Cultura

Basta chemio Parla Dulbecco

Il caso di Bella, la sperimentazione a senso unico, i finanziamenti inesistenti. Il padre della genetica lancia un allarme e dice: battete altre strade. Come succede negli Stati Uniti

di Alba Arcuri

Quello che manca in Italia non è tanto un reale interesse per la sperimentazione scientifica. Mancano i fondi per farla. E mancano gli strumenti che sappiano recepire in fretta i risultati delle ricerche indirizzandole a scopi terapeutici. Questo il messaggio lanciato dal professor Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina, ideatore del Progetto genoma, membro e coordinatore di numerose commissioni scientifiche oncologiche, tra cui quella che ha detto si alla sperimentazione della terapia anticancro del professor Luigi Di Bella. All?indomani del polverone sollevato sulla validità del metodo, ci si chiede se oltre alle terapie tradizionali, e accreditate dalla Medicina con la M maiuscola, siano percorribili altre strade per combattere o almeno arginare la malattia del secolo: il cancro. «La chemioterapia, che pure presenta una efficacia su alcuni tipi di tumore resta comunque una cura penosa, dolorosa, a volte inutile. Uccide le cellule sane per combattere quelle malate» afferma il professor Dulbecco. «Per questo è giusto, anzi necessario incentivare la ricerca sulle terapie alternative, soprattutto se si basano su un principio opposto a quello della chemio e radio terapia: non distruggere le cellule, ma aiutarle a difendersi. La terapia Di Bella, in fondo, persegue questo obiettivo».
Perché dunque tanta difficoltà nell?accettare le terapie alternative, almeno da parte dei medici?
«Per un problema etico. Un oncologo oggi non può assumersi la responsabilità di interrompere le cure tradizionali e accreditate gettando il paziente nell?incertezza del non testato. La scelta di sottoporsi a una cura alternativa deve essere ben ponderata e chi ne usufruisce deve essere cosciente che si tratta di una cura sperimentale. Accanto a questo, ci sono come abbiamo visto delle ingessature burocratiche, delle pigrizie scientifiche».
Ma spesso è difficile persino accedere al diritto alla sperimentazione. Poter sperimentare, oggi, è un lusso?
Il problema economico è l?ostacolo più consistente. Oltre a essere insufficienti i finanziamenti per la ricerca, in Italia soffriamo per la inadeguatezza delle strutture, che non offrono gli strumenti necessari perché le sperimentazioni vadano avanti. Per fortuna gli scienziati guardano oltre l?orizzonte del nostro piccolo Paese: agli Stati Uniti, ad esempio, dove invece per la ricerca si spende molto e dove gli scienziati trovano un terreno fertile per il confronto scientifico.
Dobbiamo rassegnarci dunque non solo alla ?fuga di cervelli? ma anche alla ?fuga delle terapie? più innovative?
Speriamo di no. In questi anni le mie ricerche sulla genetica e lo stesso Progetto genoma, hanno avuto ben pochi contributi da parte degli enti di ricerca pubblici, quali il Cnr. Sono stato invece sostenuto finanziariamente, e in modo consistente dalle associazioni quali Telethon e l?Associazione italiana per la ricerca sul cancro, e dalle fondazioni bancarie, fra cui Cariplo.
Non tutti però hanno la fortuna di accedere alle raccolte di fondi in Tv, magari perché meno famosi…
Ovviamente per ottenere un contributo occorre presentare un progetto valido, ben condotto e supportato da prove che ne dimostrino l?attendibilità. Ma posso assicurarvi, in qualità di presidente onorario del Comitato scientifico di Telethon, che a nessuno è stato negato il finanziamento solo perché ?non famoso. Certo si potrebbe far di più con più fondi.
Quale futuro per la ricerca in Italia ? E quale per le terapie?
Se lo Stato italiano si decidesse a detassare completamente le donazioni effettuate dai privati avremmo molti più donatori e più ricerca scientifica. Come succede in America. Occorerebbero poi passaggi più snelli per passare dalle sperimentazioni alle terapie.

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