Formazione
Il Mezzogiorno riparte dall’approccio comunitario
Bisogna passare da una logica di “capacity building” a una di sviluppo di comunità e offrire agli enti del Terzo settore un nuovo paradigma che veda la comunità come reale protagonista del processo di cambiamento e non, come spesso accade, mera destinataria di interventi, troppe volte fini a sé stessi
di Anna Spena
Formazione quadri Terzo settore – Fqts è un progetto di formazione per i dirigenti delle organizzazioni del Terzo settore meridionali promosso dal Forum Terzo settore e dal Centro servizi per il volontariato, realizzato con il sostegno della Fondazione con il Sud. Dalle questioni di genere fino a quelle ambientali, senza tralasciare i percorsi verso alla cittadinanza globale. Tutti temi trattati e approfonditi all’interno della “dimensione comunitaria”.
Una comunità pensata come reticolo multiforme di relazioni tra persone, enti e istituzioni. Una comunità dinamica e inclusiva, trasformante e in trasformazione permanente, non chiusa in confini geografici rigidi ma piena di possibilità relazionali, economiche, sociali, volte al cambiamento, alle possibilità all’immaginazione positiva e innovativa indirizzata al benessere personale e collettivo delle persone.
«La nostra comunità», racconta Stefano Iandiorio, della comunità “Diamoci una mano” di Avellino, «è nata da una criticità: la pandemia di Coronavirus. Eravamo in un momento complesso e il mondo del privato sociale locale ha capito che le singole associazioni, da sole, non sarebbero riuscite a rispondere ai bisogni. Così abbiamo deciso di co-programmare e co-progettare insieme».
La comunità “Diamoci una mano”, durante i mesi più duri della pandemia, ha dato il via ad un piano rivolto ad anziani, disabili e persone sottoposte a quarantena, per la distribuzione della spesa alimentare e farmacologica, permettendo di soddisfare le esigenze primarie di soggetti più vulnerabili. «Ma oltre alle singole azioni», continua Iandiorio, «quello che oggi resta di quei mesi è la capacità di fare ragionamenti di più ampio respiro. E di farli insieme. Abbiamo trasformato la nostra presenza sul territorio, potenziandola e coinvolgendo sempre di più i singoli cittadini, abbiamo quasi 60 volontari e insieme creiamo momenti di animazione per mettere in relazione le persone partendo dai più giovani».
Il percorso didattico formativo di Fqts nel corso degli anni, e anche per l’edizione del 2023, ha puntato alla valorizzazione, all’espansione e alla condivisione dei saperi e delle prassi. Si tratta di far emergere e “usare” come leve della formazione le competenze, le esperienze, le pratiche, i valori, che le comunità vivono o hanno vissuto. «La dimensione comunitaria», spiegano gli organizzatori di Fqts, «con tutta la ricchezza, le diversità e le complessità è il soggetto che, nella logica e nella metodologia della formazione circolare, è contemporaneamente “utente” della formazione ma anche “formatore”, docente collettivo e multidimensionale. Bisogna passare da una logica di “capacity building” a una di sviluppo di comunità e offrire ad ets e reti, ma anche ai singoli partecipanti alle linee formative, un nuovo paradigma, che veda la comunità quale reale protagonista del processo di cambiamento, e non come spesso accade, mera destinataria di interventi, troppe volte fini a sé stessi. L’approccio di comunità che proponiamo è di prospettiva, e impone di partire dalle aspirazioni e dai sogni delle persone, dalla consapevolezza della concreta possibilità di costruire futuro attraverso la valorizzazione delle relazioni e del capitale sociale».
«È necessario», continuano gli organizzatori di Fqts, «non solo mantenere ma se possibile implementare il forte valore “relazionale” che il percorso ha sempre avuto come tratto caratterizzante. I protagonisti della formazione sono le persone che appartengono a una comunità, individuabile quale luogo di relazioni, di identità e appartenenza. Abitare una determinata porzione di territorio è certamente uno degli elementi qualificanti di una comunità, ma non può essere in quella comunità considerato il principale elemento per definire il modello di sviluppo, il processo di cambiamento da attivare. Al contrario, sono le idee, le aspirazioni, i legami e le interazioni tra le persone che conducono alla individuazione del modello più coerente con il “sentire” della comunità. Il territorio rimane quindi strumento, complemento oggetto, di un processo in cui soggetti attivi restano le persone».
In Puglia, a Taranto, grazie ai corsi di Fqts, si è costituita una nuova comunità – Contatto – composta da 10 soggetti. «Abbiamo ancora una natura informale», racconta Daniele Nuzzi. «Abbiamo capito che lavorare insieme potenzia i punti di forza di ciascuno e rende il nostro lavoro capillare». La pensa così anche Clarisa Francisco della cooperativa Kratos di Taranto: «Siamo diversi», dice, «ma stiamo costruendo una rete. E una rete sa leggere meglio i bisogni di una comunità rispetto alle singole realtà. I corsi di Fqts sono stati fondamentali per armonizzare il nostro lavoro».
Ma perché proprio le Comunità? «Costruire legami e tessuti comunitari», spiegano gli organizzatori di Fqts, «è la sfida dei prossimi anni, perché la qualità e la densità delle relazioni costituiscono il presupposto di qualsiasi processo di sviluppo e di consapevolezza nelle comunità territoriali. In particolare la necessità di costruire e mantenere relazioni reticolari stabili nel tempo, capaci di produrre attrattività sia nei confronti di tutti gli attori delle comunità sia soprattutto dei cittadini».
Questo è quello che è accaduto a Matera: «Noi», racconta Filippo Ungolo, «ci siamo costituiti come Comunità di Matera Volontari Open Culture. Nel 2019 facevamo parte del progetto Matera Capitale della Cultura Europea, ora siamo un’associazione autonoma. Tra di noi ci sono studenti, famiglie, pensionati, persone di ogni età che mettono a disposizione una parte del loro tempo e competenze. Ad oggi siamo cinque realtà, e non ci siamo ancora costituito formalmente perché stiamo puntando all’allargamento della rete. Come i racconti delle realtà delle altre regioni anche noi ci siamo resi conto che una sola associazione non può rispondere ai bisogni di tutta l’utenza».
Foto di Dylan Gillis su Unsplash
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