Cultura

Canto l’amore nascosto

Negli anni Ottanta ha partecipato al trio che ha stupito Sanremo con “Si può dare di più”, poi è stato uno degli animatori della Nazionale cantanti. Ora ha scritto un pezzo che parla di chi aiuta

di Alessandra Camarca

Una canzone può fare del bene? «Probabilmente no, tuttavia può far pensare, ed è questo che io mi propongo di fare quando ne scrivo e ne canto una». Parola di Enrico Ruggeri. La sua musica arriva da lontano: ve lo ricordate nei panni di cantante dei Decibel, un bravo gruppo punk rock italiano che alla fine degli anni Settanta portava una ventata di novità al polveroso Festival di Sanremo e di cui lui era il leader? Enrico Ruggeri ormai da anni canta e scrive per se stesso, ma non disdegna di scrivere alcune delle più belle canzoni della musica leggera italiana per altrettanto celebri colleghi. Andiamo a trovarlo colpiti dal testo di uno dei suoi brani più recenti: ?Gente di cuore?. La canzone parla, senza farne mistero, di un mondo che, afferma Ruggeri, «in silenzio e lontano dalle luci della ribalta fa ogni giorno un passo verso la vita: il volontariato». Le tematiche sociali o meglio, come le chiama lui, le tematiche di vita, sono al centro della sua ultima canzone. «Ho cercato di dare», racconta, «un volto a tutto quel mondo di sensibilità sommerse che normalmente non appare in televisione, che non viene premiato, al quale non vengono date medaglie e nel quale si muovono persone che si sono rimboccate le maniche e fanno, semplicemente, del bene». La scuola del bisogno I volontari, quelli che hanno un fratello malato o un vicino di casa che non può fare la spesa e che decidono di spendere una fetta del loro tempo per aiutarli senza un motivo diverso dalla sola voglia di farlo. È questo il popolo al quale si è ispirato Enrico Ruggeri. «La gente che si sveglia un?ora prima o va a dormire due ore dopo per trovare tempo per gli altri. Spesso si diventa volontari», dice Ruggeri, «per ricordare una persona cara che non c’è più e che amavamo, quindi riuscire a sopportare un evento doloroso che ha segnato la nostra vita». La voglia di parlare della ?gente di cuore? è venuta all?autore del ?Portiere di Notte? dal contatto con l?esperienza di vita che spesso nasce attorno alle esperienze di dolore. Ruggeri ha conosciuto i volontari di decine e decine di associazioni durante le sue trasferte con la Nazionale Cantanti. «Sono molte le persone che stanno male con cui sono venuto a contatto insieme ai miei amici cantanti. Un?esperienza che oltre a rendermi partecipe della loro situazione mi ha aiutato anche ad affrontare temi che troppo spesso il mondo dello spettacolo lascia fuori dalla porta». La scelta di Ruggeri di far parte della Nazionale Cantanti è stata proprio mossa dalla volontà di fare qualcosa di diverso dalla propria professione e che quindi costasse un po? di più in termini di sacrificio. «Trasformarmi in un giocatore per raccogliere soldi per chi aiuta chi soffre mi sembra maggiormente coerente con l?idea di fare solidarietà, oltre che più faticoso. Spesso è troppo facile limitarsi a qualche comparsata, si spera gratuita, in occasione di qualche raccolta fondi in tv». Possiamo dare di più Enrico Ruggeri ci tiene a dire che nelle sue canzoni parla spesso di vita, perché «guardandosi attorno si colgono sfumature, caratteri, situazioni che fanno riflettere. È un po?», continua Enrico, «lo stesso procedimento che ho usato scrivendo una canzone che parlava del mare d?inverno. A chi di noi non è capitato di trascorrere qualche ora su una spiaggia deserta, con il freddo e il vento gelido provando sensazioni nuove di malinconia e felicità insieme. Eppure le canzoni parlano sempre dell?estate, degli ombrelloni, del sole, quasi si avesse paura a soffermarsi su qualcosa di diverso, di più struggente, più intimo». Allo stesso modo Ruggeri ha fatto qualcosa di inusuale: ha messo in risalto all?interno di un testo di una canzonetta, come direbbe Edoardo Bennato, un mondo vicino ai più deboli, agli emarginati, un universo che non sempre fa divertire, ma sempre fa riflettere. E non è la prima volta. Alla fine degli anni Ottanta Ruggeri trionfò a Sanremo, in trio con Morandi e Tozzi, con una canzone che aveva uno slogan, per quegli anni edonisti, quasi rivoluzionario: ?Si può dare di più?. E così si torna al leit motiv della sua musica. «Voglio che la gente rifletta, ascoltando le mie canzoni, sulla condizione della donna, sul mondo dei bambini, sulla malinconia di un uomo solo. Questo non vuol dire essere melodrammatici», ci tiene a sottolineare, «si può parlare di vita anche facendo divertire e divertendosi». I miei amici nelle comunità Ascoltandolo non si può però evitare di chiedergli se la sua solidarietà nasca da uno spontaneo sentimento di altruismo o se sia qualcosa di più a spingerlo a guardare e a parlare degli uomini. «Sono cattolico, e questo ha sempre condizionato le mie scelte di vita e anche di lavoro». Convinto che gli italiani siano un popolo di gente ben disposta verso il prossimo, Enrico sdrammatizza quando si parla del poco senso civico delle persone. «Siamo capaci di parcheggiare nel posto riservato alla persona handicappata, ma se vediamo un disabile che non riesce ad attraversare la strada facciamo di tutto per aiutarlo. Manca la cultura della solidarietà, del senso civico, ma il substrato cattolico degli italiani alla fine vien fuori». L?autore di ?Mistero? non conosce la sofferenza e il dolore solo attraverso la attività di calciatore del ?cuore?, ma anche e soprattutto perché è vicino a persone che vivono o hanno vissuto problemi drammatici. Come i suoi amici di San Patrignano. «Li vado a trovare spesso, lì trovo quel senso della vita che lo spettacolo tende a escludere». E poi dichiara: «Per un verso sarei a favore della legalizzazione delle droghe come deterrente alla mafia e al traffico di stupefacenti, dall?altro è difficile accettare l?idea di essere noi, come Stato, a vendere o a distribuire morte alle persone. Non sono in generale per una politica repressiva, perché è difficile fare scelte giuste e definitive quando di mezzo c?è la vita della gente». Conclude, Ruggeri, chiarendo una volta per tutte la sua scala di valori: «Tra una testimone della solidarietà glamour come Lady Diana e una testimone dell?amore ai sofferenti e ai diseredati come Madre Teresa, scelgo di guardare a quest?ultima. Con rispetto».


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