -chiede Lee- Per il popolo o per voi stessi?”. Lee punta il dito sulla riforma agricola coreana, ispirata ai dettami neoliberisti, che ha aperto le frontiere e aumentato la produttivita’ di alcune aziende agricole. Ma l’incremento, continua, ”semplicemente ha aggiunto piu’ volume in un mercato a offerta sovrabbondante, nel quale i beni importati hanno occupato la fascia dei prezzi piu’ bassi”.
Il problema e’ che, in osservanza ai dettami neoliberisti, ai contadini coreani non venivano e non vengono dati sussidi sufficienti per reggere la concorrenza dei prodotti occidentali, sussidiati a piu’ non posso: ”A volte -ricorda Lee- si sono registrate cadute nei prezzi quattro volte superiori al normale. Quale sarebbe la tua reazione se il tuo stipendio all’improvviso si riducesse del 50%, senza che che tu ne comprenda il motivo?”. Lee descrive poi il disastro causato da queste politiche nelle sue amate campagne (era un allevatore, e aveva lasciato le sue vacche per dedicarsi all’attivita’ sindacale): fattorie abbandonate, emigrazione nelle citta’, debiti e bancarotta per chi resta attaccato alla terra dei suoi avi.
”Una volta -ricorda il sindacalista- sono accorso ad una casa in cui un contadino si era tolto la vita bevendo del veleno per i debiti che non poteva pagare. Non ho potuto fare altro che ascoltare le urla di dolore della moglie. Come ti sentiresti al mio posto?”. ”Quando vedo questo disastro -continua Lee- penso alle persone grasse che vivono nelle citta’ dell’Occidente. Carita’? No, lasciateci tornare a lavorare! Gli esseri umani sono in pericolo, a causa della mancanza di controllo sulle multinazionali e su un manipolo di funzionari della Wto che ci portano ad una globalizzazione inumana, esiziale per l’ambiente, assassina e antidemocratica. Devono fermarsi subito, perche’ senno’ la logica falsa del neoliberismo uccidera’ la diversita’ nell’agricoltura, il che sarebbe un disastro per tutti gli esseri umani”.
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