Cultura

Il Coni? Affari e doping

Bilanci truccati, finanziamenti a società fantasma, una politica che tende a ottenere risultati a ogni costo. E poi l’accusa più pesante: la diffusione delle sostanze proibite tra gli atleti. Il s

di Pasquale Coccia

«I l Coni? Una struttura che usa lo sport come pretesto per fare affari, spesso malaffari». Va giù duro e senza peli sulla lingua Fiorello Cortiana, senatore dei Verdi e primo firmatario di un disegno di legge di riforma del Coni. Cortiana, responsabile per i problemi dello sport dell?Ulivo al Senato, non ha dubbi: se oggi lo sport in Italia è quello che è la responsabilità è tutta del Coni. Al quale Cortiana addebita anche la responsabilità dell?ultimo scandalo, quello degli atleti risultati positivi ai test antidoping. Dunque non solo malaffare, ma anche istigazione al doping. Cortiana in questa intervista a ?Vita?, rilancia le sue durissime accuse ai vertici del Comitato e ribadisce la necessità di una riforma radicale dell?ente. Al convegno svoltosi a Milano il mese scorso, sul tema ?Scuola e sport?, lei, senatore, ha affermato che il Coni è una struttura truffaldina. «Sì, ribadisco l?accusa. Ho hatto quell?affermazione davanti a una platea di insegnanti di educazione fisica, che hanno avuto il grande merito di elaborare un documento di alto valore pedagogico ed etico. La mia accusa al Coni è innanzitutto di natura morale, ma è supportata dai fatti». Quali? «Recentemente la Federazione pugilato è stata investita da uno scandalo che riguarda il falso in bilancio. È stato accertato che incontri di pugilato ufficialmente arbitrati, come da referto, non si sono poi in realtà mai svolti. Sono stati concessi finanziamenti a società sportive inesistenti con la complicità dei dirigenti federali. Insomma, lo sport è diventato solo un pretesto per fare affari e portare a segno grandi e piccole truffe. Per non parlare poi dello scandalo di Claudia Terlizzi, un?atleta sottoposta al controllo antidoping, nel corso del quale sono state volutamente scambiate le provette con quelle di un?altra risultata positiva al test. E tutto questo è successo nel laboratorio anti-doping del Coni. L?operazione è stata congeniata per screditare l?allenatore della Terlizzi, Sandro Donati, uno dei pochi che ha avuto il coraggio di denunciare la pratica del doping tra gli atleti e le responsabilità del Coni». Dunque, lei accusa il Coni di aver pianificato un programma quasi di incoraggiamento all?uso di sostanze doping? «Sì, è così. A partire dalle Olimpiadi di Los Angeles, molti atleti che non si sono sottoposti alla somministrazione di farmaci doping sono stati esclusi dalle squadre nazionali. È tutto denunciato in un dossier da noi presentato alla Commissione istruzione, sport e spettacolo, che ha fatto da supporto al testo di legge sul doping. Nella competizione agonistica internazionale, il Coni ha messo al primo posto i risultati, con ogni mezzo. Grazie alla convenzione stipulata con la facoltà di biochimica dell?Università di Ferrara, la diffusione delle sostanze dopanti tra gli atleti è avvenuta in nome della scienza». Nel vostro disegno di legge, il Coni conserva l?attuale autonomia o si prevede una presenza maggiore dello Stato? «Mettiamo in discussione l?assetto istitutivo del Coni e il suo indirizzo prevalentemente agonistico, ma non pensiamo affatto a uno sport di Stato, che si presterebbe ad altrettante degenerazioni. Immaginiamo un Coni che tende verso lo sport per tutti, sostenitore di una cultura dell?educazione fisica dalla scuola alla società. Solo queste scelte possono essere di supporto alla pratica agonistica ed evitare che lo sport cambi natura in funzione degli affari».


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