Formazione

Ma il governo coopera o no?

La riforma dell’esecutivo arriva finalmente in Senato. Ma le Ong l’attaccano. L’Arci: «Ancora tutto in mano alla Farnesina». L’Avsi: «Politica dello sviluppo subordinata agli interessi commerciali». M

di Mariateresa Marino

Benvenuta – meglio tardi che mai – la riforma della legge quadro sulla cooperazione internazionale, giunta in questi giorni alla commissione Esteri del Senato. Ma quelli che più l?attendevano, le Organizzazioni non governative, non stanno certo a guardare, lasciando che il testo di riforma della vecchia legge 49 del 1987, licenziato dal consiglio dei Ministri, assolva solo al compito di far dimenticare i malaffari e le ruberie della politica di cooperazione degli ultimi anni. Occorre andare ben al di là di questo, pur importante, obiettivo.
La legge del governo, che è solo l?ultima di una serie infinita di proposte, a sentire le associazioni non dà buone speranze sui contenuti. A partire dalla vaghezza della separazione tra indirizzo politico e pratico, ovvero come i diplomatici della Farnesina interverrebbero anche sulle modalità e sui contenuti della politica di cooperazione. Per di più sotto l?occhio controllore del ministero del Tesoro. E ancora, perché si permetterebbe, in caso di crisi nei paesi stranieri, di affiancare alle Ong le forze armate? Si apre dunque il dibattito e nella discussione a più voci c?è chi alza senza remore il tono.
L?Arci punta il dito contro una visione ancora dualistica della Cooperazione: da una parte quella gestita dai governi, dall?altra quella sostenuta, ma separata, dei soggetti privati, cioè le Ong. Non è stata prevista, secondo Tom Benetollo, presidente nazionale dell?Arci, «alcuna programmazione pluriennale delle iniziative di cooperazione, ma solo una annuale lasciata alla discrezione del ministero degli Esteri e del Tesoro; non vi è una vera concertazione con le altre forze della cooperazione decentrata, con i sindacati, con le imprese coinvolte nei programmi internazionali».
Insomma, ancora una volta le politiche di cooperazione vengono subordinate alla globale politica estera dell?Italia, senza guadagnare terreno verso una vera autonomia e qualificazione.
All?Arci fanno eco altre organizzazioni non governative. L?Avsi, l?Associazione volontari per il servizio internazionale, ha espresso chiaramente le proprie riserve sulla legge di riforma proposta dal governo ed ha avanzato precise richieste. Tra queste, la necessaria armonizzazione tra cooperazione internazionale e politica estera, che significa, secondo Alberto Piatti, amministratore delegato di Avsi, «non subordinare la politica estera a interessi commerciali e strategici».
Da questa considerazione ne derivano altre, come necessarie conseguenze. La presenza delle Ong nei luoghi decisionali diventa punto di partenza obbligatorio. «Prima di avviare una discussione sulla legge di riforma» ribatte Luca Jahier della Focsiv (una federazione che raggruppa molte Ong) «occorre scogliere un nodo fondamentale: l?apporto autonomo e qualificante della Cooperazione nella globale politica estera del nostro Paese».
Sulla questione delle regole e della ?certezza delle risorse? le Organizzazioni si trovano d?accordo: ridurre drasticamente i percorsi burocratici che sfiniscono e rallentano la realizzazione dei progetti, eliminare il pregiudizio negativo che lo Stato ha da sempre nei confronti delle associazioni e, di conseguenza, allentare la morsa dei controlli, che si concentrano oggi più sulla forma dei programmi piuttosto che sui risultati finali.
Le Organizzazioni non governative rilanciano ancora il tema scottante del volontariato che, opinione corale, non può diventare una semplice appendice della legge, ma deve avere una sua autonomia normativa. Dal governo, il sottosegretario agli Esteri Rino Serri, tranquillizza le organizzazioni. «Le Ong sono gli attori principali del processo di cambiamento. Questo significa che c?è da parte del governo la piena disponibilità a collaborare e discutere i punti caldi del progetto». E sulla questione del volontariato, Serri si pronuncia chiaramente: «Il volontario internazionale è una figura speciale che deve avere anche un?attenzione speciale. Questo significa, per esempio, prevedere un sostegno concreto per i volontari, dipendenti pubblici, che vorrebbero partecipare a programmi di aiuto internazionale conservando il proprio lavoro».

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