Volontariato
Ributtanti sarete voi
La città veneta ha già deciso. Prima era arrivata Trieste. E Rovigo e Treviso sono pronte ad adeguarsi (di Giuseppe Frangi e Paolo Manzo).
“E i mendicanti girano i tacchi”. Titolava così, il giorno dopo l?ordinanza anti accattonaggio del sindaco Enrico Hüllweck, il locale Giornale di Vicenza. Anche le parole, insomma, si sono subito conformate ai fatti.
In conferenza stampa, mercoledì 3 settembre, si erano sentite sulla bocca del primo cittadino vicentino parole che non lasciano spazio a interpretazioni: “Percezione negativa di fastidio”; “disturbo”; “danno al decoro della città”; sino a quel “ributtante” che, forse per un sussulto inconsapevole di dignità, nel testo distribuito alla stampa era diventato “riluttante”.
E chi sarebbero i responsabili di un tale disastroso effetto sulla convivenza civile? Loro, i mendicanti. Anzi, tout court, i professionisti dell?elemosina. Per dirla con i numeri della locale Caritas, tenuta all?oscuro di questa decisione del sindaco, sono certamente le 376 persone che tra il 31 ottobre 2002 e il 31 marzo 2003 si sono avvalse degli aiuti, del cibo, dei vestiti, dei letti per dormire messi a loro disposizione. Tra loro sono tante le donne, ben 121.
“I poveri che abitualmente chiedono l?elemosina non arrivano a più di una ventina in città”, ribatte Sante Sarracco, presidente del Consiglio comunale vicentino. Ma allora, perché varare quell?incredibile ordinanza?
Sarracco allora corregge il tiro: “Nel corso centrale di Vicenza, qualche giorno fa, siamo arrivati a contarne anche otto o dieci. E molti cittadini sono venuti in Comune manifestando il loro fastidio”.
Il giorno dopo
Mentre in piazza a Vicenza un gruppo di ragazzotti inglesi, lasciati a piedi dalla loro auto, rischiavano di essere le prime vittime dell?ordinanza (per aver chiesto spiccioli ai passanti hanno rischiato una multa che poteva arrivare fino a 500 euro?), il caso montava sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali.
Ilvo Diamanti, dalle colonne di Repubblica rivelava che già Trieste, qualche mese prima, aveva preso un provvedimento del genere. Invece da Rovigo e ovviamente dalla Treviso di Gentilini sono arrivati segnali di premuroso interesse. Vicenza rischia di scatenare una valanga di nuovo e inedito razzismo, davanti al quale c?è chi inizia a mostrare seria inquietudine.
L?assessore dice no
Come, per esempio, Antonio De Poli, assessore ai Servizi sociali in Regione, un personaggio da anni attivissimo nel lavoro con le associazioni e la società civile. “Sono davvero perplesso”, dichiara a Vita De Poli, che politicamente è della stessa area del sindaco di Vicenza. “So, in base a rapporti che abbiamo dalla Caritas vicentina, di molti casi di nuovi poveri. E negli ultimi tempi, nel cosiddetto asilo notturno (un posto dove trovano rifugio i senzatetto), cominciano a esserci decine di persone normalissime – da imprenditori a liberi professionisti, da lavoratori dipendenti a autonomi – che, per una serie di circostanze, si sono trovati senza lavoro”.
Anche nel ricco Nord-Est, per altro attraversato nell?ultimo anno da una crisi preoccupante, la povertà ha volti inediti e nuovi. “Si tratta di persone che si sono ritrovate fuori da ogni realtà”, spiega De Poli, “e sono entrate nella rete di solidarietà e protezione della Caritas, mentre, sino a pochi anni fa, c?erano solamente i cosiddetti mendicanti o barboni che dir si voglia”.
Un caso nazionale
Da Roma si leva, più addolorata che scandalizzata, anche la voce di don Vittorio Nozza, presidente della Caritas italiana. Sul tavolo ha il rapporto che gli hanno fatto avere da Vicenza. “Mi colpisce che un fatto come questo venga da una terra in cui le esperienze del volontariato sono sempre state così forti. Ma quella scelta dalla giunta di Vicenza è la strategia del tappeto: si nasconde tutto ciò che è scomodo e che è fuori posto. Che modo è di governare questo?”.
Ma dicono che la scelta del sindaco sia stata dettata dalle pressioni della gente. È credibile? “Purtroppo sì”, dice don Nozza, fuori da ogni retorica. “Purtroppo ci troviamo davanti una realtà che è contrassegnata da una diffusa ricchezza, ma che è incapace di costruire una convivenza dignitosa per tutti. C?è la marcatura di uno stile di vita che diventa criterio assoluto. E che censura le domande che si alzano da situazioni di disagio estremo. E oltretutto si tratta di una strategia inefficace”.
In quale senso, don Nozza lo spiega subito: “È un?illusione pensare alla sicurezza se si smantellano le reti di solidarietà. Il territorio sicuro è il territorio solidale, non ci sono altre ricette”.
Ma per giustificare l?ordinanza si parla di professionisti dell?elemosina, di gente che è prigioniera di veri racket e che in questo modo verrebbe aiutata a liberarsi. Quindi fare l?elemosina è peggio che non farla? “Noi abbiamo sempre detto che la semplice elemosina può essere insignificante”, continua don Nozza. “Può essere una risposta immediata a un bisogno estremo. Ma poi è la prossimità, la rete solidale che garantisce un aiuto vero. Ed è anche il miglior antidoto contro ogni racket”.
Giuseppe Frangi e Paolo Manzo
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