Formazione

Scuola e disagio: arrivano gli psicologi in aula. L’ora del professor Cic

La sigla sta per centro di informazione e consulenza, la risposta che ogni istituto dà al disagio dei ragazzi.

di Benedetta Verrini

La scuola italiana va dallo psicologo. In questo inizio d?anno scolastico, partito con il rombo polemico dei tanti (troppi) insegnanti ancora precari e con le famiglie alle prese con il caro-libri e la miriade di offerte formative messe in campo dall?autonomia scolastica, il tema della fragilità dei ragazzi sembra essere rimasto sottotraccia. Eppure, il disagio psicologico è un aspetto sempre più diffuso tra i banchi. Al punto che negli istituti scolastici italiani l?offerta di un ?supporto specializzato? è ormai la regola. “Si chiama Cic, Centro di informazione e consulenza”, spiega il professor Angelo Scarpat, preside del liceo classico e linguistico Crespi di Varese. “È un istituto previsto dalla legge, da quando è stata eliminata la figura del medico scolastico. Potremmo definirlo come uno sportello di ascolto degli studenti, ma anche uno spazio di prevenzione e informazione sui temi della sessualità e delle dipendenze, oltre che di dialogo tra famiglie e insegnanti. Ogni scuola, nell?ambito dell?autonomia, ha modulato questa offerta in base alle proprie esigenze: alcuni istituti puntano sulla prevenzione della droga e della dispersione. Il nostro istituto punta sulla qualità del rapporto con i docenti e sull?aiuto ai ragazzi che hanno problemi familiari o relazionali”. In effetti, l?offerta è davvero diversificata. Basta una ricerca su Internet per capire che ogni scuola ha disegnato il Cic nel modo più diverso: psicologi con orari di ricevimento settimanale, docenti-tutor, sportelli sul disagio, sulla sessualità, forum sull?immigrazione, persino teatro. Dietro a tutta questa – forse caotica – offerta, il disagio c?è. Il bullismo è segnalato come uno dei fenomeni più preoccupanti, ma anche la dispersione, il disagio adolescenziale, la difficile relazione con i genitori. Una famiglia su quattro, ad esempio, quest?anno ha scelto il tempo prolungato per i propri figli, quasi la scuola fosse diventata una zona franca cui lasciarli per la maggior parte del tempo. “La tendenza a delegare alla scuola responsabilità educative c?è” dice Claudia Mattei, psicologa di riferimento in una scuola elementare di Milano. “La frase più ricorrente, da parte dei genitori, è: ?Mi dica come devo comportarmi?. È come se fossero spaesati, e si aspettassero una sorta di vademecum per gestire i propri figli. Il nostro lavoro, in questo caso, è aiutarli a trovare in loro stessi le risorse per educare i figli”. Non sarà un caso, forse, se il 20% dei ragazzi delle scuole superiori lombarde, nel corso di una ricerca sul disagio svolta dalla fondazione Iard, ha dichiarato di ritenere “molto importante” che i genitori “diano regole chiare” (e la maggioranza, il 55,2%, ha barrato la casella “interessarsi ai miei desideri, sentimenti, opinioni”).Come dire: ascolto e regole. Nel caso delle scuole materne, l?intervento degli psicologi è esclusivamente sulle famiglie e sugli insegnanti. “Lavoriamo sulla prevenzione, spiega Salvatore Famiglietti, dirigente scolastico di un Istituto comprensivo di scuola materna, elementare e media a Settala, in provincia di Milano, che ha avviato con successo un progetto di ?psicologia scolastica?. “I bambini più piccoli, spesso, hanno problemi di apprendimento”, prosegue Famiglietti, “Difficoltà psicologiche o, se sono presenti stranieri, di integrazione. I nostri psicologi fanno un lavoro di mediazione tra famiglie e insegnanti”. Una responsabilità difficile, che a volte cozza con la negazione dei problemi: “Quante volte capita, specie nel campo della sessualità, che il genitore rifiuti un problema”, commenta Mari Rosaria Palleschi, psicologa impegnata in diversi distretti dell?hinterland di Milano. “Oggi i ragazzi vivono uno sviluppo precoce sul piano fisico, ma non su quello psicologico. Molti chiedono aiuto riguardo ai comportamenti da tenere di fronte all?iniziativa dei coetanei: hanno difficoltà a distinguere le condotte lecite e quelle illecite. Da questo punto di vista, bisogna lavorare con i genitori e gli insegnanti perché imparino ad essere punti di riferimento non giudicanti”. Loro, gli insegnanti, il disagio lo vivono nell?incapacità di leggere i ragazzi, e di gestire classi sempre più violente e irrequiete. Emerge dalle conclusioni del corso online organizzato dall?ufficio scolastico regionale per la Lombardia e dall?associazione L?amico Charly, che l?anno scorso si è proposto come un sostegno proprio sulla questione del disagio. Arrivano gli psicologi, ma loro restano gli interlocutori preferiti dei ragazzi: il 53,8% li sceglie “spesso” per parlare dei suoi problemi personali.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA