Giornata della Memoria
La musica nata nei lager suona per ricordare le vittime dell’Olocausto
Il maestro Francesco Lotoro ha diretto ieri a Parigi un’orchestra composta da musicisti pugliesi, in occasione dell’evento promosso dall’Unesco per commemorare le vittime e i sopravvissuti dell’Olocausto. Sono state eseguite musiche realizzate dai prigionieri ebrei e rom nei luoghi della cattività, come lager, campi di sterminio, gulag. Un lavoro di ricerca che ha dato vita a Barletta alla Fondazione istituto di letteratura musicale concentrazionaria
La musica nata nei lager, nei campi di sterminio, nei gulag per commemorare le vittime e i sopravvissuti dell’Olocausto in vista del 27 gennaio, data in cui si celebra la “Giornata della Memoria” che ricorda il momento in cui 79 anni fa le truppe sovietiche dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz rilevando al mondo la realtà del genocidio del popolo ebreo. A Parigi, presso la Room 1 della sede principale dell’Unesco, è andato in scena “Commemoration Ceremony and Concert”, l’evento con cui l’agenzia delle Nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura ha voluto ricordare le vittime della Shoah.
E quest’anno lo ha fatto attraverso degli intermezzi musicali suggestivi e particolari: «Con una cerimonia intervallata dal Concert of Lights che ha fatto rivivere la letteratura musicale scritta nei ghetti, come quello di Vilnius, composta nei lager e nei campi di sterminio da ebrei e rom, e da un musicista ebreo morto nei gulag sovietici». Il maestro Francesco Lotoro, in occasione di questo importante appuntamento che intreccia storia e musica, ha suonato al pianoforte e diretto l’orchestra composta interamente da 14 artisti pugliesi, tra musicisti e cantanti. «Conoscono molto bene questo repertorio musicale e la lingua con cui viene cantato». Del resto, da oltre trent’anni il pianista e compositore di Barletta va alla ricerca di opere musicali create in prigionia e deportazione civile militare dal 1933, anno dell’apertura del lager di Dachau, e il 1953, anno della morte di Iosif Stalin e graduale liberazione degli ultimi prigionieri di guerra detenuti nei gulag.
Da oltre trent’anni il pianista e compositore di Barletta va alla ricerca di opere musicali create in prigionia e deportazione civile militare
«E’ stato un concerto/evento in cui con nostra orchestra ha eseguito nove pezzi scritti e composti in luoghi di sofferenza e prigionia. Una serata soprattutto legata al ricordo della Shoah» spiega Lotoro. «Sono state eseguite anche alcune tradizionali preghiere ebraiche in memoria delle vittime dell’Olocausto, oltre Kol Nidré, preghiera che si recita alla vigilia di Kippur, che è stata eseguita su uno storico violino appartenuto al polacco Jan Stanislaw Hillenbrand, recuperato dal campo di Auschwitz I Stammlager e oggi, grazie alla donazione della vedova Grazyna Hillenbrand e al restauro eseguito dal liutaio pugliese Bruno Di Pilato, è confluito nel patrimonio della Fondazione istituto di letteratura musicale concentrazionaria di Barletta». La Fondazione, creata nel 2014 dal musicista con un piccolo gruppo di altri soci fondatori a Barletta, è oggi il più grande hub al mondo dedicato alla musica prodotta nei campi, nei luoghi della cattività, dal primo lager all’ultimo gulag.
L’esecuzione musicale di ieri pomeriggio, quindi, è stata alternata da testimonianze filmate dei sopravvissuti, rese disponibili dalla USC Shoah Foundation di Los Angeles fondata da Steven Spielberg, nonché a brevi interventi narrativi a cura di Stefania Giannini, direttore generale aggiunto Unesco per l’Educazione. Ma l’appuntamento francese sarà subito seguito da un altro evento che punta sempre a preservare, tramandare e far conoscere il ricco patrimonio di letteratura musicale concentrazionaria, che grazie al meticoloso lavoro e ai viaggi in giro per il mondo del maestro Lotoro è composto da oltre 8mila spartiti e 10mila documenti, tra microfilm, diari, quaderni musicali, registrazioni fonografiche, interviste con musicisti sopravvissuti. «Dobbiamo creare un corpus artistico, letterario e musicale che vada al di là della memoria, che possa diventare materiale da studiare, da eseguire nei teatri, nelle scuole, nelle accademie. C’è musica per tutti i generi: 140mila musicisti hanno scritto musica dalla piccola pagina pianistica alle grandi opere teatrale in tutti i campi».
Recuperare questa musica non significa aver salvato la vita di quei compositori, può però significare rendere giustizia alla vita dell’intelletto, del cuore
– Francesco Lotoro
Sabato 27 gennaio, nell’auditorium “Nino Rota” del Conservatorio Niccolò Piccinni di Bari, sarà possibile assistere al concerto “Conservare la memoria, Immagini, musica e storia”, con la partecipazione di studenti, docenti del Conservatorio e di artisti esperti del repertorio musicale concentrazionario. «Alcune composizioni saranno eseguite in anteprima assoluta con il violino, appena restaurato, del musicista prigioniero di guerra Cesare Savino, originario di Sammichele di Bari, che ha utilizzato durante il servizio militare ad Harar, in Africa Orientale italiana, sino al periodo di internamento nel campo britannico di Huyton dopo la battaglia di Gondar» racconta Lotoro. «Recuperare questa musica non significa aver salvato la vita di quei compositori, sicuramente non quella fisica, può però significare rendere giustizia alla vita dell’intelletto, del cuore. Resta il fatto che questa musica, invece, ha salvato noi, in tutti i sensi. Questa musica, pur storicamente riconducibile a un passato che, a seconda dei luoghi di prigionia dei musicisti, si colloca tra i sessanta e gli ottant’anni fa, va idealmente proiettata nel futuro, anzi possiamo dire che non basteranno intere generazioni ad assimilare un patrimonio di migliaia e migliaia di partiture» conclude il presidente della Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria.
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