Formazione

L’anno nero della montagna

Allarme ambientale sulle Alpi I ghiacciai si ritirano, l’inquinamento da ozono è alle stelle. Come fare per salvare questo straordinario patrimonio naturale?

di Redazione

Agonizzanti: è questo l?aggettivo più usato dagli esperti per descrivere lo stato di salute di cui godono (si fa per dire) gli 800 ghiacciai italiani. Un numero elevato, se solo si pensa che il totale dei ghiacciai alpini è poco più del doppio, ma la cui sopravvivenza è messa a dura prova dalle temperature elevate che, anche sopra i 3.000 metri, hanno fatto capolino negli ultimi mesi. «È ancora presto per fare bilanci, ma quest?estate ci siamo già giocati svariati milioni di metri cubi d?acqua. Ci vorranno anni per pareggiare questo deficit. E non è detto che ci si riesca». Parole non del catastrofista di turno, ma di Giovanni Mortara, glaciologo presso l?Istituto per la protezione idrogeologica del bacino Padano del Cnr. Un altro esperto, il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società metereologica italiana, lancia l?allarme rosso e parla di situazione «assolutamente tragica su tutte le cime alpine». Il motivo? Temperature che, anche in altitudine, non si erano mai registrate: a quota 3.500 metri si sono toccati i 15 gradi e, di notte, la temperatura è scesa solo a 7 gradi sopra lo zero termico. Un po? come se noi lasciassimo il freezer di casa nostra con la porta aperta. «Sul Monte Rosa lo zero termico è a 4.600 metri», dice incredulo Teresio Valsesia, sindaco di Macugnaga, il primo paese a vivere l?emergenza ghiacciai quando lo scorso anno subì l?incubo di un ?lago effimero? che minacciava l?abitato. Il rischio è che il maggior bacino idrogeologico d?Europa scompaia in meno di un secolo. «Ed è paradossale che l?allarme venga lanciato poche settimane dopo che la gente di pianura ha chiesto che venissero usate le riserve di acqua alpine per irrigare le terre, arse dalla siccità», sottolinea Luigi Casanova, vicepresidente di Mountain Wilderness Italia, associazione che si occupa (e preoccupa) della tutela del patrimonio alpino. Casanova, assieme agli ambientalisti del Nord-Est, è salito a Punta Penia, a cavallo tra il Bellunese e il Trentino, raccogliendo l?appello di padre Alex Zanotelli (vedere box a fianco). Obiettivo? Salvare un altro ?gigante bianco?, il ghiacciaio della Marmolada. «Le Alpi sono il grande scrigno della biodiversità dell?Unione europea», spiega Casanova, «ecco perché ci deve essere un percorso culturale e profondo, da costruire al più presto. Deve cambiare il rapporto tra la gente di città e quella di montagna? Noi abbiamo il dovere di essere solidali nei confronti dei bisogni della pianura. Ma la gente della pianura deve imparare a rispettare la montagna». Uno sfogo ma, in effetti, una delle maggiori risorse è anche uno dei più grandi problemi che hanno le montagne: il turismo. Fattore che porta moneta sonante e che, in passato, ha impedito lo spopolamento di molte valli alpine ma che, da alcuni anni, è anche portatore di «caos e inquinamento; e che ha trasformato molti rifugi alpini in sorta di night?», come testimonia il vicepresidente di Mountain Wilderness. Un concetto che ha ribadito lo stesso vescovo di Belluno-Feltre, Vincenzo Savio che, in una lettera aperta a chi saliva sulla Marmolada, ha ammonito: «Chi non ha a cuore la natura offende la dignità umana». Il mondo ambientalista è passato alla controffensiva: un primo risultato dovrebbe esser la chiusura dello sci estivo sulla Marmolada. Intanto Legambiente e Cai hanno lanciato la carovana delle Alpi: misureranno l?inquinamento da ozono in 30 rifugi. L?ozono è un gas che si forma principalmente nei mesi estivi per effetto di reazioni chimiche innescate dalla componente ultravioletta della luce solare. La sua caratteristica è quella di manifestarsi a notevole distanza dai luoghi in cui viene generato, con una particolare ?predilezione? per la montagna, soprattutto alle quote superiori. «Abbiamo assistito a una generale sottovalutazione del fenomeno», spiega il presidente generale del Cai, Gabriele Bianchi, «anche se da qualche anno le istituzioni sanitarie e scientifiche dei Paesi alpini, Italia compresa, hanno iniziato a testare tipologia e dimensioni di questo inquinamento che non si vede e non si sente». Ma la sofferenza delle Alpi non è solo climatico-ambientale, è anche economica. I dati raccolti da Unioncamere e dall?Istituto nazionale ricerche turistiche parlano chiaro: la montagna d?estate convoglia solo il 12,5% dei vacanzieri, mentre la quota di prenotato rispetto all?anno scorso è calata in media del 30% (con picchi del 60?). «Le montagne italiane rappresentano più della metà del territorio e sono abitate da circa 10 milioni di persone», spiega Enrico Borghi, presidente dell?Unione nazionale delle comunità montane. «Sono in gran parte anziani, un tipo di popolazione che consuma risorse senza produrle. Dove c?è spopolamento, poi, si tagliano i servizi, dalle poste ai trasporti, creando un circolo vizioso che allontana ancor più i turisti». servizio di Paolo Manzo e Ida Cappiello


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