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Disabilità: niente retromarce sul welfare di servizi

In Italia il 74% della spesa sociale passa da erogazioni monetarie: con il Pnrr, la riforma sulla disabilità e la riforma sulla non autosufficienza abbiamo scelto di invertire la tendenza, puntando a costruire un sistema di servizi che garantisca risposte omogenee in tutto il Paese. La (giusta) polemica sulla delibera lombarda non deve farci retrocedere da questa direzione. «La transizione? Si gestisce mettendo più risorse», dice Anffas Lombardia

di Sara De Carli

L’elaborazione era stata travagliata, a cavallo tra il 2021 e il 2022, ma alla fine il Piano Nazionale Non Autosufficienze (Pnna) per il triennio 2022-2024 aveva trovato la sua quadra. L’elemento più innovativo ed apprezzato stava proprio nella scelta esplicita di una nuova direzione di marcia: quella di costruire dei sistemi di servizi integrati negli ambiti territoriali, che permettessero di avere dei livelli essenziali delle prestazioni sociali garantiti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. Una scelta che prevedeva uno cambiamento nell’utilizzo dei fondi, da usare prevalentemente per i servizi alla persona e non più, come in passato, prevalentemente come erogazioni monetarie (il rapporto storico fra erogazione monetaria e servizi, nella spesa sociale, in Italia è del tutto sbilanciato a favore dell’erogazione monetaria, con un 74% di trasferimenti monetari vs un 26% di servizi, solo la Grecia ha una quota percentuale di servizi più bassa della nostra). Un sistema basato sui servizi e sui Leps (di erogazione e di processo) è quello disegnato d’altronde dal Pnrr e dalle due grandi riforme del welfare in corso, quella della disabilità e quella della non autosufficienza.

Da questa prospettiva è importante non retrocedere: ci servono più servizi, ci servono i Leps, ci serve che i diritti delle persone con disabilità siano esigibili e attuati in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. C’è bisogno di passare da un welfare di trasferimenti monetari a un welfare di servizi.

«Continuiamo a ritenere che questa sia la linea corretta. Occorre qualificare e potenziare le reti dei servizi, da anni vediamo che la monetizzazione degli interventi non basta», spiega Emilio Rota, presidente di Anffas Lombardia, nel pieno della polemica attorno alla DGR 1669 del 28 dicembre 2023. «Ho appena finito di leggere i risultati della ricerca fatta da Cbm e Fondazione Zancan sul rapporto tra disabilità e povertà, da cui emerge che in 9 casi su 10 le persone desiderano ricevere più servizi e servizi più umanizzati, che mettano al centro la persona», aggiunge Rota. Anche in Lombardia – scrive Anffas Lombardia in un comunicato realizzato «in piena e totale condivisione con Anffas Nazionale» – la programmazione del Piano Operativo Regionale per l’esercizio 2023 e 2024, che ha coinvolto sia gli enti territoriali e le aziende sanitarie sia gli Enti del Terzo settore, ha posto le basi per l’attuazione dei Leps di erogazione che, a regime, dovranno essere finanziati per una percentuale pari al 25% delle risorse. Se la direzione è corretta, il problema qual è? La transizione. Cioè il periodo di cambiamento tra un modello di welfare imperniato sui trasferimenti monetari e uno imperniato sui servizi.


Per realizzare il nuovo sistema dei servizi evidentemente servono risorse e con la DGR 1669 Regione Lombardia ha scelto di aumentare la quota di finanziamento ai servizi tramite la rimodulazione dei contributi economici monetari diretti ai caregivers per la disabilità gravissima e la disabilità grave. In un primo momento sembrava che le risorse per l’assistenza indiretta (contributi economici diretti alle famiglie, voucher socio sanitario, voucher autismo – B1 e contributi economici alle famiglie per disabili gravi – B2) potessero essere conteggiate nella quota servizi, mentre invece il ministero ha chiarito che non è possibile. Se le regioni vogliono mantenere delle erogazioni monetarie, in sostanza, devono farlo con risorse proprie.

«Il Piano Nazionale prevede che nelle more del perfezionamento del Piano triennale per la non autosufficienza, le Regioni possano continuare a garantire con risorse proprie anche gli interventi di natura monetaria alle persone con gravissima disabilità, per scongiurare l’eventualità di una interruzione nella erogazione delle prestazioni», annota Rota. È questo il passo che Anffas sollecita: «Chiediamo che la Regione individui delle risorse regionali con cui garantire la risposta ai bisogni dei caregiver e dei famigliari delle persone con disabilità: così facendo, Regione Lombardia potrà da un lato avviare un’azione graduale per il rafforzamento e potenziamento dei servizi e dei sostegni e dall’altro tutelare pienamente il diritto delle persone con disabilità grave e gravissima ad un adeguato sistema di protezione».

Servono grossomodo 15 milioni di euro, ossia altri 8 milioni in più rispetto ai 3,5 aggiuntivi già messi dalla Regine e ai 3 che si conta di recuperare. «La transizione si può gestire solo così, infrastrutturando la rete di servizi e continuando a garantire interventi monetari finché i servizi non saranno adeguati a dare risposta ai bisogni di tutti: senza che l’investimento per costruire i servizi vada a penalizzare le persone con disabilità e le loro famiglie e allo stesso tempo senza che i trasferimenti monetari che in questa fase ancora servono vengano presi dalla quota destinata ai servizi e ai sostegni, che altrimenti non partiranno mai», conclude Rota.

Foto di Cliff Booth su Pexels

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