Mondo

Intersos: l’intervento di bonifica in Iraq

Un lavoro immane per il team della Ong italiana, che opera sotto un coordinamento Onu. I rischi peggiori? Cluster bomb e arsenali abbandonati

di Benedetta Verrini

“Il problema più grave? Le tonnellate di ordigni inesplosi rimasti sul terreno. E i depositi di armamenti abbandonati”. Stefano Calabretta, direttore dell?unità di Mine Action di Intersos, traccia il quadro della situazione in Iraq: oltre ai gravi disordini e all’incertezza socio-politica, il ritorno a una vita normale è del tutto compromesso dalla presenza di ordigni inesplosi rimasti sul territorio. “La situazione è difficile perché, oltre ai campi minati risalenti al vecchio conflitto Iran-Iraq” prosegue Calabretta, “Il territorio è pieno di insidie di altro tipo: spolette di munizioni, bombe cluster inesplose e altri ordigni, pronti a esplodere al primo contatto”. Il pericolo è per i tanti bambini, che possono essere attirati da oggetti strani, e per gli stessi adulti, “che tentano di recuperare esplosivo e materiali pregiati dagli ordigni, per poi rivenderli” dice Calabretta. Nonostante il difficile contesto che si è creato dopo l’attentato alla sede Onu di Bagdad, Intersos prosegue la sua attività di bonifica. Le operazioni si svolgono in coordinamento con l?agenzia ONU specializzata in materia di mine (UNMAS, United Nations Mine Action Service). Il progetto di bonifica, sostenuto anche dalla Campagna Italiana Contro le Mine, è finanziato dall?Ufficio per gli Aiuti Umanitari della Commissione Europea (ECHO). L’area operativa è nella parte sud del Paese, nei pressi di Bassora. “Per l’urgenza sorta dopo la fine della guerra, abbiamo scelto di inviare in Iraq tutto personale espatriato, pronto a intervenire” spiega ancora Calabretta. “Ora, dopo tre mesi di lavoro, abbiamo visto che è possibile anche impiegare personale locale”. Tra luglio e agosto Intersos ha realizzato un’opera di survey del territorio, per delimitare le priorità e gli obiettivi più urgenti (che si sono rivelati, in particolare, i punti inquinati da cluster e gli arsenali abbandonati). “E poi abbiamo avviato il lavoro di Mine risk education” prosegue Calabretta, “Per tenere la popolazione lontana dagli ordigni”. A pochi giorni dalla presentazione del Landmine Monitor 2003 (a Roma, presso la Sala delle Bandiere del Parlamento Europeo, il 9 settembre), il report realizzato dagli specialisti mondiali della Campagna Internazionale contro le mine per valutare la situazione in ogni Paese del mondo, l’esempio Iraq balza agli occhi per la sua gravità. L’uso di cluster bomb non è stato proibito dalla Convenzione di Ottawa, e le forze inglesi e americane ne hanno fatto ampio uso in quest’ultimo conflitto, trasformando in nuovi campi “minati” moltissime zone dell’Iraq. Il lavoro di bonifica umanitaria, pertanto, si fa sempre più difficile e faticoso: la lentezza e il costo delle operazioni sono impari rispetto ai milioni di ordigni seminati nel terreno, che restano attivi anche a guerra finita. Anche per mezzo secolo. www.intersos.org www.campagnamine.org


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