Volontariato

Farmaci scaduti, pazienti a perdere

Qualche giorno fa a Roma un bambino moriva dopo aver ingerito una medicina scaduta. Ora si scopre che le pasticche fornite direttamente dai medici di base non sono quasi mai sicure. E che i “rappresen

di Alessandro Sortino

Non si sa perché il piccolo Giordano è morto, lo scorso 3 febbraio, all?ospedale Umberto I di Roma, ad un anno di vita, ucciso da una bronchite. L?inchiesta giudiziaria lo accerterà. Stabilendo se la causa sia da attribuire all?eventuale inefficacia o tossicità dei farmaci (scaduti, come accertato dal papà di Giordano), che la pediatra gli ha somministrato a casa, prima del ricovero. Oppure se sia stata una fatalità. Dal fatto di cronaca però l?opinione pubblica è venuta a conoscenza di una situazione preoccupante: sembra che i farmaci che i medici somministrano ai pazienti direttamente (senza passare per la ricetta e per la farmacia) siano insicuri. Nessuno può dire in che condizioni siano stati conservati e trasportati. Non si sa insomma se abbiano ricevuto o meno tutte quelle cautele che la legge prevede. Cautele congegnate proprio per evitare che dubbi terribili, come quelli venuti ai genitori di Giordano, abbiano ragione di sorgere.
La denuncia, per certi versi un?autodenuncia, viene da Giorgio Vitali, presidente dell??Infoquadri?, l?unico sindacato esistente degli ?informatori scientifici?, quelli che vox populi definisce, in maniera inesatta ma veritiera, ?i rappresentanti di medicine?. Quelli che consegnano ai medici, per conto delle ditte farmaceutiche, i campioni gratuiti di medicinali, affinché questi ne sperimentino l?efficacia sul campo. «Il farmaco somministrato al piccolo Giordano» spiega Giorgio Vitali, ?informatore? lui stesso dagli anni ?60 fino al 1995, «era probabilmente un campione gratuito. E questo per tre ragioni: il medico abitualmente non acquista farmaci per conto dei clienti; il medico, chiamato d?urgenza, non poteva sapere in anticipo quale farmaco avrebbe dovuto prescrivere; un farmaco in vendita non sarebbe scaduto da un anno, perché le farmacie sono molto attente alla scadenza dei loro prodotti, visti i controlli severissimi che subiscono dalle Asl e dai Nas. Insomma: probabilmente quel farmaco era stato consegnato al medico da un informatore scientifico. Del resto è esperienza comune: il medico ha sempre nel suo studio un armadietto pieno di medicine. Non le compra mica. Sono i campioni gratuiti che gli abbiamo consegnato noi».
E qui la denuncia si fa ancora più grave: «Questi campioni sono stati prima, sempre da noi, trasportati nei cofani delle automobili sotto il sole, sottoposti a forti oscillazioni di umidità e temperatura, e ancora prima conservati in casa in condizioni di fortuna, sotto il letto o in cantina». Vitali ha presentato una denuncia alla procura di Roma nella quale sostiene le medesime affermazioni, suffragate dalle testimonianze dei suoi iscritti, e sostenute da un?interrogazione parlamentare presentata dall?onorevole Savarese di An (vedi pagina a fianco).
Solo nel 1996, per farsi un?idea, medicine per 150 miliardi (a costo di mercato) sono state distribuite come campioni gratuiti. Secondo Vitali circa 5 quintali di medicine l?anno vengono consegnate a ciascun informatore scientifico. «Noi dovremmo secondo la legge informare il medico sulle proprietà delle medicine, ricevere da lui un ordine scritto per un numero limitato di campioni gratuiti per sperimentare il farmaco, richiederli alla ditta. In realtà riempiamo il medico di confezioni di farmaci e solo dopo gli facciamo firmare l?ordine. In questo modo le industrie ottengono i loro obbiettivi di vendita, perché il medico, che si ritrova il farmaco in studio, lo dà al paziente come inizio cura. Magari però esisteva un altro farmaco, più economico, ma ugualmente efficace. Insomma: di fatto noi dobbiamo uniformarci a logiche di marketing, invece che a logiche scientifiche».
Affermazioni che trovano riscontro anche nella testimonianza di Eugenio Sinesio, medico di base della Cgil, già impegnato in passato in battaglie importanti come quella sul pericolo trasfusioni: «Come Cgil esprimiamo preoccupazione per questa segnalazione degli informatori scientifici, secondo la quale circolerebbero farmaci imperfetti. Come medico però mi spingo oltre: ho preso coscienza di un modo sbagliato di intendere l?informazione sui farmaci. Confermo la situazione descritta da Vitali. Finora non mi è mai successo che qualche paziente abbia ricevuto danni, ma non voglio aspettare che cada la funivia, per chiedere agli aerei di non volare così basso. So che alcune ditte si stanno adeguando dotando gli informatori di armadietti coibentati e valigie termiche, ma deve cambiare la filosofia di fondo».
Sul banco degli accusati, ?Farmindustria?, l?associazione che riunisce le industrie che producono farmaci, si difende a metà, limitandosi a citare la legge: «L?allarme è del tutto ingiustificato, la corretta conservazione dei campioni è garantita dal decreto legislativo 541 del ?92 che prevede l?istituzione di un servizio scientifico in ciascuna azienda che ha anche il compito di verificare il rispetto di tutte le precauzioni nella conservazione e nel trasporto dei campioni gratuiti».
Conclusione affidata ai consumatori, quelli dell’Assoconsumatori (associazione che siede alla Consulta paritetica del farmaco), per bocca del suo presidente Niccolò Eusepi: «La denuncia che viene dalla categoria degli informatori è preoccupante. La risposta di Farmindustria sottolinea l?esistenza di una normativa, ma non dice come viene applicata. Credo che a questo punto sia indispensabile fare maggiore chiarezza».

È anche colpa degli informatori
Che l?assunzione di farmaco scaduto provochi danni gravi all?organismo è molto difficile. I farmaci scaduti perdono efficacia, ma non sviluppano perlopiù tossicità. Certo la denuncia degli informatori scientifici aggiunge un elemento grave di preoccupazione. Il medico accetta il farmaco campione sulla base di un rapporto di fiducia con l?informatore scientifico. Utilizzerà i farmaci gratuiti o in caso di emergenza (e allora andranno a costituire il piccolo pronto soccorso che il medico ha sempre con sé), oppure li consegnerà al paziente come inizio cura.
Se l?informatore sa che questi farmaci che consegna al medico, e che arriveranno all?uso da parte del paziente, sono stati trasportati in condizioni non a norma di legge (per esempio nel cofano di un?automobile, sotto il sole) semplicemente non deve consegnarli. Può benissimo consegnare delle confezioni vuote, raggiungendo comunque l?obiettivo di informare il medico. Non so di chi sia la responsabilità di questa situazione. Fa parte della professionalità degli informatori preoccuparsi che i famaci campione siano farmaci sicuri; dal canto loro le aziende farmaceutiche devono mettere i propri informatori nelle condizioni di esercitare questa professionalità.

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