Welfare

Disoccupati da Oscar

la disoccupazione nei film

di Antonio Autieri

Al tema della disoccupazione sembra che il cinema stia dedicando un?attenzione speciale, almeno all?estero. Già la scorsa stagione uno dei film più commoventi, Nuvole in viaggio del finlandese Aki Kaurismaki, narrava le traversie di due coniugi che improvvisamente venivano licenziati dai rispettivi luoghi di lavoro e rischiavano di scivolare nella disperazione. Ma nella stagione ?97/?98 la disoccupazione al cinema fa davvero boom. Il cinema di fine millennio sembra non volere coprirsi gli occhi e mette spesso in primo piano anche uomini e donne del nostro tempo alle prese con il lavoro da difendere o da trovare. Particolarmente atteso è l?arrivo sui nostri schermi (dal 13 marzo) di un film inglese divenuto il ?caso? della stagione: Full Monty, campione di incassi nel Regno Unito, ha stracciato ogni record e battuto i dinosauri ?jurassici?del Mondo perduto, i cacciatori alieni di Men in black e perfino il britannicissimo eroe della risata Mr. Bean. Full Monty, un cult sul licenziamento E non solo, negli Stati Uniti è risultato uno dei film europei di maggior successo di tutti i tempi e ha conquistato un tale crescendo di consensi da ottenere 4 imprevedibili nomination agli Oscar. I protagonisti di Full Monty sono sei operai di un?acciaieria di Sheffield che, perso il posto di lavoro, decidono di improvvisarsi spogliarellisti. Anche in quel campo la concorrenza è spietata, tanto più che l?avvenenza fisica dei sei sfortunati amici non è proprio il massimo: bisogna offrire qualcosa in più al pubblico femminile, ovvero lo spogliarello integrale (?full monty?). Proveranno forse vergogna, gli spogliarellisti per disperazione, ma ha forse più dignità chi ha tolto loro il lavoro? A furor di popolo, e di risate, il pubblico di mezzo mondo ha già scelto. Tra le frecce al suo arco Full Monty – già vincitore al Festival dei giovani di Torino del Premio Cipputi per il miglior film sul mondo del lavoro – sfodera un ritmo da gran commedia, umorismo irresistibile, colonna sonora da urlo (poteva mancare ?You can leave your hat on??) e almeno un fuoriclasse assoluto, il protagonista Robert Carlyle. Ma la disoccupazione trova spazio in altri film di recente passati sui nostri schermi o in arrivo prossimamente. Partiamo proprio dalla Gran Bretagna, dove da tempo è presente un filone, che potremmo definire neorealista, che ha trovato alla fine degli anni Ottanta il suo caposcuola nel regista Ken Loach (autore di due film eccezionali sulla disoccupazione, Riff Raff e Piovono pietre), e che trova un degno epigono in una commedia di denuncia ancora sui nostri schermi, Grazie signora Thatcher. Protagonisti, un gruppo di minatori che nel dopolavoro formano una banda di musicisti di alto livello, tanto da competere in gare nazionali. Poi, però, la miniera chiude: al licenziamento, che avviene in maniera un po? sporca, dovrebbe far seguito lo scioglimento della gloriosa banda. Ma l?orgoglio e la rabbia li porteranno fino alla vittoria del trofeo musicale, nella mitica Royal Albert Hall: rivendicando il diritto a esistere in una società che vuol disfarsi di loro. Anche John Travolta perde il posto Più realistico ma meno calibrato nei toni è il contributo americano al tema del momento: Mad city, di Costa Gravas, è infatti sì il solito film sul potere dei media, ma vede al centro il dramma di un usciere da museo (interpretato da John Travolta) che dopo aver perso il posto causa ?tagli al bilancio? perde anche la testa. Dopo essersi barricato nel museo con una scolaresca in ostaggio, l?uomo diventa un caso mediatico da spolpare ai fini dell?audience. Più sfumato e anche più sincero è invece un film francese, Marius e Jeannette, che ha per protagonisti un uomo e una donna non più giovani che hanno sofferto per amore. Vivono in un quartiere popolare di Marsiglia: lei ha appena perso il lavoro di cassiera in un supermercato per via del suo carattere indomito che le provoca continui alterchi con il suo arrogante superiore; lui, guardiano in un cantiere, il posto se lo è conquistato con commovente astuzia, tanto da fingersi zoppo per impietosire il datore di lavoro. In Italia ci sono Abatantuono e Orlando E in Italia? Il tema è forse meno sentito che altrove. Non sono molti infatti i film che abbiano messo al centro i senza lavoro. Si potrebbe citare l?amaro Sud di Gabriele Salvatores e la commedia Cresceranno i carciofi a Mimongo sulle tragicomiche avventure di un giovane in cerca di primo impiego dopo la laurea, e La bella vita, che segnò il debutto di Paolo Virzì, ambientato tra gli operai delle acciaierie Ilva di Piombino. A giorni debutterà nelle sale italiane Figli di Annibale, il nuovo film di Davide Ferrario (già regista del fortunato Tutti giù per terra). Commedia agrodolce, con due assi come Diego Abatantuono e Silvio Orlando, prende le mosse da un rapimento: è infatti Domenico, operaio disoccupato, a decidere di rapinare una banca e a prendere in ostaggio un imprenditore, Tommaso. Inizierà un viaggio in cui i due troveranno il modo di familiarizzare e quasi di diventare complici nella fuga.


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