Famiglia

Capitan Uncino in scena con gli attori disabili

Sergio Castellitto in lotta contro i bimbi di Peter Pan. Con una metafora della pedofilia si è chiusa la rassegna dello spettacolo “patologico” di D’Ambrosi a Roma

di Redazione

Peter Pan, sui suoi altissimi trampoli, incita i compagni a combattere contro Capitan Uncino, l?uomo ?nero?, simbolo del mondo adulto che ruba all?infanzia la sua innocenza. Sul palcoscenico, i ragazzi disabili dell?associazione ?Il cavallo bianco? e Sergio Castellitto, il famoso attore che ha partecipato amichevolmente allo spettacolo nelle vesti del terribile Capitano. ?L?ombra dei bambini felici contro Capitan Uncino? ha concluso a Roma al teatro Valle, la sesta rassegna del teatro patologico, ?Quello strano ronzio nel parco?, ideata e voluta da Dario D?Ambrosi, che da dieci anni esplora attraverso il teatro il mondo oscuro e difficile della follia e dell?emarginazione sociale. Per dieci giorni si sono susseguiti spettacoli teatrali, convegni e proiezioni cinematografiche presso il teatro del Parco, spazio creato e gestito da D?Ambrosi in collaborazione con il centro sociale di Villa Maraini. Se è vero che il teatro, quello delle origini, è nato per figurare i conflitti interiori dell?uomo, non sorprende allora vedere muoversi sul palcoscenico le paure e i fantasmi dell?infanzia con una naturalezza che allontana l?inquietudine, anche quando con la rappresentazione conclusiva del festival, D?Ambrosi ha voluto toccare il tema delicato e più che mai attuale della pedofilia, ovvero come il mondo degli adulti sporca irrimediabilmente l?universo dell?infanzia. E quando a recitare sono ragazzi ?naturalmente? innocenti come i ragazzi con disabilità mentale, lo spazio scenico si trasforma davvero in spazio aperto, dove far scorrere liberamente nostalgie, desideri e paure. La follia diventa un nuovo linguaggio e non un pretesto per sperimentare. Il festival patologico è solo una parte del lavoro che da anni D?Ambrosi svolge all?interno del centro sociale di Villa Maraini, a diretto contatto con il mondo della malattia mentale. È la rappresentazione scenica dei risultati raggiunti. Ma la vera fatica sta tutta dietro. Nella volontà di creare forme di comunicazione nuove, nel far utilizzare a persone disabili il talento e la creatività che la malattia spesso estremizza, nel riscoprire il senso vero, ?naturale? appunto, di fare teatro.


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