Sostenibilità
Ok, questa palla é giusta
Le sfere di cuoio, prodotte proprio in Pakistan, saranno certificate da Transfair Italia. Che garantisce la completa assenza di lavoro minorile, ma anche pari opportunità e diritti sindacali. Un proge
Il pallone è rotondo. Un?ovvia realtà del mondo del calcio. Noi vorremmo però aggiungerne un?altra meno ovvia: i palloni, benché indiscutibilmente rotondi, non sono tutti uguali. Molti di questi, quasi tutti, sono prodotti a mano da bambini pakistani, sfruttati senza regole per dodici ore al giorno e con paghe che vanno dalle 170 alle 350 lire l?ora (più del 70% del mercato mondiale dei palloni è prodotto nella regione pakistana di Sialcot, il 30% dei lavoratori impegnati in questa produzione è costituito da minori, la maggior parte sono bambini sotto i 14 anni). Solo pochissimi non sono prodotti con questo marchio della vergogna. Ma quali sono? Forse (ma il dubbio rimane dopo tante foto e tanti reportage, da ?Life? al ?Corriere della Sera?, passando per ?Vita?) quelli di alcune grandi marche, che riportano a chiare lettere sulla sfera un marchio del tipo ?No child labour?: non è stata impiegata manodopera infantile. Forse, dicevamo. Sicuramente, invece, quelli che approderanno ad aprile in Italia, in eccitata fase pre-Mondiale: saranno i palloni ?giusti?, quelli prodotti sotto l?autorevole controllo di Transfair Italia, l?organizzazione-marchio che garantisce il mercato equo nel nostro Paese e che si riferisce alle FairTrade Labelling Organizations, federazione mondiale che si impegna perché globalizzazione dei mercati non significhi deresponsabilizzazione di questi.
«A loro deve venire il naso lungo, c?è poco da fare campagne di buonismo», spiega senza reticenze Federico Ceratti di TransFair Italia. «Mi riferisco alle grandi multinazionali sportive, da Nike in giù. I palloni con il loro marchio sono prodotti di lusso, che si usano nei campionati: cosa può interessare, allora, se costano 5 mila lire in più? Sono soldi che potrebbero essere spesi per effettuare seri controlli. Ma i controlli efficaci fanno paura a chi basa buona parte del suo business sullo sfruttamento del lavoro senza regole. Così abbiamo deciso simbolicamente di puntare sull?industria dei palloni: siamo sicuri di fare più rumore».
I palloni del progetto-pilota di TransFair sono prodotti proprio nella regione di Sialcot, in base sia a criteri di ?fairtrade labelling? (finora applicati solo al comparto alimentare), sia alle normative dell?Ufficio internazionale del lavoro (Oil) sulle clausole sociali: niente lavoro minorile, pari opportunità e diritti sindacali. L?intera catena produttiva dei manufatti sarà sotto attento controllo, anche per quanto riguarda la parte affidata a terzi (dove solitamente ?viene meno? il controllo delle multinazionali), e con un occhio di riguardo alle ricadute sociali di questo tipo di produzione. Sarà assicurata una paga giusta ai genitori (che non avranno così la necessità di far lavorare i figli) e una frequenza scolastica ai bambini tolti dal mercato del lavoro. Perché il problema del lavoro minorile nel Sud del mondo rientra in dinamiche economiche e sociali di non semplice soluzione.
Molte associazioni sportive di base (Uisp, Us Acli, Csi) hanno già aderito al progetto, che vedrà la vendita di due qualità di palloni da calcio: per dilettanti (20 mila lire a pallone) e professionali (40/50 mila lire). Le sfere ?made in dignity? saranno reperibili sia presso le Botteghe del Commercio equo e solidale, sia nei punti vendita della catena Coop. «E sarà una commercializzazione in perdita -, spiega Gianluca Cerrina, presidente Coop -, perché il complesso di queste azioni sociali e della certificazione incideranno per il 50% in più sul costo. Il sovrapprezzo non verrà certo caricato sui consumatori: questo progetto, infatti, con le cautele del caso, vuole aprire la strada ad altri, per esempio abbigliamento o giocattoli». Perché il mercato, di chi produce e di chi compra, dovrà cambiare.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.