Rogliano è un piccolo comune dell’entroterra calabrese. Con i suoi circa 5 mila abitanti, rappresenta il centro maggiore della valle del Savuto; alle spalle del paese si estende il Parco Nazionale della Sila. Difficile immaginare che proprio da qui sia partito un movimento importante che oggi sta estendendo i propri confini verso altre città italiane e verso l’Europa. Un movimento di arte urbana che vuole sperimentare nuove forme di bellezza e di socialità.
Il merito è di un gruppo di giovani – Matteo, Giacomo, Andrea, Fausta, Alessandro e altri – che qui sono nati e cresciuti e che hanno sentito ad un certo punto l’esigenza di riappropriarsi dei luoghi della loro infanzia per salvarli dall’incuria e renderli di nuovo belli. Fondano l’associazione “Rublanum” e iniziano così a riqualificare piccole zone del paese. È nel 2008 che avviene però un salto di qualità che negli anni a venire li contraddistinguerà, in Calabria e non solo. I ragazzi di Rublanum decidono di scommettere sul loro territorio e di portare una proposta culturale nuova: organizzano il primo festival di urban culture con street artists, breakers e writers. Rogliano inizia a cambiare veste e accanto agli interventi di riqualificazione iniziano a sorgere le prime opere dipinte sui muri del paese. È l’inizio di quella che sarà una piccola rivoluzione, nata dal desiderio di creare un movimento di valorizzazione del tessuto urbano e sociale delle aree dismesse. Una rivoluzione che del “desiderio” ha fatto anche il proprio nome, in dialetto “gulìa”: Gulìa Urbana, il primo progetto di arte urbana itinerante.
«Vogliamo agire», scrivono i promotori, «favorendo l’inclusione sociale e cercando di educare i giovani e la popolazione al concetto del bello e del rispetto del territorio. Risvegliare le coscienze nel nome di un senso d’appartenenza ad una cultura condivisa che si manifesta nella cura e nell’attenzione per uno sviluppo equilibrato e vicino alle necessità dell’ecosistema significa diventare concretamente e responsabilmente cittadini di un mondo che ha un futuro».
«Quando siamo partiti la street art non era ancora così conosciuta, è un movimento esploso nel 2015». A raccontarlo è Giacomo Marinaro, direttore artistico del progetto che rappresenta oggi una scommessa vinta. In tempi non sospetti Gulìa Urbana ha iniziato a sperimentare, all’interno di un contesto molto lontano dal movimento urban, «un linguaggio nuovo e accattivante per tutte le fasce d’età. Una visione urbana e sociale che ha prodotto effetti anche sul turismo».
Partito da Rogliano, Gulìa Urbana ha contaminato negli anni altri comuni della valle del Savuto e del cosentino per poi espandersi sempre di più, in Calabria e fuori dai confini regionali. A Latina ad esempio, il gruppo ha curato un’opera dedicata a Falcone e Borsellino con il Centro Antiviolenza Donna Lilth «con il quale abbiamo iniziato un percorso divulgativo per contrastare la violenza di genere attraverso la street art»; oppure a Taranto, dove nel 2020 è partito il progetto T.R.U.St (Taranto Regeneration Urban Street). «Quando portiamo un progetto all’interno di un nuovo contesto urbano pensiamo che sia importante identificarlo anche con un nome. Ecco perché i progetti di Gulìa Urbana hanno dei nomi diversi». Così a Cosenza il progetto è nato il progetto iAMU mentre a Santa Sofia dell’Epiro, in zona arbëreshë, il progetto Ylberi.
A partire dal nome, il processo artistico e produttivo viene personalizzato in ogni aspetto. A dettare legge, come spiega Marinaro, sono sempre i muri. «In base al tipo di muro da dipingere viene definito il progetto artistico, la tecnica da applicare e, di conseguenza, l’artista a cui affidare l’incarico». Nel corso degli anni sono decine gli artisti di calibro internazionale coinvolti. Alla base di tutto c’è dunque un attento studio dei luoghi, sia dal punto di vista urbanistico che sociale. «I lavori durano circa una settimana e in questo lasso di tempo noi viviamo sul posto, parliamo con le persone, proponiamo loro attività diverse, a cominciare dai laboratori artistici per i bambini». Anche i temi rappresentativi delle opere vengono scelti nel tentativo di rappresentare in qualche modo le caratteristiche e i valori dei luoghi in cui sorgono. «È un tipo di approccio che è possibile portare avanti solo a patto che le persone del posto collaborino con noi». Ecco perché, per abitudine, l’associazione non si è mai proposta fuori dal proprio contesto ma è sempre stata coinvolta: «La street art è un tipo di arte prepotente, una vera e propria visione urbana che si fa notare da tutti, andiamo in un posto e ne modifichiamo la morfologia urbanistica e sociale. Per questo crediamo che sia scorretto proporci».
Eppure in oltre 10 anni di attività Gulìa Urbana non ha mai incontrato pareri contrari. Marinaro spiega quali potrebbero essere le chiavi del successo registrato fino ad oggi: «La street art si compone di una grande varietà di tecniche e di stili, ma noi cerchiamo sempre di scegliere quelle più apprezzabili da un pubblico vasto e meno tecnico. Non abbiamo mai proposto ad esempio opere astratte per non rischiare di essere troppo invasivi. Abbiamo sempre cercato di educare all’arte e all’idea della bellezza nella maniera più semplice e immediata possibile». Ma è soprattutto l’attitudine a fare la differenza nel collettivo: «La familiarità per noi è un cardine fondamentale in tutto quello che facciamo. In fondo siamo rimasti i ragazzi di sempre e cerchiamo di proporre il nostro modo di essere e di fare ogni volta che ci affacciamo in un contesto nuovo». Oggi i ragazzi di Rogliano sognano di ampliare la loro visione sondando l’ambito delle mostre, «un modo diverso di entrare in contatto con gli artisti», e l’Europa a cui hanno iniziato ad avvicinarsi nel corso degli ultimi anni attraverso i festival, senza mai perdere il contatto con le proprie radici.
Foto credits: Iacopo Munno
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.