Non profit
Due o tre cose che si sanno sull’Iraq
Situazione in Iraq alla vigilia della Guerra del Golfo 2
In questo numero straordinario che abbiamo voluto per buona parte dedicare a dar voce e volto ai tre milioni di italiani senza lavoro troppo spesso usati come puro pretesto per scontri di partito e di potere, come puro argomento per trattative troppo di parte, non possiamo dimenticare che le prossime ore saranno decisive a proposito della sempre più probabile Guerra del Golfo 2. Anche a questo riguardo, nelle puntuali polemiche politiche nostrane abbiamo sentito più il rumore di vecchie ferraglie ideologiche (“Yankee go home”, e cose di questo genere), che ragionamenti fondati su dati di realtà.
Anche questo settimanale e tutte le realtà del Terzo settore che esso rappresenta esprime angoscia per una macchina da guerra che ormai da giorni ha già acceso tutti i suoi motori, e crede sia utile ricordare a tutti due o tre cose che sappiamo dell’Iraq, degli Usa e dell’Onu.
1) La guerra del Golfo nel 1991 ha avuto due esiti: la fine atroce di migliaia di vittime civili e il consolidamento del terribile regime di Saddam Hussein;
2) L’embargo in 6 anni ha causato quasi 600 mila vittime innocenti, in gran parte bambini (ogni mese, dal 1992, muoiono mediamente 4000 bambini sotto i 5 anni);
3) Il 50% della popolazione irachena è a rischio di malnutrizione e il 44% non ha accesso all’acqua potabile;
4) Guerra ed embargo hanno inasprito la crisi nel Kurdistan iracheno e generato 600 mila profughi;
5) Sul territorio iracheno sono ancora sepolte oltre 20 milioni di mine (in gran parte nei territori al confine con l’Iran) che provocano 5000 feriti all’anno;
6) Dei 2.000 milioni di dollari previsiti dall’accordo “Oil for food” (petrolio in cambio di cibo) dell’autunno ’96, è bene chiarire che nulla è arrivato direttamente in Iraq, ma che tutto quel denaro è stato depositato in un conto di una grande banca di New York, che il 35% di quella cifra è stato intascato direttamente dall’Onu per danni di guerra e per il rimborso spese delle sue missioni umanitarie e di controllo delle sanzioni e delle ispezioni; che i restanti 1.300 milioni di dollari sono stati gestiti dalle agenzie umanitarie dell’Onu (Unicef, Fao, World Food Program, ecc.) e, duole sottolinearlo, il 95% degli aiuti permessi da quei finanziamenti sono stati distribuiti in sole tre provincie del Nord Iraq dimenticando quasi totalmente le regioni del Sud.
Ecco sei grandi ragioni per urlare contro l’eventualità di un’altra sciagurata guerra, per urlare contro la montagna di bugie che ci vomitano addosso dal 1991.
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