Non profit
Fra sanità e santità catodica
Articolo sul caso di Bella e terapie contro il cancro
Uno tra i nostri più preziosi collaboratori mi ha scritto una lettera: «Caro direttore, ho notato con piacere la vostra discrezione sul caso Di Bella, di cui pur già avevate parlato qualche mese fa suscitando il tema importante della libertà di cura. Mio padre, 60 anni, è malato di cancro. Negli ultimi cinque ha combattuto eroicamente contro il suo male, fra operazioni chirurgiche e cicli di chemioterapia. Secondo il disumano vocabolario della nostra medicina, è un paziente terminale, come migliaia di altri. Persone che avrebbero meritato più rispetto quando tanti, al contrario di voi, si sono avventati sull?affare Di Bella, con una leggerezza e insensibilità che spaventano. Abbiamo perso un?altra occasione di raccontare la realtà senza dimenticare le persone cui ci rivolgiamo. Si è permesso a un vecchio signore dall?aria rassicurante di andare a ogni ora su tutte le reti radio e tv a dire di aver trovato un rimedio contro il cancro. Un anziano professore che cura gratis e che investe la pensione nella sua ricerca, condotta malgrado l?establishment scientifico, le baronie universitarie, le mafie ospedaliere. Un ricercatore coraggioso, buono. Che dice di aver curato, in vent?anni (!), migliaia di persone, molte guarite. Nessun diverso parere, se non qualche blanda, rispettosa, intimorita riserva. Timidi distinguo in un?aura di santità catodica.
E i malati di cancro? Magari quelli che hanno vomitato tutto il giorno, dopo l?ennesima chemio? Lasceranno le cure tradizionali? Venderanno casa per pagarsi il farmaco miracoloso? Si sfiancheranno alla ricerca di un allievo prescrittore (lui però a pagamento) o dell?introvabile medicina? Cambieranno residenza migrando nelle Regioni pro Di Bella? Si rivolgeranno a pretori in cerca di fama? Domande oziose, che non valgono il Diritto di Cronaca e, forse, neppure mezzo punto di share. Men che meno conta l?angoscia dei familiari, lasciati a macerarsi nel dubbio di non aver provato tutto».
È una lettera con domande e imbarazzi che tutti abbiamo provato in queste settimane di sanità catodica. Eppure anche noi ora dedichiamo al caso Di Bella il nostro servizio di copertina. Nella speranza che la vicenda faccia capire quanto sono da riformare le regole, i sistemi, gli organismi del nostro sistema sanitario. Perché si prenda atto che non ci si può ridurre a combattere il cancro con una sola terapia (la chemioterapia), anche se questa rende alle baronie mediche e farmaceutiche 60 mila miliardi l?anno. Bisogna aprire alla ricerca e dotarsi di strumenti di controllo e ricerca meno sordi e ridicoli di quelli attuali. Al di là dei clamori dei media, tutta la vicenda Di Bella non solo non sarà stata inutile, ma forse terribilmente necessaria.
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