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Usa: famiglie vittime 11/9 protestanoa Ground Zero

I familiari delle vittime del World Trade Center hanno manifestato a Ground Zero il dolore e la rabbia perché i piani di ricostruzione non rispettano la sacralità del luogo

di Redazione

Due anni dopo la strage, la ferita é ancora aperta sulla punta sud di Manhattan, ma è ancora aperta soprattutto nel cuore di chi ha perso un marito, un compagno, un padre o una madre negli attentati dell’11 settembre. Ieri un gruppo di familiari delle vittime del World Trade Center hanno manifestato a Ground Zero il dolore e la rabbia perché i piani di ricostruzione non rispettano come dovrebbero la sacralità di quel luogo. Armati di cartelli e striscioni un piccolo gruppo familiari hanno bloccato oggi sotto una pioggia battente l’ingresso principale alla voragine dei camion dei costruttori, accusando la città e lo stato di New York di aver sacrificato le promesse fatte dopo la strage sull’altare del ‘la vita continua’. “Non importa se ci arrestano”, ha detto Beverly Eckert, una vedova la cui vita ha subito un drammatico stop quando il marito Sean, 50 anni, consulente della Aon Corporation, è stato inghiottito dal crollo della Torre Sud del World Trade Center, la seconda ad essere colpita dai terroristi ma la prima a venir giù in un cumulo di macerie. Due anni dopo la strage, la ricostruzione di Ground Zero procede, sia pure a passo di lumaca. Una nuova stazione per i treni dei pendolari del New Jersey sta lentamente prendendo forma. Comune di New York e amministrazione dello stato hanno deliberato che il progetto dell’architetto Daniel Libeskind resterà sostanzialmente intatto, mentre una giuria sta esaminando i 5.200 progetti per il memoriale che ricorderà le vittime. Ma per Beverly, che era al telefono con Sean quella mattina di settembre quando all’improvviso la comunicazione si è interrotta e la torre è crollata, i piani di rinascita di Ground Zero si scontrano con il bisogno di ricordare per sempre. Per lei e per gli altri familiari, Ground Zero è una tomba a cielo aperto e la decisione di picchettarlo è “un gesto estremo, un gesto a cui nessuno avrebbe voluto ricorrere”. E’ un atto di disobbedienza civile diretto soprattutto contro il governatore dello stato di New York George Pataki che, agli occhi dei familiari, ha “rotto la promessa” di preservare l’area di Ground Zero in cui è stato ritrovato il maggior numero di resti umani. Un ettaro e mezzo di terra sacra separa i familiari delle vittime dai piani per la ricostruzione: i parenti delle vittime vorrebbero preservare l’impronta delle torri per sette piani in profondità sotto il livello della strada contro un memoriale di appena tre piani previsto nei progetto ufficiale approvato. Ma la protesta di chi è ancora in lutto si scontra con le forze che premono per far rivivere di Ground Zero: “Il sito del World Trade Centre ha molte funzioni. Quella del memoriale è importante, ma non è l’unica”, ha affermato Carl Weisbrod, presidente della Downtown Alliance, che rappresenta le attività commerciali della punta sud di Manhattan. Weisbrod è l’anima della Manhattan che vuole voltare pagina. Ma per i familiari delle vittime voltare pagina è difficile. Ed é forse per questo che appena l’11 per cento dei 406 poliziotti, paramedici e vigili del fuoco morti nell’attacco non hano ancora fatto domanda per ottenere i sussidi previsti dal Fondo federale di risarcimento per l’11 settembre. C’e chi aspetta a sfogare dolore e rabbia in un’azione legale, chi non è ancora uscito dal periodo del lutto più profondo. “Non sono ai soldi a cui penso. Penso al memoriale per la gente morta nelle stragi”, ha spiegato al quotidiano Newsday Jack Lynch che l’11 settembre ha perso il figlio Michael, un pompiere. E’ bassa, ma non così bassa, la percentuale di quanti hanno fatto richiesta di risarcimento a livello nazionale: delle oltre 3.000 vittime alle Torri Gemelle, del Pentagono e dell’aereo precipitato in Pennsylvania, 1.258 hanno finora chiesto i sussidi.


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