Formazione

Dopo l’alluvione di fine agosto. Friuli: temiamo solo la solitudine

Le frane della Val Canale hanno ancora una volta mostrato la tempra dei friulani. Che hanno bisogno però della vicinanza di tutti. Le iniziative di caritas e tg5.

di Gabriella Meroni

L?alluvione che gli ha sventrato la chiesa, la notte del 29 agosto, don Mario Gariup la conosceva già. Ci si stava preparando. Con il suo fantasma, per lo meno, ci conviveva almeno da quando – un mese, forse più – stava preparando le celebrazioni per l?anniversario dell?alluvione che esattamente cent?anni fa, il 13 settembre 1903, aveva colpito il suo paese, Ugovizza, e che solo per un miracolo non aveva fatto una strage. Imprevedibilmente, l?alluvione aveva deciso di tornare. Poco prima della sua festa. Improvvisa, violenta, turbinando giù dalla Vetta Secca per i 20 chilometri della Val Canale, travolgendo la statale 13, sei comuni e quella stessa Ugovizza che nel 1903 si era tutto sommato salvata. Come oggi. La mattina del 1° settembre si sono fatti i conti dell?alluvione in Friuli: due morti (Bruno Urli di 58 anni e Gertrude Schnabl, di 52), un miliardo di euro di danni, 600 sfollati, 23mila ettari di bosco allagati. “Il governo dichiarerà lo stato di emergenza e stanzierà fondi per la ricostruzione”, prometteva il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Che poche ore dopo, sorvolando la zona del disastro, aggiungeva: “Da quanto si può vedere, i danni sono davvero ingenti”. L?impressione dall?alto è confermata dal basso, dove la rete Caritas, ancorata alle parrocchie, si è subito data da fare con un monitoraggio della situazione e l?avvio di una raccolta fondi. “Al di là dei danni alle persone e alle case, lo spettacolo del pantano causato dal disastro è impressionante”, sono le parole di don Luigi Gloazzo, direttore della Caritas di Udine. Cui fa eco il vicedirettore, Paolo Zenarolla, in visita alla valle: “La gente aspetta con ansia la possibilità di rientrare per mettere in salvo le proprie cose. I friulani non si piangono addosso, quindi c?è già chi ha messo mano alla pala. Il morale è buono pur nella consapevolezza della gravità della catastrofe”. Ad andare distrutte, infatti, non sono state solo le abitazioni ma anche decine di officine, negozi, attività commerciali, garage di spedizionieri che qui, a pochi chilometri dal confine austriaco, costituiscono il tessuto economico. Colpito dall?entità dei danni, anche il Tg5 ha deciso – come già aveva fatto con altre emergenze nazionali – di lanciare una raccolta fondi in aiuto delle popolazioni colpite (vedi sotto). “La dignità dei friulani e il loro voler sempre ricominciare potrebbe far correre il rischio di sottovalutare quello che è successo qui”, ha spiegato Toni Capuozzo del Tg5 dal luogo del disastro. Un rischio che esiste, secondo la Caritas? “Non direi”, risponde Zenarolla. “È vero che noi friulani ci rialziamo sempre, ma da soli non possiamo farcela. Non siamo stati soli dopo il terremoto, e abbiamo ricostruito; non siamo soli oggi, e ricostruiremo anche stavolta”. Un appello che non andrà a vuoto quante più persone daranno una mano. Così, quando il 13 settembre in Val Canale si ringrazierà la Madonna con una processione per lo scampato pericolo di cent?anni fa (anche allora la montagna reclamò due vite, altra analogia con l?oggi), la gente avrà da ringraziare, oltre alla Vergine, anche qualche milione di italiani.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA