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Quando scoprimmo i bambini di Chernobyl
Con Angelo Gentili, dirigente di Legambiente, ripercorriamo la vicenda del disastro nucleare più famoso della storia, quello che fece conoscere al mondo un'anonima città ucraina nell'aprile del 1986. Di lì a poco, tante famiglie italiane si sarebbero aperte all'accoglienza di bambini, soprattutto bielorussi ma anche ucraini e russi, colpiti dalle radiazioni e bisognosi di cure. Ascolta la puntata n. 5 di "Storie di volontari, storia d'Italia", il podcast che ripropone i fatti italiani degli ultimi 70 anni caratterizzati dal protagonismo del volontari
Era il 26 aprile del 1986 quando un guasto al reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina allora Unione sovietica, cambiò il corso della storia e l’esistenza di intere generazioni. Stiamo parlanodo quello che sarebbe stato definito il più grave incidente nucleare di sempre. Secondo le Nazioni Unite furono 4mila vittime e ben 116mila persone dovettero abbandonare le loro case nella regione circostante.
Per diverse settimane fu allerta in molti Paesi vicini a cominciare dalla Bielorussia, investita presto dalla nube radioattiva, ma anche in Italia, per diverse settimane, furono applicate rigide restrizioni al consumo di prodotti della terra e dell’allevamento che si temevano contaminati.
Una vicende che condizionerà anche la politica energetica internazionale: un anno dopo, in Italia, un referendum sul nucleare registrerà una schiacciante maggioranza abrogazionista.
Quel ponte per l’Ucraina
Quel disastro però scriverà anche una pagina di accoglienza e solidarietà nel nostro Paese e a scriverla sarà Legambiente, capofila di un network – il “Progetto Chernobyl” – che per molte estati ospiterà, nelle case italiane, migliaia di bambini. I piccoli, soprattutto bielorussi, ma anche ucraini e russi, cui veniva offerto supporto terapeuto e sanitario per smaltire le radiazioni a cui erano stati esposti, ospitati da tante famiglie. Una rete che arrivò a mobilitare 250 comitati locali in tutta Italia.
Una storia che è continuata per molti anni e che ha seminato solidarietà in molte parti d’Italia, come testimoniano le numerose associazioni che portano ancora nel nome quelle due parole: “progetto” e “Chernobyl”.
Angelo Gentili, dirigente di Legambiente, che organizzò le prime missioni in Ucraina, ripercorre oggi, al microfono di Luca Cereda, quella stagione. Si tratta della puntata n. 5 di Storie di volontari, storie d’Italia, il podcast di VITA dedicato alle vicende italiane degli ultimi 70 anni che abbiano registrato il protagonismo delle prime associazioni di volontari.
Gli altri episodi, dall’Alluvione di Firenze, al Wwf
Nei precedenti episodi, chi scrive ha intervistato Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nella sua giovanile esperienza di volontario – era il 4 novembre del 1966 – proprio nel capoluogo toscano alluvionato.
È stata quindi la volta di Fulco Pratesi che ha raccontato, ancora a Cereda, gli inizi del Wwf in Italia, a fine anni 60: un impegno per la natura che ha coinciso anche con una “conversione” personale, visto che Pratesi racconta d’aver intrapreso l’impegno animalistico da giovane cacciatore.
Tossicodipendenti e poveri nella Milano da bere
Nella terza puntata, Franco Taverna, di Fondazione Exodus, ha invece ricostruito i giorni tragici dell’eroina in Italia, ripercorrendo il suo impegno al fianco di don Antonio Mazzi, negli anni 70 e 80, sempre a Milano.
Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca, ha invece ripercorso la Milano dei primi anni ’80 – “da bere” nella definizione della prima Repubblica – dove però non mancavano i nuovi poveri e i senza fissa dimora, a cui si dedicava fratel Ettore Boschini.
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In apertura un’immagine della zona vicino alla centrale di Chernobyl, nel 1986. Foto: Ag. Sintesi
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