Famiglia
Adozioni, fine corsa: il 2023 peggio dell’anno del Covid
Sono state 478 le adozioni internazionali concluse nel 2023, ancora meno di quelle dell'anno del Covid, quando si fermò il mondo. Per la prima volta scendiamo sotto quota 500. Ogni anno davanti a numeri sempre più piccoli, ripetiamo le stesse analisi. Le adozioni le vogliamo davvero salvare?
Il vicepresidente della Commissione Adozioni Internazionali aveva messo le mani avanti già a ottobre, in un’intervista a VITA: «Il 2023 sarà l’anno con i numeri più bassi di sempre». Forse però tanto bassi non li immaginavamo: sono 478 le adozioni internazionali concluse nel 2023, con un -15% rispetto alle 565 del 2022. Un dato ancora peggiore del 2020, l’anno in cui si è fermato il mondo per via del Covid: lì le adozioni erano crollate a 526 dalle 969 del 2019.
E se “quota 500” sembrava la nuova linea di galleggiamento (inutile continuare a ricordare le 4.130 adozioni internazionali concluse nel 2010, il picco storico), ecco che siamo andati sotto. Sono stabili invece a 2.400 le procedure pendenti: segno che pure “in entrata” il flusso di coppie disponibili si sta fermando. I tempi in cui le adozioni internazionali erano una via “più certa” per l’adozione rispetto a quella nazionale sono finiti: già nel 2021 (ultimo dato del ministero della Giustizia a disposizione) le adozioni nazionali erano state 866 contro i 563 adozioni internazionali.
Oltre alle situazioni di conflitto, alle scelte di chiusura fatte da diversi Paesi di origine, alle questioni di politica estera, sulla realtà delle adozioni internazionali pesano ovviamente la diffusione e il maggior successo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita e la scoperta di tante situazioni opache nelle adozioni di alcuni decenni fa da parte di adottati diventati adulti. Poche settimane fa in Danimarca l’agenzia per le adozioni internazionali ha annunciato la chiusura della sua attività per due anni, dopo che un’agenzia governativa ha sollevato dubbi su pratiche adottive degli anni passati. Le adozioni internazionali in Danimarca, che negli anni ’70 si aggiravano sui 400-500 all’anno, negli ultimi tre anni sono state dell’ordine di alcune decine: non più di quaranta.
È quello anche il nostro destino? Nonostante i tantissimi bambini che nel mondo non hanno una famiglia e quindi, per quanto in via sussidiaria, dell’adozione hanno necessità e desiderio? Nonostante il know how e l’esperienza maturata dagli enti?
Perché nonostante tutti da anni ci diciamo che così non si può andare avanti e che per rilanciare davvero le adozioni serve un passo diverso, subito, ogni anno ci ritroviamo a commentare dati sempre più sottili, a ripetere le stesse analisi e a fare le stesse proposte? La domanda a questo punto è radicale: le adozioni le possiamo e le vogliamo ancora salvare?
I numeri
La nuova flessione del numero delle adozioni concluse è «dovuta ad alcune conclamate criticità riscontrate in Paesi di origine da cui storicamente provenivano molti minori adottati da famiglie italiane quali la Federazione Russa, l’Ucraina, la Repubblica Polare Cinese e la Bielorussia», scrive la Cai «e da una riorganizzazione interna all’Autorità Centrale colombiana che ha rallentato i percorsi adottivi delle coppie istradate nel Paese». Con 68 adozioni concluse, la Colombia resta il terzo paese di provenienza dei minori adottati in Italia. Dopo India (sono 119 le adozioni concluse) e Ungheria (71). Le note positive che sottolinea la commissione arrivano dall’India che è risultato il Paese da cui provengono il maggior numero di minori adottati nel 2022 e dalla Sierra Leone, Paese con cui gli enti italiani hanno iniziato a collaborare di recente (9 adozioni concluse).
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Quanto agli enti, i numeri continuano ad assottigliarsi, ponendo con sempre più evidenza il tema della sostenibilità. Cifa, l’ente autorizzato che da sempre è quello che conclude più adozioni in Italia, nel 2023 conta 44 adozioni concluse. Il secondo è Asa con 36 adozioni. Segue Gvs con 28 adozioni. In generale scorrendo l’elenco i numeri sono questi: 3, 5, 11, 16 adozioni l’anno.
I Paesi più critici
Zero i minori entrati dalla Bielorussia nel 2023, come già nel 2022, con 206 procedure pendenti. Quattro le adozioni concluse dalla Federazione Russa, con 107 coppie in attesa. Due le adozioni concluse in Cina, Paese che ha 87 coppie con procedure pendenti, di cui una trentina che hanno già ricevuto da Pechino la “pergamena verde”, cioè l’abbinamento con un bambino e che ormai da tre anni aspettano l’arrivo della “pergamena rossa” che le inviti a recarsi in Cina per completare la procedura adottiva. Difficile però – spiegava Starita a ottobre – capire con certezza se la Cina intenda portare avanti sole le procedure che hanno già la pergamena rossa oppure se concluderanno anche le procedure delle coppie che hanno la pergamena verde.
Sulla Bielorussia, la situazione è in stallo dal 2020, da quando cioè l’Europa, e con essa l’Italia, non ha riconosciuto valide le elezioni bielorusse dell’agosto 2020. «La nostra vita e quella di A. è stata “messa in pausa” ormai quattro anni fa», ci ha scritto ancora poche settimane fa una mamma in attesa: «Come se amare un bambino con passaporto bielorusso sia una colpa, non si capisce bene se nostra o sua». Ragazzini ormai divenuti adolescenti, per cui le famiglie continuano a viaggiare, per poter stare con loro qualche giorno e rientrare poi, racconta, con il carico dei loro “mi porti con te?”, “quando posso tornare?”, “perché non mi volete più”, «che fanno del nostro bagaglio un macigno». La lettera di garanzia “diretta al Presidente della Repubblica di Belarus, firmata dai vertici della Repubblica Italiana” prevista dall’accordo bilaterale quell’anno venne inviata a firma della ministra per la Famiglia Elena Bonetti, nelle sue vesti di presidente della Commissione Adozioni Internazionali e non dal Presidente del Consiglio. Da allora tutto è fermo, in un empasse che – visto dal lato delle famiglie e dei ragazzi – è «una colossale ingiustizia».
Foto di RDNE Stock project per Pexels
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