Formazione

Polo di centro

Che cosa si nasconde dietro le tensioni che stanno lacerando il governo Berlusconi? I centristi e i moderati non stanno più al gioco. E pensano al futuro.

di Ettore Colombo

Le hanno chiamate “prove tecniche di post berlusconismo”. Mentre tra maggioranza e opposizione volano gli stracci, a sorpresa spuntano segnali di dialogo che ?scavallano? i due poli. Sui temi economici, ad esempio, dove la proposta di un fisco etico, come l?ha chiamata il suo relatore, il forzista Vittorio Emanuele Falsitta, ha trovato consensi larghi e trasversali, ricevendo lusinghe e apprezzamenti dall?area moderata e dialogante del centrosinistra. Boatos di Palazzo vogliono Falsitta, già pupillo del superministro Tremonti, in disgrazia presso il suo antico mentore: resta il fatto che l?onorevole azzurro, in piena commissione Finanze, ha relazionato sul Dpef sostenendo che, in esso, di ?sociale? c?era ben poco, anzi: quasi nulla.
L?opposizione, grata, applaude e anche quando presenta la sua ?contromanovra? (come hanno fatto Pierluigi Bersani dei Ds ed Enrico Letta della Margherita) sta attenta a non irritare quella parte della Casa delle libertà che, su temi come il sostegno alle famiglie, alla scuola e al pubblico impiego, la pensa più o meno allo stesso modo. E intanto l?Ulivo (Rifondazione esclusa) vota con convinzione la legge che finanzia gli oratori.
Ma è nel Polo che le cose si stanno muovendo più vistosamente. La verifica infinita ha portato a galla l?insofferenza dei moderati di fronte all?imperizia e al dilettantismo dei pasdaran, e stavolta sembrano non disposti a fare sconti, come ha dimostrato il Ccd sulle rogatorie. Che il momento sia delicatissimo lo conferma il fatto che l?unico moderato vero della Lega, il ministro del Welfare, Roberto Maroni, sia stato sottoposto all?attacco della Padania (sotto la diretta regia di Bossi) per un inesistente scandalo sul suo sottosegretario Maurizio Sacconi, un riformista legato a Marco Biagi.
Ma come Vita spiega qui a fianco, è sul tema della sussidiarietà (orizzontale, non certo verticale) che il partito del dialogo offre le sue performances migliori: mixando in nome del federalismo e del sostegno sociale (dei privati o delle strutture pubbliche) esponenti politici che si trovano a malpartito all?interno dell?orizzonte thatcheriano e liberista sfrenato non solo di Tremonti, ma anche dell?asse Bossi-Berlusconi. Ecco perché i deputati azzurri più vicini al solidarismo cattolico, l?anima sociale di An e l?Udc trovano in centri studi come l?Arel di Enrico Letta o la Nens di Bersani e Visco pane per i loro denti e possibilità di sviluppare idee e intese.
I deputati azzurri sussultano a sentir parlare di “prove tecniche di post berlusconismo”, ma rimane il punto: da Roberto Formigoni in giù, l?insofferenza dei cattolici azzurri è alta anche a Roma, come dimostra la tela di incontri che deputati forzisti come Maurizio Lupi e Luigi Casero intessono con i riformisti ulivisti. Inoltre, tanto per dirne una, Silvio Berlusconi non sarà invitato al meeting di Cl (mentre torna Giulio Andreotti, dimenticato lo scorso anno). Anche le sconfitte cementano la voglia di smarcarsi dal nuovo fronte moderato. Come quella sull?indultino, voluta dai cattolici del Polo dopo l?appello del Papa e affossata dal Senato.
Infine, anche la faticosa ricerca di una sensibilità europeista e mediterranea dell?Italia, dopo lo ?strappo? alla Costituzione e alla coscienza dell?opinione pubblica segnato dalla partecipazione della guerra in Iraq, accomuna i centristi della maggioranza più ai riformisti dell?opposizione (think tank dalemiani in testa) che agli atlantisti duri e puri. Se poi tutto questo si trasformerà in un governo ?istituzionale? guidato dal moderato Casini, o in un governo ?tecnico? capitanato dal conservatore Fazio o in nuovi scenari politici che, in vista delle scadenze elettorali, porteranno a un rimescolamento di carte nei poli, non è ancora dato sapere nemmeno alle Sibille della politica romana.
Una cosa però è certa: non solo il berlusconismo ha esaurito la sua spinta propulsiva, ma anche le sue reazioni politiche ?pavloviane? uguali e contrarie (come movimenti e girotondi per una sinistra radicale) sono sfumate, mentre riprende fiato il pragmatismo prodiano. Il nuovo sistema di dialogo sociale che avanza vuole coniugare diritti e flessibilità, lavoro e socialità, impegno solidale e responsabilità individuale, etica e pragmatismo, senza cercare fantomatiche terze vie, ma ragionando in termini di nuovo patto sociale.
Una terzietà che, facendosi sistema, può portare benefici alle battaglie del Terzo settore, in cui, del resto, questa capacità di dialogo fuori da ogni fondamentalismo ha già aperto il terreno a costruzioni comuni. Magari non basterà per un ?normale? ribaltone, ma a percorrere nuove strade forse sì.

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