Non profit

Se il dipendente è un volontario

C’é l’egoista illuminato, l’altruista puro e chi ricerca la piena realizzazione. Ecco una guida per conoscere a fondo motivazioni, tipologie e comportamenti di chi lavora per il prossimo. Per valori

di Redazione

D ue sono gli aspetti rilevanti che caratterizzano la società moderna: da una parte l?aspetto legato allo schema classico della società, ovvero la considerazione dell?interesse individuale (self interest)? come meccanismo che sta alla base dei comportamenti cooperativi e responsabili; dall?altra l?esistenza di un ?comportamento altruistico? e tutte le teorie che lo considerano condizione sufficiente a influenzare i comportamenti cooperativi e responsabili che stanno alla base del funzionamento di una società complessa. Teorie che si basano sulla considerazione che il self interest non sia di per sé sufficiente a spiegare le determinanti del comportamento e quindi della società. Il volontariato, ovvero l?istituzionalizzazione dei valori dell?altruismo, sembra quindi in qualche modo essere l??altra faccia? della società moderna. In particolare assume in essa forme varie che indicheremo in senso onnicomprensivo come: Organizzazioni non profit (Onp), ovvero associazioni, enti, istituti che non necessariamente si reggono sul solo apporto dei volontari e anzi, in alcuni casi, si avvalgono in via esclusiva di personale dipendente, le quali possono assumere forme giuridiche differenti e sono caratterizzate in prima approssimazione dall?assenza di scopo di lucro. Risulta quindi fondamentale per i dirigenti di tali organizzazioni conoscere a fondo i valori che determinano i comportamenti di tali dipendenti per poter gestire con efficacia tutte le risorse disponibili. In questa prima parte ci occuperemo di tale aspetto, mentre rimandiamo a un successivo articolo l?esame dei meccanismi operativi di gestione del personale. Le determinanti del comportamento dei volontari Tra le diverse categorie di soggetti che assumono comportamenti altruistici due sono le più ricorrenti (Zamagni 1993): ? l?egoista illuminato il quale parte dalla considerazione che il benessere degli altri è un vantaggio anche per sé; ? l?altruista puro che vede il benessere degli altri come fine in sé indipendentemente dal vantaggio che ne trae direttamente. È l?altruista kantiano, e in buona parte l?altruista mosso da motivazioni di ordine religioso o politico, che dà indipendentemente da ciò che danno gli altri o che può ricevere in cambio da essi. In sostanza si pone all?individuo il dilemma: è meglio vivere ?facendosi i fatti propri? o considerare anche le vicende degli altri come qualcosa che mi appartiene, mi riguarda, mi interpella? Interessa qui sottolineare che indipendentemente dalla motivazione che ha spinto ad aderire al volontariato, tale adesione viene percepita come la forma più elevata di ?partecipazione?, le ragioni sono di diversa natura. Per l?egoista illuminato, ma anche in parte per l?altruista puro, il rapporto tra Onp e volontario è basato sulla considerazione che prestare il proprio contributo a una organizzazione di questo tipo implica vantaggi in termini di: ? appagamento delle proprie spinte altruistiche e assolvimento di un dovere morale; ? valori di riferimento comuni da condividere; ? qualità dei rapporti umani, soddisfazione dell?esigenza di avere relazioni con altri nella dimensione dell?aiuto, ma anche nella dimensione di coltivare amicizie e rapporti sociali. Rapporti ?caldi?, immediati, intensi dal punto di vista affettivo, ma anche pluralisti: l?azione di volontariato implica effettivamente emozioni che sono un antidoto all?indifferenza, antagonistici rispetto alla frettolosità e alle diffidenze di alcuni dei rapporti normali. ? Esigenze di prestigio che implica considerazione e stima di se stesso all?interno e all?esterno dell?organizzazione e che meglio si esplica nelle associazioni di volontariato nelle quali è maggiormente presente la dimensione gerarchica. ? esigenze di autorealizzazione per aver compiuto qualche cosa di valido e sinergico agli obiettivi dell?Onp, senza che questo si traduca in un modo per combattere situazioni patologiche di frustrazione. Le ragioni possono essere anche di natura molto più pragmatica come la concretezza dell?intervento, la possibilità di valutarne e commisurarne immediatamente l?efficacia, di ?toccarne? l?esito. Rispetto ad altre forme di partecipazione, come l?appartenenza al sindacato, o al partito (che hanno comunque in parte alcuni dei vantaggi precedentemente elencati), il volontariato sembra portare in sé la possibilità di fare veramente qualcosa di concreto, contro a volte il senso di partecipazione e testimonianza solo formale che hanno altre tipologie di partecipazione. La partecipazione al volontariato gratifica chi vi si impegna a un livello di intimità e profondità intangibile rispetto alle altre forme (pur serissime) di partecipazione. E forse non è affatto solo questione di gratificazione personale, non si tratta semplicemente dell?esigenza etica di impegnarsi, dell?assolvimento di un dovere morale: il volontariato consente di recuperare il senso di ciò che è importante davvero, perseguito all?interno di circuiti percepiti come umanamente molto positivi. È il senso categorico di una simile esigenza che rende questa partecipazione incommensurabile rispetto alle urgenze ordinarie della vita quotidiana. Più che a livello di motivazione dichiarata emerge quindi la natura profondamente autogratificante dell?impegno di volontario, se si aggiunge che a questa si accompagna normalmente una valutazione socialmente ed eticamente positiva, e la considerazione dell?utilità civica, si comprendono appieno le ragioni dello sviluppo e della centralità, collettiva e individuale insieme, del volontariato. Il rapporto tra volontario e Onp e tra volontari stessi In questo periodo molti studi affermano che cooperare prima ancora di essere moralmente giusto è assolutamente conveniente e quindi colui che coopera con gli altri non è un eroe che sacrifica il proprio egoismo, ma piuttosto un saggio che persegue il massimo del proprio interesse. Secondo tali ipotesi gli egoisti non sono da considerare cattivi quanto piuttosto stupidi. Gli studi sopra citati hanno evidenziato che, in qualsiasi sistema di individui guidati dalla ricerca del massimo interesse soggettivo, la cooperazione sorge spontaneamente a condizione che essi siano sufficientemente intelligenti da valutare le conseguenze future delle proprie azioni e di avere a che fare con altri individui che ragionano come loro. Ciò regge e determina in buona parte il funzionamento di tutte le organizzazioni, ma a maggior ragione il funzionamento delle associazioni che si basano sull?apporto dei volontari, in via esclusiva, ?Volontariato? in senso stretto e più in generale delle Organizzazioni non profit. Tra i riferimenti teorici è utile riprendere anche la ?Teoria dei giochi?: essa ci aiuta a capire parte dei comportamenti interni alla vita delle organizzazioni in genere ed è in qualche modo correlabile anche al fenomeno volontariato. Nella vita esistono due tipi di giochi: ?i giochi a somma zero? e ?i giochi a somma diversa da zero?. Nei ?giochi a somma zero? la vittoria di uno coincide con la sconfitta dell?altro: i due sono in competizione diretta e per vincere è necessario che l?altro perda. Un esempio è il libero mercato basato sulla concorrenza, o tutti i giochi con le carte. ?I giochi a somma diversa da zero? sono molto differenti: o si vince insieme o si perde insieme e anzi tentare di sopraffare l?altro conduce entrambi alla sconfitta. Di questa specie sono la maggior parte delle relazioni interpersonali e in special modo le relazioni in contesti lavorativi che costituiscono l?oggetto del presente scritto. La teoria dei ?giochi a somma diversa da zero? regola in parte i rapporti tra il personale all?interno delle organizzazione favorendone gli atteggiamenti collaborativi. Ma nelle Organizzazioni non profit le stesse considerazioni non portano solo a collaborare, ma a essere disponibili, ad assumere un ruolo ancora più attivo nell?essere utile agli altri membri dell?organizzazione e alle persone per le quali essa è posta in essere. Si può sostenere in conclusione più che in ogni altro tipo di organizzazione la logica guida del volontario si basa anche sulla considerazione che il bene degli altri è un bene per se stesso, che il raggiungimento dell?ottimo complessivo è funzione della collaborazione e integrazione tra i singoli, che collaborare conviene ed è utile a me, agli altri, all?organizzazione nel suo complesso.


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