Giovani
Servizio civile, parlano i giovani: esperienza di valore, ma troppa burocrazia
Pubblicati online i risultati dei questionari che il Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale ha sottoposto ai giovani nel 2023. A rispondere poco più del 30% dei 47.771 volontari in servizio che al 95% lo consiglierebbero agli amici. Abbiamo parlato dei dati emersi con Laura Milani, presidente della Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile - Cnesc
Rilevare la soddisfazione e conoscere le motivazioni che hanno spinto i giovani a scegliere il Servizio civile universale. Questi alcuni degli obiettivi del Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale che nel corso del 2023 ha condotto un’indagine tra i giovani in servizio nel corso dello scorso anno.
I risultati sono stati resi noti in questi giorni e raccontano di un giudizio positivo espresso dall’83% dei giovani intervistati, mentre quasi la totalità (95%) consiglierebbe agli amici di fare l’esperienza del Scu.
L’indagine
A essere coinvolti nella rilevazione – nell’ambito del primo ciclo di Scu Pnrr – sono stati 47.771, ma a compilare i questionari sono stati in 14.417, poco più del 30%. Si tratta per lo più di universitari, quasi il 60% di chi ha risposto è laureato o iscritto a un corso di laurea o master.
Nel commentare alcuni dei dati emersi, Laura Milani, presidente della Conferenza nazionale enti Servizio civile – Cnesc, di fronte al dato che quasi la metà (49%) dichiari di aver conosciuto il Scu grazie al “passaparola” «ripone al centro l’importanza di comunicare l’esperienza. È un dato che riscontro anche nella mia organizzazione (la Papa Giovanni XXIII- ndr.), ma ci dice anche che gli altri canali di comunicazione non sono sufficienti. L’orientamento a scuola o in università non è strutturato. E in questi ambienti l’informazione non arriva ai giovani».
Analizzando poi le motivazioni emerse: per la gran parte (64%) le ragioni della scelta risiedono nel voler fare nuove esperienze e per il 45% la finalità è quella solidaristica, se il primo commento è che «rispecchiano l’esperienza personale di chi ha risposto». Approfondendo, Milani sottolinea che queste ben si integrano con altri dati che raccontano come i giovani in servizio civile «siano spinti dal volersi mettere in discussione, capire quale è il loro posto nel mondo e soprattutto la voglia di fare qualcosa per gli altri. Del resto» aggiunge «moltissimi giovani sperimentano una crescita personale durante il servizio e molti ci hanno detto “È un anno che ci ha cambiato la vita”».
Il valore delle competenze certificate
I giovani intervistati hanno espresso il loro gradimento anche sulla valorizzazione dell’esperienza di servizio civile. L’84% di loro ha valutato positivamente il riconoscimento delle competenze acquisite attraverso attestati, mentre l’acquisizione di crediti formativi viene apprezzata dal 75%.
«C’è attenzione al tema, ma c’è ancora della strada da fare per arrivare alla certificazione. È un percorso da fare. Soprattutto nel certificare quelle competenze trasversali tipiche del servizio civile che per noi sono quelle di una cittadinanza attiva. È un positivo richiamo alle istituzioni per far sì che questo riconoscimento divenga effettivo».
Per i giovani c’è troppa burocrazia
Dai questionari compilati arrivano anche alcuni suggerimenti: una riduzione della burocrazia (indicato dal 33%), ma anche il miglioramento tecnico della gestione delle candidature (31%), non mancano poi osservazioni sulla piattaforma Dol del dipartimento che i giovani vorrebbero più veloce e intuitiva (12%), mentre quasi il 20% chiude un maggiore supporto per essere orientati nella scelta dei progetti potenziando le modalità di contatto con gli enti.
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«Anche noi come enti condividiamo la necessità di una semplificazione e una sburocratizzazione del processo» osserva Milani. «La digitalizzazione è certamente positiva, ma questo passaggio ha tolto la relazione con gli enti che serviva a orientare i giovani e che credo vada recuperata».
Per la presidente della Cnesc l’aver fatto l’indagine è positivo, ma per lei «il questionario potrebbe essere realizzato anche con gli enti e dovrebbe essere fatto periodicamente. Quello che abbiamo qui è un campione di giovani che viene dalla Pandemia, sarebbe interessante verificare nei prossimi anni».
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