Welfare

Caso Ladu: gli abusi continuano

Lettera di un detenuto che racconta il caso Ladu

di Cristina Giudici

Mi chiamo Sebastiano Prino, sono nato a Nuoro il 29 luglio 1964 e vorrei raccontarvi i miei ultimi due anni di vita passati nelle carceri italiane. Faccio presente che sono il coimputato di Milena Ladu, quella ragazza presa per i capelli e mostrata come un trofeo davanti alle telecamere della televisione, che è stata isolata per otto mesi, e questo abuso è stato superato solo grazie all?intervento dell?opinione pubblica e dell?onorevole Pivetti. Per me non è andata così, ma nessuno ha mai scritto una riga. Mi auguro che qualcuno mi dia la possibiltà di far conoscere l?inferno che ho subito nella sezione Fornelli dell?Asinara. Ecco i fatti: il 16 agosto 1995, durante una tentata rapina avvenuta in Sardegna, agro di Chilivani, vennero uccisi due militari e due civili, uno di questi ultimi era un mio conoscente. Per questo motivo all?alba del giorno dopo le forze dell?ordine irruppero nel mio ovile sparando e gridando «Esci fuori, stronzo!». Così fui prelevato da una squadra di carabinieri e condotto a Olbia dove in una caserma mi fu praticato lo ?stub? per accertare se avevo fatto uso di armi da fuoco. Alla sera, dopo infinite ore di interrogatori e confronti, senza la presenza di un avvocato difensore, fui rilasciato. Credevo che fosse tutto finito, invece mi sbagliavo. All?alba del del 3 ottobre fui arrestato e condotto alla questura di Nuoro. Di lì la sera tradotto all?Asinara. Allo sbarco dal traghetto ad attendermi c?erano il pm Gaetano Cau e un capitano dei carabinieri. Mi fecero la proposta di collaborare in cambio della libertà, soldi, una casa, protezione per me e per la mia famiglia. Io ribadii fermamente la mia innocenza e allora iniziarono i guai. Per tre mesi fui pestato anche più volte al giorno, mi chiamavano ?rospo bastardo?. Per 14 mesi sono rimasto isolato, senza televisione né giornali, senza corrispondenza né colloqui. I primi sei mesi sono rimasto senza lenzuola, vestiti, indumenti intimi, sigarette, soldi, spazzolino da denti dentifricio, ecc.I vaglia e i pacchi che mi venivano spediti erano rinviati al mittente. Ho passato i primi sei mesi con gli abiti che indossavo al momento dell?arresto: i jeans, una maglietta e il maglione e con questi ho passato l?autunno del 1995 e l?inverno del 1996. Dopo 14 mesi di questo calvario mi fu applicato il 41 bis, e così ho potuto uscire per la prima volta all?aria per due ore al giorno e mi diedero colloqui e giornali. Presentato il ricorso contro il 41 bis e accolto dal Tribunale di Sassari, il 20 marzo del 1997 venni trasferito nel carcere di Sassari, dopo 18 mesi di torture fisiche e psicologiche. Faccio presente che ero incensurato e che ho fatto ricorso contro l?ergastolo che mi è stato inflitto. Sebastiano Prino, Sassari Ringrazio la redazione di ?Liberarsi?, il giornalino del carcere di Sollicianino, per averci segnalato questa lettera. Caro Sebastiano, ?Vita? fu il primo giornale ad occuparsi del caso Ladu nell?aprile del ?96 e sollevammo tanta polvere che il ministero di Grazia e Giustizia fu obbligato ad aprire un?inchiesta ministeriale per accertare se il pm Gaetano Cau avesse o meno abusato delle sue facoltà. Voglio ricordare che Milena Ladu era all?epoca incensurata come lei. Era la fidanzata di un appartenente alla banda che tentò di fare una rapina nell?agro di Chilivani, e fu tenuta in isolamento a Rebibbia per otto mesi anche se la legge prevede che l?isolamento della detenzione cautelare non debba durare più di cinque giorni e debba cessare dopo l?interrogatorio da parte del Pubblico ministero. Quando ci siamo trovati davanti a una così grande violazione dei diritti civili, rimanemmo increduli e ci costò non poca fatica convincere gli altri organi di informazione della realtà dei fatti. Ma in seguito se ne interessò l?onorevole Irene Pivetti che fece un ?blitz?e andò a trovare la Ladu a Rebibbia. E Giuliano Pisapia, presidente della Commissione giustizia, presentò un?interrogazione parlamentare. Ricevemmo una brutta lettera dal magistrato, Gaetano Cau, che per quanto ne so è già molto conosciuto per le sue pratiche medioevali e le sue eccentriche dichiarazioni sulla giustizia. La misura di detenzione cautelare viene spesso usata e abusata dai giudici per spaccare il cervello agli arrestati e/o indagati e farli parlare. Così mi sembra sia successo anche a lei. Non entro del merito di questa vicenda giudiziaria già di per sé complicata e che si è conclusa con un suicidio di uno dei rapinatori e l?omicidio di uno dei carabinieri (ma secondo la difesa il suicida al momento del fatto era già ammanettato). Voglio invece ricordare che le condizioni di detenzione cautelare delle persone incarcerate per i fatti di Chilivani si assomigliano parecchio. Anche Andrea Gusinu, altro coimputato di Milena Ladu, ci scrisse una lettera simile alla sua in cui ci narrava come fosse stato maltrattato. E avendo indagato sui modi e sulle pratiche di questo giudice ( ma non è il solo) le dirò che non mi stupisce. Grazie comunque di averci scritto. Spero che continui a farlo.


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